SPUTI IN FACCIA ALLE MAESTRE, UNA QUESTIONE SOCIALE

L’episodio della maestra saronnese insultata e sputacchiata da una mamma redarguita per  aver tardato di ben mezz’ora nel prelevare la figlia da scuola, ripropone il vecchio tema del rapporto scuola-famiglia, ma ancora di più quello del ruolo e della dignità degli insegnanti nella società.

Una volta – non parliamo del famigerato Ventennio, ma della nostra storia patria ante 1968 – i genitori entravano a scuola in punta di piedi, come in un sancta sanctorum. Ascoltavano le reprimende dei docenti nei confronti dei loro figlioli in silenzio, poi alla fine del fervorino accennavano qualche timida parola in difesa.  Infine la sera erano duri rimbrotti, e talvolta – orrore! – partiva lo scapaccione. Non c’erano santi: l’insegnante aveva sempre ragione.

Erano i tempi in cui il “patto scuola-famiglia” non era un vuoto slogan da esibire sui siti scolastici, e non c’era bisogno che i genitori firmassero in calce le prolisse quanto inutili regole previste da questo patto. Era, come tante altre cose, qualcosa di naturale, un’alleanza spontanea in vista di quella realtà condivisa che era l’educazione.

Chi scrive ha vissuto quella antica scuola da studente, e quest’altra, che oggi riempie le cronache di episodi anche peggiori di quello ci cui stiamo parlando, da insegnante. Già vedo i sorrisini dei miei quattro lettori: “Sei stato studente quando comandavano i professori, e professore quando comandavano gli studenti” stanno pensando. Proprio così, ma proprio queste dure esperienze mi hanno forgiato …

Ma lasciamo stare le biografie e torniamo al punto. La prima picconata la dà dunque il ’68, che gettando fra le ortiche il principio di autorità priva gli insegnanti di un aspetto fondamentale della professione. Da quel momento in poi si  registra una lunga e progressiva erosione della figura del docente, ridotto pian piano (per passaggi che non sto qui ad esplicitare) a un umiliato travet. Recentemente si è assistito a  un salto di qualità: da travet è passato – nell’immaginario e nelle aspettative di molti – a badante. Non molto tempo fa un noto uomo politico lamentò pubblicamente il fatto che gli insegnanti facciano tre mesi di vacanza, elogiando il fatto che i nonni, con il loro amoroso intervento, svolgano una benemerita funzione di supplenza. E così  venne consacrata la nuova professionalità consistente nel tenere a bada i bambini e i ragazzi nelle strutture scolastiche quando i genitori lavorano o fanno la spesa o vanno in vacanza. “Non si possono lasciare in mezzo alla strada” è il refrain di molti. Il rischio, però, è che in tal modo la scuola  diventi una strada con i banchi.

E così non ci si deve stupire se oggi una mamma sputa in faccia alla maestra che si lamenta del suo ritardo perché costretta a sorvegliarne il figliolino per più di mezz’ora. In fondo, non è pagata per quello?