Voto al Parlamento europeo sulla riforma del copyright, Di Maio «un grave pericolo», Maullu: «Necessario per bilanciare profitti e remunerazione»

Stefano Maullu
Stefano Maullu

«Non c'è infatti nessuna tassa sui link, questa è completa disinformazione, in quanto per il lettore non cambierà assolutamente niente e potrà sempre condividere articoli come fa oggi»

C’è chi pensa che la riforma sia  indispensabile per garantire la libertà di stampa aagli editori che distribuiscono i contenuti via web, e chi come Google e le grandi major di oltreoceano del web pensano che sia un attentato al libero scambio sulla rete: «Anziché aggiornare le leggi sul diritto d'autore in Europa – scrivono da Wikipedia che per sensibilizzare l’utenza web ha oscurato la propria biblioteca online - per promuovere la partecipazione di tutti alla società dell'informazione, essa minaccia la libertà online e crea ostacoli all'accesso alla Rete imponendo nuove barriere, filtri e restrizioni. Se la proposta fosse approvata, potrebbe essere impossibile condividere un articolo di giornale sui social network o trovarlo su un motore di ricerca. Wikipedia stessa rischierebbe di chiudere». Cosa fra l’altro discutibile perché le nuove regole secondo i legislatori non saranno applicate alle biblioteche online no profit e simili.  Ma quello che non si capisce è perché l’autore di una canzone, un video, o di un applicazione possa essere retribuito dal sistema web, come succede su Youtube o tramite società specializzate come Soundreef o la Siae stessa e gli editori di notizie, in ogni forma no. Secondo i detrattori di questa legge, gli editori tv, riviste e giornali online dovrebbero cedere allo strapotere delle piattaforme digitali senza colpo ferire.  «La difesa del copyright è di fatto la difesa della libertà di stampa – ha dichiarato Carlo Perrone, presidente dell'associazione europea degli editori di giornali (Enpa alla vigilia del voto dell'Europarlamento)-, e chi vota contro, vota contro la libertà di stampa. Non c'è infatti nessuna tassa sui link, questa è completa disinformazione, in quanto per il lettore non cambierà assolutamente niente e potrà sempre condividere articoli come fa oggi perché, se verranno adottate le nuove regole Ue, a pagare saranno le piattaforme, con accordi economici tra queste e gli editori»
«L’Europa sta procedendo alla riforma del copyright per permettere a chi fa un lavoro intellettuale veicolato anche via Internet di essere retribuito». Il vicedirettore del Corriere della Sera Daniele Manca riassume così il progetto europeo di riforma del diritto d’autore online.
Alla vigilia del voto le dichiarazioni del Ministro Luigi Di Maio sull’argomento hanno messo agitazione: «Faremo tutto quello che è in nostro potere – ha dichiarato il vicepremier e ministro Luigi Di Maio  - per contrastare la direttiva sul copyright al Parlamento europeo, e qualora dovesse passare decideremo se recepirla o meno. Questo provvedimento ci riporterebbe indietro di 20 anni. Il governo italiano non può accettare passivamente questo. Le nostre soluzioni non passano per i bavagli».
A rispondere per le rime all’esponente grillino è Stefano Maullu eurodeputato di Forza Italia, iscritto al gruppo del PPE: «La riforma Ue sul copyright – ha spiegato Stefano Maullu -, in particolare l’art.13 sui contenuti caricati dagli utenti, non costituisce affatto una censura del web e l´art. 11 non tratta di una tassa sui link. Sono senza fondamento le dichiarazioni del vicepremier Luigi Di Maio, che ha definito la riforma Ue del copyright come “un grave pericolo” che arriva “direttamente dall’Ue”, di “due articoli che potrebbero mettere il bavaglio alla rete”. Si tratta invece di regolamentare l´uso dei contenuti protetti dal diritto d´autore e permettere che il lavoro di editori e produttori diffuso sul web venga finalmente retribuito. L’articolo 11 della proposta di direttiva europea sul copyright vuole tutelare gli editori nei confronti delle grandi piattaforme come Youtube o Google sulla remunerazione che possono richiedere per l’utilizzo della loro produzione giornalistica. Peraltro, questo già avviene per le case discografiche o cinematografiche per film o canzoni. Inoltre, le nuove norme Ue non impongono nessun obbligo agli editori, anzi viene lasciata loro la scelta commerciale se negoziare o meno una remunerazione con le piattaforme. La presente soluzione legislativa si è imposta come necessaria per rimediare al cosiddetto Value Gap, ovvero lo squilibrio del valore tra profitti e remunerazione. Questa discriminazione remunerativa presente nel settore della musica digitale negava ai creatori di musica un adeguato compenso per il loro lavoro ed investimento, ostacolando la crescita del mercato digitale. Si tratta di un´operazione di redistribuzione di ricchezza per evitare che le grandi piattaforme americane ne approfittino senza avere alcuna regola. È una battaglia di giustiziaconclude l’eurodeputato - che al Parlamento Europeo ho sostenuto e sostengo convintamente insieme ai colleghi Italiani del PPE».
Giulio Carnevale