Per la Corte di Strasburgo nei confronti di Bernardo Provenzano l’Italia ha praticato un “Trattamento disumano e degradante" nell'applicazione del carcere duro al boss mafioso dal 23 marzo 2016 alla sua morte
Il Ministero
della Giustizia italiano aveva deciso di continuare ad applicare il regime duro
carcerario del 41bis a Bernardo Provenzano, dal 23 marzo 2016 e fino alla morte
del boss mafioso avvenuta il 13 luglio2016 all'età di
83 anni, violando così il diritto del boss mafioso (ma anche comune
mortale) a non essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti.
La Corte ha
affermato anche che la decisione di continuare la detenzione di Provenzano non
ha leso i suoi diritti.
All’epoca la
difesa del Boss detenuto aveva contestato, in relazione all'articolo 3 della
Convenzione, le cure mediche inadeguate in prigione e la continuazione del
regime speciale di detenzione continuato nonostante le sue gravissime condizioni
di salute.
Il motivo
della contestazione era che Provenzano, nello stato di salute in cui si trovava
(il boss era ormai ridotto ad un vegetale) non poteva più essere considerato socialmente
pericoloso e pertanto il 41 bis nei sui confronti sembrava solo una semplice persecuzione.
Dura la
reazione su Facebook del Ministro del Lavoro Di Maio: "I comportamenti
inumani - attacca il vicepremier e leader del M5S -erano quelli di Provenzano.
Il 41bis è stato ed è uno strumento fondamentale per debellare la mafia e non
si tocca. Con la mafia nessuna pietà".
Anche il Ministro
degli Interni Matteo Salvini interviene duramente su Facebook: "La Corte
Europea di Strasburgo ha "condannato" l'Italia perché tenne in galera
col carcere duro il "signor" Provenzano, condannato a 20 ergastoli
per decine di omicidi, fino alla sua morte. Ennesima dimostrazione
dell'inutilità di questo ennesimo baraccone europeo. Per l'Italia decidono gli
Italiani, non altri".
Resta il fatto
incontestabile che l’uomo che è stato accompagnato alla morte in regime di 41
bis, nelle condizioni di malato terminale in cui si trovava, ridotto ad un
vegetale, non poteva sicuramente essere considerato così “socialmente
pericoloso” da meritare il carcere duro.
Il cosiddetto 41
bis o “carcere duro” fa parte della Legge Gozzini approvata
il 10 ottobre 1986 in una epoca culturalmente diversa da oggi e con
problematiche che non sono più attuali.
Nel suo ultimo anno di vita “Binnu
u' Tratturi” era poco più di un vegetale, ma, nonostante
questo, con il parere favorevole di diverse procure, anche della Direzione
nazionale antimafia e con l’ultima proroga firmata dal ministro Orlando pochi
mesi prima della sua morte era rimasto recluso al regime duro del 41 bis.
Con tutto il rispetto per le vittime di “Zu Binnu”, per l’applicazione
ferrea della legge, per le necessità della politica, per il bisogno di dare
esempi, io continuo a pensare che nei confronti di un malato terminale possa
essere utilizzato il buon senso e la “pietas”.
L’applicazione del “carcere duro” negli ultimi mesi di vita nei
confronti del pericoloso criminale Bernardo Provenzano, condannato a diversi ergastoli,
membro e poi capo di “cosa nostra”, autore di delitti gravi, ridotto a innocuo vegetale
non sembra avere il gusto dell’applicazione della “giustizia” ma quello molto
più aspro della semplice “vendetta”.