CARCERI, SAPPE: “A VOGHERA DETENUTO MILANESE COLLABORATORE DI GIUSTIZIA MUORE IN CELLA INALANDO GAS
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- 08 luglio 2017 Saronno
CARCERI, SAPPE: “A VOGHERA DETENUTO MILANESE COLLABORATORE DI GIUSTIZIA MUORE IN CELLA INALANDO GAS: E’ SUICIDIO? SITUAZIONE ALLARMANTE NEI PENITENZIARI. INTERVENGA IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA ORLANDO” E’ un detenuto milanese, collaboratore di giustizia di 41 anni, ristretto nel carcere di Voghera per una serie di reati comuni (furti e detenzione d’armi) l’ennesimo morto in un carcere italiano. Ne da notizia il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, il primo e più rappresentativo dei...
CARCERI, SAPPE: “A VOGHERA DETENUTO MILANESE COLLABORATORE DI GIUSTIZIA MUORE IN CELLA INALANDO GAS: E’ SUICIDIO? SITUAZIONE ALLARMANTE NEI PENITENZIARI. INTERVENGA IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA ORLANDO” E’ un detenuto milanese, collaboratore di giustizia di 41 anni, ristretto nel carcere di Voghera per una serie di reati comuni (furti e detenzione d’armi) l’ennesimo morto in un carcere italiano. Ne da notizia il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, il primo e più rappresentativo dei Baschi Azzurri. “L’uomo è morto all’interno della sua cella inalando il gas della bomboletta che legittimamente i detenuti posseggono per cucinarsi e riscaldarsi cibi e bevande. Non è ancora chiaro se si tratta di suicidio o le conseguenze di uno “sballo” finito male, gli accertamenti sono in corso. Certo, la morte del detenuto di Voghera riporta drammaticamente d’attualità la grave situazione penitenziaria, specie nel carcere vogherese dove i poliziotti penitenziari lavorano sotto organico e ricoprendo più posti di servizio contemporaneamente. E il fatto che sia morto inalando il gas dalla bomboletta che tutti i reclusi legittimamente detengono per cucinarsi e riscaldarsi cibi e bevande, come prevede il regolamento penitenziario, deve fare seriamente riflettere sulle modalità di utilizzo e di possesso di questi oggetti nelle celle. Ogni detenuto può disporre di queste bombolette di gas, che però spesso servono o come oggetto atto ad offendere contro i poliziotti, come ‘sballo’ inalandone il gas o come veicolo suicidario. Già da tempo, come primo Sindacato della Polizia Penitenziaria, il SAPPE ha sollecitato i vertici del DAP per rivedere il regolamento penitenziario, al fine di organizzare diversamente l’uso e il possesso delle bombolette di gas”. E’ quello che sostiene Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, il primo e più rappresentativo dei Baschi Azzurri, commentando la morte di un detenuto nel carcere di Vogher. Il SAPPE chiede l’intervento del Ministro della Giustizia Andrea Orlando per affrontare la questione penitenziaria, in particolare quella di Voghera che per il SAPPE rimane un’emergenza: “Contiamo ogni giorno gravi eventi critici nelle carceri italiane, episodi che vengono incomprensibilmente sottovalutati dall’Amministrazione Penitenziaria. Ogni 10 giorni un detenuto si uccide in cella: aggressioni risse, rivolte e incendi sono all’ordine del giorno. A Voghera, in particolare, sono stati accorpati più posti di servizio per la mancanza di poliziotti, specie del ruolo Sovrintendenti ed Ispettori, e gli Agenti in servizio non possono neppure fruire di ferie e congedi. Una situazione incredibilmente allamante!”. “Da quando sono stati introdotti nelle carceri vigilanza dinamica e regime penitenziario aperto”, aggiunge il leader del SAPPE, “sono decuplicati eventi gli eventi critici in carcere. Se è vero che il 95% dei detenuti sta fuori dalle celle tra le 8 e le 10 ore al giorno, è altrettanto vero che non tutti sono impegnati in attività lavorative e che anzi trascorrono il giorno a non far nulla. Ed è grave che sia aumentano il numero degli eventi critici nelle carceri da quando sono stati introdotti vigilanza dinamica e regime penitenziario aperto. La vigilanza dinamica ed il regime penitenziario aperto non favoriscono affatto la rieducazione die detenuti ma il concretizzarsi di gravi eventi critici. Il Guardasigilli sospenda ogni provvedimento in tal senso e convochi i Sindacati per affrontare la questione penitenziaria, che è e rimane una emergenza”. “Un detenuto che si toglie la vita in carcere è una sconfitta dello Stato e dell’intera comunità”, conclude Capece. “Il suicidio costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze. La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 21mila tentati suicidi ed impedito che quasi 168mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze. Ma il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di Polizia Penitenziaria e per gli altri detenuti. Per queste ragioni un programma di prevenzione del suicidio e l’organizzazione di un servizio d’intervento efficace sono misure utili non solo per i detenuti ma anche per l’intero istituto dove questi vengono implementati. E’ proprio in questo contesto che viene affrontato il problema della prevenzione del suicidio nel nostro Paese. Ciò non impedisce, purtroppo, che vi siano ristretti che scelgano liberamente di togliersi la vita durante la detenzione”.