Macchine cuore-polmone infette già nel processo di fabbricazione.

COMUNICATO STAMPA
Macchine cuore-polmone infette già nel processo di fabbricazione. Lo rivela uno studio pubblicato su The Lancet Sembra assurdo che una degli apparati biomedici salvavita più importanti e che si ritiene più sicura e a prova d’infezioni, la macchina cuore-polmone, possa essere contaminata dal Mycobacterium chimaera già nel processo di produzione. A rivelarlo uno studio internazionale pubblicato dall’autorevole rivista scientifica "Th...

COMUNICATO STAMPA

Macchine cuore-polmone infette già nel processo di fabbricazione. Lo rivela uno studio pubblicato su The Lancet Sembra assurdo che una degli apparati biomedici salvavita più importanti e che si ritiene più sicura e a prova d’infezioni, la macchina cuore-polmone, possa essere contaminata dal Mycobacterium chimaera già nel processo di produzione. A rivelarlo uno studio internazionale pubblicato dall’autorevole rivista scientifica "The Lancet Infectious Diseases". Ma la circostanza che lascia ancor più stupiti, è che tale contaminazione costituisca verosimilmente la fonte principale di infezioni che si manifestano anche a distanza di mesi o anni da un intervento chirurgico a cuore aperto. Il Mycobacterium chimaera è diffuso in natura e presente soprattutto nell'acqua potabile ed è fondamentalmente innocuo, ma durante le operazioni a cuore aperto, si trasmette attraverso dispositivi tecnici contaminati per la circolazione extracorporea (CEC), che sostituiscono temporaneamente le funzioni cardio-polmonari e regolano la temperatura del sangue durante l'intervento. Anche se le infezioni da questo micobatterio sono abbastanza rare (un paziente su 10'000), gli scienziati avvertono di non abbassare la guardia e di non abbandonare la ricerca di altre fonti di infezione, sottolinea un comunicato odierno dell'ospedale universitario zurighese. Già nel 2013 i ricercatori di Zurigo avevano identificato l'infezione da Mycobacterium chimaera, e le misure di prevenzione erano state rafforzate. Finora non si sapeva però come l'agente patogeno arrivasse nel cosiddetti apparecchi per ipotermia. La risposta è arrivata da una equipe internazionale che ha effettuato un'analisi di 250 campioni di sangue di 21 pazienti che avevano avuto un'infezione postoperatoria in Svizzera, Paesi Bassi, Germania, Regno Unito, Australia e Stati Uniti. I ricercatori hanno poi paragonato le sequenze genetiche dei germi presenti nei malati con quelle dei batteri trovati nei macchinari e nell'aria delle sale operatorie, nonché nei centri di produzione delle stesse apparecchiature ed hanno scoperto la sostanziale identità degli stessi. Ovviamente, sottolinea Giovanni D'Agata, presidente dello “ Sportello dei Diritti”, gli esiti dello studio ci lasciano ben sperare che d’ora in avanti la fase di produzione, trasporto e installazione di quest’indispensabili presidi salvavita avverrà in condizioni asettiche assolute. La ricerca in questione è reperibile al seguente link http://www.thelancet.com/journals/laninf/article/PIIS1473-3099%2817%2930. Lecce, 14 luglio 2017 Giovanni D’AGATA