L’accordo di Dublino non si tocca.

L’accordo di Dublino non si tocca

Nulla di fatto al tavolo delle trattative

Lo scorso 5 giugno a Lussemburgo i ministri degli interni dei Paesi membri hanno riaperto i negoziati per le modifiche del trattato di Dublino, avendo come riferimento la proposta della Bulgaria.

Che cos’è?

È un regolamento dell'Unione Europea, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale, presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo o da un apolide.
È entrato in vigore nel 1997 ed è stato sostituito nel 2003 da Dublino II e nel 2013 da Dublino III.

Cosa prevede?

La convenzione stabilisce che lo Stato membro che deve occuparsi di una domanda d’asilo è quello Stato in cui il rifugiato ha fatto ingresso nell’UE.
Inoltre esso mira ad impedire al migrante di presentare domande in più stati membri.
 

Perché alcuni paesi (tra cui l’Italia) vogliono modificarlo?

Molti dei Paesi membri non ritengono più adeguato un tale regolamento a causa del cambiamento dei flussi migratori, intensificatisi nel Mediterraneo e poiché non offre una garanzia adeguata nei confronti dei richiedenti asilo.
La proposta bulgara non è risultata essere una valida alternativa alla convenzione già in vigore.
Il nostro ministro dell’Interno Salvini ha dichiarato una vittoria quella ottenuta dallo spaccamento del fronte pro-Dublino (tra cui Francia e Germania), andando a rinforzare il fronte opposto, già formato da Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria.

Una riforma della convenzione potrebbe portare ad una solidarietà dei paesi membri nei confronti dei paesi maggiormente interessati, come l’Italia. Solidarietà che non si limiterebbe soltanto ad aiuti economici, ma che determinerebbe una redistribuzione delle domande d’asilo, così da limitare l’incapacità di offrire asilo del Paese d’arrivo e migliorare le condizioni dei richiedenti asilo.
Sarà stato un primo passo verso la “vittoria”?