ORE 22.39 – 9 OTTOBRE 1963 Il disastro del Vajont

ORE 22.39 – 9 OTTOBRE 1963 Il disastro del Vajont La sera del 9 dicembre 1963 gli abitanti della valle del Vajont, di Longarone e degli altri paesi intorno si godevano il dopo cena e i pochi fortunati che potevano disporre di un televisore, a casa o in osteria, guadavano la finale di Coppa Campioni di calcio tra Real Madrid e Glasgow Rangers. Alle 22 e 39 una massa di duecentosettanta milioni di rocce si stacca dal fianco del monte Toc (in dialetto patoc vuol dire marcio) e scivola nel bacino...

ORE 22.39 – 9 OTTOBRE 1963 Il disastro del Vajont La sera del 9 dicembre 1963 gli abitanti della valle del Vajont, di Longarone e degli altri paesi intorno si godevano il dopo cena e i pochi fortunati che potevano disporre di un televisore, a casa o in osteria, guadavano la finale di Coppa Campioni di calcio tra Real Madrid e Glasgow Rangers. Alle 22 e 39 una massa di duecentosettanta milioni di rocce si stacca dal fianco del monte Toc (in dialetto patoc vuol dire marcio) e scivola nel bacino artificiale creato dalla diga. Tre chilometri di costa con boschi campi e frazioni abitate precipita nel lago e solleva una massa d’acqua alta più di cento metri che scavalca il bordo della diga, rimasta quasi indenne e precipita tra le strette pareti della gola del Vajont acquistando velocità. Cinquanta milioni di metri cubi di acqua e detriti si abbattono con violenza su Longarone e sulle frazioni del circondario, cancellando tutto quello che trovavano sul percorso. La violenza della natura offesa dalla stupidità e dalla presunzione degli umani, spazza via le case, le chiese e le osterie con i paesani intenti a godersi un bicchier di vino e la finale di coppa dei Campioni dopo una dura giornata d’autunno. Di quella notte mi ricordo, al mio paesello tra le montagne, le colonne di mezzi militari che risalivano la statale, le sirene delle ambulanze e la mia paura di bimbo che fosse scoppiata la guerra. Ma non di guerra si trattava, era la natura che si vendicava per essere stata violentata da piccoli uomini che non sapevano leggere i segnali che la tradizione e la saggezza dei montanari tramandavano. Allora, come ora, nei posti chiave c’erano i predecessori degli attuali bimbiminkia, ricchi di nozioni e di teorie, ma completamenti avulsi dalla vita quotidiana e dal buon senso, incapaci di leggere nel libro della vita quotidiana. Millenovecento morti incolpevoli, morti inutili, morti dimenticati, ma la diga è ancora lì, integra, a testimoniare la grandissima capacità dei mastri, dei muratori, dei manovali e degli artigiani che l’anno costruita e la colpevole imbecillità dei bimbiminchia che la hanno voluta costruire sul fianco del monte Toc (la montagna marcia). Tutto sommato, come disse Dino Buzzatti è accaduto che “Un sasso è caduto in un bicchiere, l’acqua è uscita sulla tovaglia. Tutto qua. Solo che il sasso era grande come una montagna, il bicchiere alto centinaia di metri, e giù sulla tovaglia, stavano migliaia di creature umane che non potevano difendersi “. Santa Croce del Lago 09 ottobre 2016 Fabrizio Sbardella https://youtu.be/wimrOOQN2rI