Sono sedici sono le persone coinvolte nel processo tra tenutari di locali a Varese e membri delle forze dell’ordine per i quali sono state richieste condanne tra tre e quattro anni
I fatti contestati risalgono al periodo tra
il 2003 e il 2005 e coinvolgono tenutari, impresari, agenti di
polizia penitenziaria, polizia stradale e carabinieri accusati in vario modo di
sfruttare la prostituzione di ragazze dell’est e il processo aveva avuto inizio
nel 2011.
Il pubblico ministero Annalisa
Palomba traccia il quadro di una città godereccia e libertina
snocciolando le vicende oggetto del dibattito.
Erano una settantina le ragazze che
si prostituivano nei locali cittadini, provenivano prevalentemente dai paesi
dell’est Europa ed avevano un’età media tra i 20 e i 35 anni.
I loro spostamenti erano curati
da impresari che le facevano girare tra i vari locali, in provincia e anche fuori,
in cui lavoravano per una quindicina di volte.
Alcune avevano permessi di
soggiorno per lavoro, come badanti o collaboratrici domestiche altre con visti
turistici.
Il sistema prostitutivo era
mascherato da consumazioni speciali di bottiglie di finti champagne che
venivano pagate fino a 150 euro ai tenutari dei locali.
Sono state richieste due
assoluzioni per i parenti dei gestori dei locali, mentre le condanne richieste variano fra i 3 e i 4 anni e per tutti gli
imputati è stata chiesta una multa di 3 mila euro.
Per il
reato di corruzione riguardante alcuni imputati nel frattempo è scattata
la prescrizione.
Purtroppo, in Italia, a differenza degli altri paesi civili, non
esistono norme che regolamento i fenomeni prostitutivi impegnando forze dell’ordine,
inquirenti, tribunali, avvocati cancellieri in lunghe e complesse procedure che
non portano quasi mai a risultati concreti, ma costano cifre assurde allo stato
e quindi ai cittadini contribuenti.
Fabrizio Sbardella