BUSTO ARSIZIO, ANCORA ALTA TENSIONE IN CARCERE.

BUSTO ARSIZIO, ANCORA ALTA TENSIONE IN CARCERE. SAPPE: “SMINUIRE LA GRAVITÀ DEI FATTI NON SERVE A NULLA. LO SANNO BENE I POLIZIOTTI, CHE VIVONO IN PRIMA LINEA IN CARCERE” Ancora alta tensione nella Casa Circondariale di Busto Arsizio, al centro delle cronache negli scorsi giorni per una serie di eventi critici in carcere contro i poliziotti penitenziari in servizio. Spiega Alfonso Greco, segretario regionale per la Lombardia del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE: “E’ successo anc...

BUSTO ARSIZIO, ANCORA ALTA TENSIONE IN CARCERE. SAPPE: “SMINUIRE LA GRAVITÀ DEI FATTI NON SERVE A NULLA. LO SANNO BENE I POLIZIOTTI, CHE VIVONO IN PRIMA LINEA IN CARCERE” Ancora alta tensione nella Casa Circondariale di Busto Arsizio, al centro delle cronache negli scorsi giorni per una serie di eventi critici in carcere contro i poliziotti penitenziari in servizio. Spiega Alfonso Greco, segretario regionale per la Lombardia del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE: “E’ successo ancora. Ieri ben quattro poliziotti penitenziari del carcere sono stati violentemente aggrediti da un detenuto, straniero, recidivo. Si tratta dello stesso soggetto che si è reso protagonista di altri episodi violenti tra le sbarre. Il detenuto, tunisino di anni 21, già noto per le innumerevoli aggressioni ai Poliziotti Penitenziari, al termine del consiglio di disciplina a cui era stato sottoposto per i recenti burrascosi trascorsi e dopo che il direttore gli comunicava la sanzione di 25 giorni di esclusione dalle attività in comune, andava in escandescenza, minacciando i presenti poliziotti e promettendo aggressioni fisiche. Dopo pochi minuti, condotto nel Reparto Osservazione, rifiutava di entrare in cella e dopo passava alle vie di fatto aggredendo un Assistente capo che aveva di fronte, con una testata ed un pugno al volto. Altri quattro Agenti sono rimasti contusi nell’immobilizzare l’uomo”. “Siamo curiosi di vedere”, aggiunge, “se, anche questa volta, ci sarà chi tenterà di sminuire la grave tensione subìta ancora una volta dai poliziotti penitenziari, come sempre in prima linea a gestire – per altro con grande professionalità – questi continui eventi critici, conseguenza anche dell’eccessiva tolleranza verso chi dovrebbe scontare una pena con responsabilità e non mettendo a soqquadro l’ordine e la sicurezza”. Aggiunge Donato Capece, segretario generale del SAPPE: “La sconsiderata violenza di alcuni detenuti nel carcere di Busto Arsizio deve fare seriamente riflettere anche sulle pericolose condizioni di lavoro dei poliziotti penitenziari, che ogni giorno di più rischiano la propria vita nelle incendiarie celle delle carceri italiane”. “Altro che vigilanza dinamica, come vogliono i vertici dell’Amministrazione Penitenziaria e che nel carcere di Busto Arsizio fa stare i detenuti fuori dalle celle tutti i giorni dalle 8 alle 20”, prosegue Capece. “Al superamento del concetto dello spazio di perimetrazione della cella e alla maggiore apertura per i detenuti deve associarsi la necessità che questi svolgano attività lavorativa e che il personale di Polizia Penitenziaria sia esentato da responsabilità derivanti da un servizio svolto in modo dinamico, che vuol dire porre in capo a un solo poliziotto quello che oggi fanno quattro o più agenti, a tutto discapito della sicurezza. Le idee e i progetti che l’Amministrazione Penitenziaria propina non tiene conto della realtà delle carceri, che non sono collegi per educande, e rispondono alla solita logica “discendente” che “scarica” sui livelli più bassi di governance tutte le responsabilità. E ricadono sulle spalle di noi poliziotti, che stiamo 24 ore al giorno in prima linea nelle sezioni detentive”. Per il SAPPE “la situazione penitenziaria è sempre più incandescente: lo dimostra quel che è accaduto e accade nel carcere di Busto Arsizio. Rincorrere la vigilanza dinamica e i patti di responsabilità con i detenuti, come vuole il Dap, è una chimera: cosa pensate facciano tutto il giorno i detenuti? Per buona parte girano a vuoto nelle Sezioni e nei padiglioni detentivi: è trattamento rieducativo, questo? In carcere quello che manca è il lavoro, che dovrebbe coinvolgere tutti i detenuti dando quindi anche un senso alla pena, non farli stare nell’ozio assoluto. E aprire le celle dodici ore al giorno senza fare nulla non risolve i problemi, anzi!” Roma, 18 marzo 2017 Dott. Donato CAPECE – segretario generale SAPPE