Il Coisp torna sulle recenti parole di Davigo

COMUNICATO STAMPA DEL 09 FEBBRAIO 2017   Oggetto:
Il Coisp torna sulle recenti parole di Davigo nel giorno        della notizia che 14 mafiosi potrebbero essere scarcerati:  
                         “Pone l’accento su questioni vitali, ma scivola sul solito scaricabarile parlando di tortura senza far c...

COMUNICATO STAMPA DEL 09 FEBBRAIO 2017   Oggetto: Il Coisp torna sulle recenti parole di Davigo nel giorno        della notizia che 14 mafiosi potrebbero essere scarcerati:                            “Pone l’accento su questioni vitali, ma scivola sul solito scaricabarile parlando di tortura senza far cenno a quelle ‘note dolenti’ che nessun vuol mai suonare”.    “Di oggi la notizia assolutamente vergognosa che stanno per scadere i termini di custodia                     per 14 mafiosi palermitani a causa del ritardo di un giudice e tornano prepotentemente in mente    le dichiarazioni fatte dal Presidente dell’Anm nel corso della puntata di Porta a Porta   del primo febbraio, a cui in verità non abbiamo mai smesso di pensare. Perché al di là delle polemiche apparentemente politiche che hanno scatenato, quelle parole dovrebbero suscitare invece riflessioni profonde su questioni vitali per le Forze dell’Ordine e per il delicatissimo lavoro che svolgono    al servizio della Giustizia. Riflessioni sulla concreta realtà dei fatti in cui, purtroppo,      persino un insigne ed elevatissimo esponente della Magistratura non esita a darsi all’oramai modaiolo ‘scaricabarile’ sulle spalle altrui, e delle Forze dell’Ordine in  particolare sia pur con una singola     ma bruciante frase, ma senza far cenno a quelle ‘note dolenti’ che nessuno vuol mai suonare.                          In Italia l’andamento di un indagine fin dal suo principio, lo svolgimento dell’intero procedimento   via via fino al suo completamento avvengono, o dovrebbero avvenire, sotto la direzione,  il coordinamento, l’impulso della Magistratura. I tempi processuali, di sentenze, motivazioni, ricorsi sono di competenza della Magistratura. Di fronte a questo, non soffermarsi a dare il giusto, massiccio peso all’operato del Magistrato nell’andamento di un procedimento penale in tutte le sue fasi  e nel relativo esito di ognuna di esse è sinceramente molto criticabile. Davigo tace, perché forse      non lo sa neppure, su cosa proviamo ogni volta che vediamo tornare fuori un mafioso che Dio sa cosa abbiamo dovuto fare a mandar dentro, magari dopo anni di lavoro”. Così Franco Maccari, Segretario Generale del Coisp, Sindacato Indipendente di Polizia, nel giorno      in cui è tornato all’attenzione dei media il caso scoppiato dopo che il tribunale del Riesame di Palermo              ha bocciato la sospensione dei termini di custodia cautelare per 14 mafiosi palermitani disposto                       dal Gup con la sentenza di primo grado. Lo stesso Gup aveva depositato le motivazioni della sentenza                in grosso ritardo (le condanne per associazione mafiosa, estorsione ed omicidio furono emesse la notte            del 20 novembre 2015 - un'ora dopo sarebbero scaduti i termini di custodia cautelare -, ma oltre un anno dopo le motivazioni non erano ancora state depositate) ed era stato costretto a sospendere la decorrenza   dei termini di custodia per evitare le scarcerazioni. Ma il provvedimento di sospensione è stato ritenuto abnorme dal Riesame ed ora difficilmente la decadenza delle misure per i mafiosi dei clan di Bagheria, Ficarazzi ed Altavilla potrà essere evitata. La prima udienza di appello durante la quale il termine  di custodia potrebbe essere sospeso legittimamente non potrà tenersi prima di marzo ma 14 dei 25 imputati - tranne soluzioni diverse - dovrebbero lasciare la cella tra pochi giorni.   Ma è l’occasione per ricollegarsi alle parole del Presidente dell’Anm, Piercamillo Davigo che, ospite a Porta a Porta nel corso della puntata dedicata alle “ingiuste detenzioni e agli errori giudiziariha in sintesi sostenuto che se un soggetto viene colpito da provvedimento cautelare e poi viene assolto ciò non significa che sia necessariamente innocente, ricordando che esistono imputati assolti per cavilli giudiziari, prove raccolte durante le fasi preliminari che poi non possono essere usate in fase dibattimentale, ritrattazioni, modifiche del codice che rendono inutilizzabili prove, ecc. Quando poi è stata mostrata una ricostruzione relativa al caso di Giuseppe Gullotta, imputato per l’omicidio di due carabinieri dopo che un altro giovane confessò e lo accusò, e che dopo 22 anni è stato scarcerato grazie alla testimonianza di un ex brigadiere, Davigo l’ha contestata perchè “nella clip - ha detto - c’era un passo che va assolutamente disatteso. Quello in cui si sostiene che di solito gli errori giudiziari sono errori                 del giudice. Non è assolutamente così. Il giudice non è presente quando viene commesso il reato, sa le cose che gli raccontano. Se gli raccontano delle bugie e lo ingannano, non è un errore del giudice […] Il caso clamoroso che è stato presentato è stato frutto di tortura da parte delle Forze di Polizia nei confronti di quelle persone, che hanno pure confessato. Questo può sviare la Giustizia. Per questo è semplicistico dire che il giudice ha sbagliato, bisognerebbe dire che il giudice è stato ingannato”. “Leggiamo troppo spesso di vicende giudiziarie da far accapponare la pelle che dipendono strettamente   e unicamente dal comportamento di un Magistrato - insiste Maccari -. Viviamo quotidianamente    le frustrazioni di indagini ingolfate, che si bloccano, che si annacquano e persino si perdono in indicibili lungaggini di mesi per non dire anni a causa di provvedimenti che dobbiamo pietire, di atti d’impulso  che mancano, di richieste di misure cautelari ferme, di autorizzazioni ad effettuare atti fondamentali    come perquisizioni o intercettazioni che non vengono richieste, e potrei andare avanti a lungo.                  Subiamo come pugnalate le notizie di atti giudiziari che arrivano troppo tardi o addirittura dimenticati di errori di ogni genere che, lo si ammetta o meno, i magistrati commettono. Scarsità di uomini e mezzi anche per la Magistratura? Insufficiente preparazione o senso del dovere? Negligenze? Colpe più o meno gravi? Non siamo qui a dire questo. Ma solo che si tratta di dati innegabili. E soprattutto che ripiegare   sulla frase sia pur mediaticamente molto penetrante ma assolutamente ed infondatamente allusiva che ‘se le Forze di Polizia torturano le persone il giudice non ha colpa’ un professionista del livello di Davigo, che sa quanto e come lavoriamo al servizio della Giustizia, proprio non può”.                
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