O la politica si rigenera o sarà rivolta sociale
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- 25 luglio 2016
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O la politica si rigenera o sarà rivolta sociale La crisi politico istituzionale dell’Italia attraverserà in autunno uno dei passaggi più delicati, quello del referendum costituzionale. Qualcuno ha scritto: “
si scrive Renzi si legge JP Morgan”, ossia tutto parte dalle grandi compagnie finanziarie internazionali, al libro paga delle quali sono già iscritti leader politici europei, come l’ex premier inglese Tony Blair e l’ex Presidente dell’...
O la politica si rigenera o sarà rivolta sociale La crisi politico istituzionale dell’Italia attraverserà in autunno uno dei passaggi più delicati, quello del referendum costituzionale. Qualcuno ha scritto: “
si scrive Renzi si legge JP Morgan”, ossia tutto parte dalle grandi compagnie finanziarie internazionali, al libro paga delle quali sono già iscritti leader politici europei, come l’ex premier inglese Tony Blair e l’ex Presidente dell’Unione europea Barroso; per non parlare di alcuni noti politici italiani abituali invitati del circuito Bilderberg o già ospiti del panfilo “ Britannia” in cui si decisero le sorti e la svendita di molte aziende statali italiane. In gioco è ciò che resta della sovranità popolare, con un combinato disposto: riforma pasticciata costituzionale ( 46 articoli della Carta modificati) e legge super truffa dell’Italicum che persegue l’obiettivo di un “ aggiornamento del sistema”, con il governo affidato a “ un uomo solo al comando”. E’ la rigidità della Carta voluta dai padri costituenti che si intende violare, ultimo baluardo allo strapotere del turbo capitalismo finanziario che, nell’età della globalizzazione, subordina ai propri interessi l’economia e la politica, sino a distruggere lo stesso concetto di democrazia così come lo abbiamo acquisito in Occidente dalla rivoluzione francese in poi. Tutto ciò accade mentre é in atto a livello del Parlamento dei nominati illegittimi, il più vasto e indegno trasformismo, che, vede in Senato il sostegno al governo non solo di una maggioranza drogata dal “porcellum”, ma inflazionata dal voto dei transumanti mercenari, eletti nelle liste di centro-destra e oggi sul carro del “ giovin signore” fiorentino. Un referendum che, come ben ha descritto Massimo D’Alema nel suo ultimo dibattito televisivo ( “ In Onda”), chiedendo un SI o un NO su 46 articoli, assume inevitabilmente il carattere di un autentico plebiscito. Con una partecipazione al voto ormai stabilmente ridotta a metà del corpo elettorale degli aventi diritto, un Parlamento di “ illegittimi” che continua a sfornare leggi e addirittura a cambiare con un voto di fiducia la Carta costituzionale, il distacco tra paese reale e paese legale assume un livello mai così grande nella storia della Repubblica. I partiti, almeno quelli che sono espressione del profondo travaglio intervenuto negli oltre vent’anni della cosiddetta seconda repubblica ( 1994-2016), sono tutti in preda a una crisi di identità come nel caso del PD, ridotto alle caratteristiche di un Golem senza forma, privo di una definita cultura politica, espressione di un socialismo fasullo nella versione trasformistica del renzismo dominante. Le punture al curaro espresse recentemente da D’Alema sono la dimostrazione del travaglio presente in quello che è pur sempre il partito di una maggioranza farlocca del corpo elettorale. Il centro-destra, d’altronde, vive la fine dell’egemonia-dominio del berlusconismo, alla ricerca di un nuovo complesso equilibrio tra ciò che rimane tra Forza Italia, la Lega e Fratelli d’Italia. Resta il M5S ricettacolo del voto degli arrabbiati e ultima speranza almeno per coloro che partecipano ancora al voto. Gli è che manca totalmente una rappresentanza significativa e credibile del terzo stato produttivo, quello che costituisce il produttore reale della ricchezza nazionale, composto da artigiani, commercianti, agricoltori, piccoli e medi produttori con i loro lavoratori, liberi professionisti, i quali partecipano in larga parte alla vasta area degli astensionisti del voto. Spezzato l’equilibrio tra classe operaia e ceti medi, che nella prima repubblica era stato garantito dalla DC e dai partiti del centro-sinistra d’antan e venuta meno l’illusione rappresentata al Nord, dapprima dalla Lega di Bossi e poi dalla promessa e mancata rivoluzione liberale del Cavaliere, al terzo stato produttivo, fattore dell’equilibrio sociale, restano:
- il giogo ormai insostenibile di un sistema fiscale onnivoro e una forzata rivoluzione fiscale passiva ( gli ultimi dati Istat indicano un’evasione dell’IVA di oltre il 30%);
- l’abbandono delle attività con la chiusura di aziende mai registrata prima in Italia o la fuga in Paesi fiscalmente più convenienti;
- la disperazione sino al suicidio che puntualmente si registra in varie parti d’Italia.