INTITOLATO AL GEN. ALFREDO MALGERI – MEDAGLIA D’ORO AL VALORE DELLA GUARDIA DI FINANZA IL GIARDINO DI VIA M. GIOIA

01-00074537000008 - 25 APRILE 1945 LA LIBERAZIONE - MILANO - GLI UOMINI DELLA DECIMA MAS SONO STATI CATTURATI DAGLI UOMINI DELLA GUARDIA DI FINANZA AL COMANDO DEL COLONELLO ALFREDO MALGERI , 26 APRILE 1945 .

INTERVERRANNO il Sindaco di Milano – Giuseppe Sala, il Comandante in SECONDA della Guardia di Finanza – Gen. C.A. Filippo Ritondale, i figli e i familiari del Gen. Alfredo Malgeri

VENERDì, 4 MAGGIO 2018, SARà INTITOLATO al Gen. Alfredo Malgeri – Medaglia d’Oro al Valore della Guardia di Finanza IL giardino di Via M. Gioia angolo Viale Monte Grappa, SITUATO A POCA DISTANZA DALLA STORICA CASERMA “CINQUE GIORNATE”, SEDE DEL COMANDO REGIONALE LOMBARDIA DELLA GUARDIA DI FINANZA.

ALLA CERMONIA INTERVERRANNO il Sindaco di Milano – Giuseppe Sala, il Comandante in SECONDA della Guardia di Finanza – Gen. C.A. filippo ritondale, i figli e i familiari del Gen. Alfredo Malgeri, le Massime autorità civili e militari, una rappresentativa della Guardia di Finanza e dell’Associazione Nazionale Finanzieri d’Italia di Milano e Monza nonché due scolaresche dell’Istituto Comprensivo Statale “Milano Spiga”. 

video del Corriere

“Le armi dello Stato:Militari e sicurezza interna in Italia dall’Ancien règime alla Repubblica”

LA GUARDIA DI FINANZA E L’INSURREZIONE DEL NORD Alle ore 22 del 25 aprile 1945 il colonnello Alfredo Malgeri,comandante della legione della Guardia di finanza di Milano,ricevette dal Comando Piazza del Corpo Volontari della Libertà l’ordine, recapitatogli dal tenente Augusto de Laurentiis, pure della Guardia di finanza,di occupare il palazzo del governo,quello della provincia,la sede del comando militare dell’esercito repubblicano e quella dell’EIAR. Il colonnello uscì dalla sua caserma con un reggimento di formazione di circa cinquecento finanzieri,ed eseguì l’ordine. Un’operazione senza contrasto,ma questo si seppe dopo. Era noto che Mussolini ed il vertice della RSI avevano lasciato Milano dopo un inutile incontro in Arcivescovado con i rappresentanti del CLNAI,tuttavia era tutt’altro che improbabile una resistenza dell’ultima ora da parte di qualche nucleo fascista,che gli uomini di Malgeri dovevano quindi essere preparati ad affrontare. Non è tuttavia l’importanza dell’episodio in termini strettamente militari – modesta,come per tanti altri della Resistenza – che vale la pena di ricordare. Ed infatti le storie della Liberazione lo riportano senza enfasi,ed altrettanto accade per la memorialistica,con le eccezioni di cui diremo. Sia Cadorna che Pizzoni,ad esempio,ricordano anche di aver utilizzato scorte,sedi ed automezzi della Guardia di finanza come se la cosa fosse ovvia,nessuno sembra rilevare che il vertice politico e militare della Resistenza – Comitato di Liberazione Nazionale per l’Alta Italia e Comando Generale del CVL – stava impartendo ordini ad una struttura militare della Repubblica Sociale, armata,inquadrata,in uniforme e subordinata ad una linea di comando ben definita e perfettamente funzionante . E fotografie scattate il 29 aprile mostrano il generale Crittenberger,comandante del IV corpo d’armata americano,appena giunto a Milano,mentre passa in rassegna un picchetto di finanzieri,accompagnato dal colonnello Malgeri. Nessuno sembra avere avvertito la necessità di mettere a fuoco la singolare posizione della Guardia di finanza durante l’occupazione tedesca dell’Italia settentrionale – un corpo armato,composto di uomini soggetti alla legge penale militare,che riuscì a superare il periodo forse più drammatico della nostra storia nazionale riducendo al minimo la collaborazione con l’occupante,assumendo nei confronti del regime fascista repubblicano un atteggiamento di ostilità che nell’ultima fase della vicenda fu palese,e collaborando in modo progressivamente più evidente con la Resistenza. Possiamo leggere analisi ormai abbastanza esaurienti sulle vicende della Guardia Nazionale Repubblicana – e sulla tragedia dei Carabinieri – della Polizia,delle divisioni dell’esercito impiegate quasi esclusivamente come truppe ausiliarie per la controguerriglia,della Marina divisa dall’esperienza della “Decima MAS” e dell’Aeronautica che rischiò l’incorporazione nella Luftwaffe. Può essere il caso di dedicare qualche attenzione alla Guardia di finanza,che nel centro-nord contava nell’autunno 1943 circa quindici mila uomini,manifestò una coesione che a distanza di sessant’anni lascia perplessi,ed al momento dell’insurrezione fu in grado di svolgere una funzione delicata,la cui importanza politica supera certamente la dimensione militare. Una vicenda che a mio avviso può suggerire qualche riflessione sull’efficienza di due elementi rilevanti nella storia della Resistenza, l’apparato dell’occupazione tedesca ed il sistema di sicurezza della RSI. La vicenda ha un antefatto nei giorni immediatamente precedenti l’armistizio del settembre 1943. Il 28 agosto il Comando Generale della Guardia di finanza dirama la circolare 897/RO,che il giorno prima il ministro delle finanze Bartolini ha fatto approvare dal maresciallo Badoglio,con la quale si impartiscono le disposizioni circa il comportamento da tenere nell’ eventualità che gli eventi bellici pongano i comandi dipendenti nell’impossibilità di ricevere ordini. I reparti mobilitati - tutti dislocati nei territori occupati - dovranno seguire le sorti delle unità dell’Esercito cui sono aggregati ,mentre quelli in Patria dovranno rimanere ai loro posti e continuare a svolgere i compiti d’istituto,anche se verranno a trovarsi a contatto con il nemico,come prevedono le norme della legge di guerra che,recependo quelle delle convenzioni internazionali,consentono alla potenza occupante di avvalersi dei funzionari del Paese occupato,nell’interesse della popolazione civile. Esiste al riguardo un precedente,quello dei territori dell’Africa Orientale,dove l’amministrazione militare britannica ha continuato ad avvalersi dei magistrati,dei funzionari amministrativi e delle forze di polizia italiani. In Eritrea,ad esempio,presta servizio un contingente di quasi trecento finanzieri,oltre ad un gruppo di Carabinieri e ad uno della PAI. La circolare ha l’effetto di assicurare la compattezza della struttura nel territorio metropolitano, mentre l’apparato militare si disgrega e viene soprafatto. Dopo pochi giorni di incertezza,durante i quali avvengono episodi di resistenza,i comandi tedeschi riconoscono ai carabinieri ed ai finanzieri lo status di appartenenti alle forze di polizia, e consentono loro di conservare armi ed uniformi e di continuare ad assolvere i loro compiti. Le disposizioni della circolare 897/R0 vengono ribadite il 15 settembre da un Comando Generale ancora pienamente funzionante a Roma,e sembra si possa dire che in una prima fase,più o meno fino alla fine di ottobre ’43,la posizione degli appartenenti alle due forze di polizia ad ordinamento militare – i Carabinieri hanno ricevuto disposizioni analoghe - sia quella,giuridicamente definita, di agenti in servizio in territorio occupato dal nemico. Anche il governo della RSI,costituito il 23 settembre,pare preferisca rinviare le decisioni. Il decreto del 27 ottobre,con il quale vengono sciolte le forze armate regie ed istituite quelle repubblicane, si limita a stabilire,all’art.5, che Carabinieri e Guardia di finanza “restano in servizio per il mantenimento dell’ordine pubblico”. Il decreto,come sappiamo,è in realtà l’atto apparentemente conclusivo di un conflitto che ha diviso il vertice fascista fin dai primi giorni di Monaco,intorno all’assetto da dare alle forze armate ed al sistema di sicurezza del nuovo stato. Sembra prevalere in un primo tempo la tesi di Renato Ricci – la Milizia unica forza armata,volontaria e fortemente politicizzata,sul modello delle SS naziste – ma è poi l’orientamento tradizionalista di Graziani a prevalere,e la RSI avrà un esercito apolitico, a reclutamento misto,con una grossa intelaiatura territoriale ed una componente operativa che dovrebbe essere di massa.anche se poi . i tedeschi non consentiranno di formare più di quattro divisioni. Ricci non si dà per vinto,e l’8 dicembre 1943 un nuovo decreto del duce istituisce la “Guardia Nazionale Repubblicana” – della quale lo stesso Ricci sarà comandante generale,con rango di ministro – che dovrà assorbire nella vecchia struttura della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale l’Arma dei Carabinieri ed il Corpo di Polizia dell’Africa Italiana. In questo modo il vertice fascista riterrà di aver assicurato la sopravvivenza e la preminenza della “guardia armata della rivoluzione”,di aver incapsulato in essa i Carabinieri politicamente insicuri,e di aver realizzato l’unificazione delle forze di polizia coniugando la saldezza e la capillarità dell’organizzazione dell’Arma con l’affidabilità ideologica della Milizia. Quest’ultimo obiettivo (in realtà neppure gli altri,come vedremo) non fu conseguito,perché il potente ministro dell’interno Buffarini Guidi non sarà affatto disposto a privarsi della sua “Polizia Repubblicana” – che sarà anzi potenziata con battaglioni mobili ,unità di “arditi di polizia” addestrate per la controguerriglia,ed i famigerati “reparti speciali” di Koch,Carità,Finizio – né sarà possibile eliminare del tutto le numerose squadre di polizia politica costituite nell’ambito di federazioni provinciali del partito fascista. Non deve quindi destare meraviglia la circostanza che anche la Guardia di finanza sia riuscita a preservare la propria autonomia,facendo appello al “carattere puramente d’istituto” della sua attività “nelle presenti circostanze”,come affermò il ministro delle Finanze Domenico Pellegrini Giampietro per motivare l’allontanamento del comandante generale Aldo Aymonino, dell’Esercito, e la sua sostituzione con un ufficiale del Corpo. L’avvicendamento diede origine ad una crisi di vertice che dà un’idea del clima di quei giorni. Il comandante in 2^ della Guardia di finanza,generale di divisione Francesco Poli, rifiutò di assumere la carica e fu cancellato dal ruolo.Il più anziano dei generali di brigata,Arturo Cerrato, accettò,ma i colleghi che lo seguivano in ordine di anzianità,Vinay e Conti, preferirono la cancellazione dal ruolo alla nomina a comandante in 2^,che passò così a Giovanni Bagordo,comandante della zona di Trieste. Seguì un periodo di estrema incertezza,che si protrasse dalla fine del’43 al giugno successivo,mese che può essere considerato come il “punto di svolta” della guerra civile,apertosi con la liberazione di Roma e contrassegnato da una serie di avvenimenti destinati a marcare il progressivo inasprimento del conflitto: scadenza del “bando Graziani” ed ingrossamento delle formazioni partigiane per l’afflusso dei renitenti alla leva;emanazione delle direttive del maresciallo Kesselring per la repressione della guerriglia,militarizzazione del partito fascista repubblicano con la costituzione delle “brigate nere”. Nello stesso tempo,diveniva evidente il fallimento dell’esperienza della GNR,che in agosto verrà inquadrata nell’esercito e privata delle attribuzioni di polizia giudiziaria,mentre gran parte dei provenienti dai Carabinieri sarà deportata in Germania per essere incorporata nell’artiglieria contraerea. La costituzione della RSI fece venir meno la condizione che accordava ai finanzieri la protezione della legge di guerra, e li costrinse a scegliere tra lo scioglimento del Corpo (e per la maggior parte degli individui,l’incorporazione nelle forze armate repubblicane o la deportazione) ed il compimento di atti formali di adesione (prestazione del giuramento,cambio della denominazione in “Guardia Repubblicana di Finanza”,sostituzione delle “stellette” con il gladio repubblicano),che crearono problemi di coscienza,ma furono dai più ritenuti giustificati dallo stato di necessità. A Roma,dove il delegato del PFR per la capitale,Pizzirani, sollecitò l’intervento del ministro perché si era sparsa la voce che la Guardia di finanza fosse stata esentata dal giuramento,e gli ufficiali se ne vantavano, il generale Crimi chiese l’autorizzazione del comando militare clandestino ,che la concesse per mettere il Corpo in condizioni di “meglio assolvere i suoi compiti operativi sul fronte della Resistenza,in quanto, come è noto,costituiva nell’organizzazione clandestina una delle basi più attive della lotta contro il nemico e per quella assoluta fedeltà alla causa della libertà di cui diede sempre prove preziose e tangibili”, come attestò dopo la liberazione il generale Bencivenga. Nel Nord il riferimento allo stato di necessità fu fatto esplicitamente, tra gli altri,dal colonnello Malgeri e dallo stesso comandante generale Cerrato. Nella ricerca di una soluzione che consentisse di ridurre al minimo la collaborazione con le autorità della RSI e,soprattutto,di evitare il coinvolgimento nella repressione della guerriglia,un aiuto sostanziale venne dall’amministrazione militare tedesca,la quale,mentre avocò a sé il controllo della produzione bellica,pretese l’istituzione di un organismo di polizia specializzato per la vigilanza sui prezzi e sui consumi della popolazione civile,affidandone l’organizzazione alla Guardia di finanza. Nell’aprile 1944 nacque così la “Polizia Economica”,articolata in nuclei provinciali con un comando centrale a Crema. L’istituzione del nuovo organismo,e la continuazione nell’esercizio dei compiti di natura tributaria consentì di respingere le richieste di concorso nella lotta antipartigiana,che del resto non vennero più fatte quando divenne evidente l’inaffidabilità politica dei finanzieri. Si verificarono in compenso una serie di episodi – disarmo di reparti minori,talvolta con il passaggio ai partigiani,conflitti con elementi della specialità confinaria della GNR, arresto di ufficiali ed anche dei componenti di interi reparti per complicità con la Resistenza – che, dopo aver dato origine ad attacchi di stampa,motivarono nell’estate 1944 una richiesta al duce dei capi delle province e dei comandanti della GNR di Como,Varese e Sondrio,perché i reparti della Guardia di finanza fossero allontanati dal confine svizzero,provvedimento poi attuato dal comando delle SS senza neppure interpellare le autorità di Salò. L’ostilità delle autorità di Salò nei confronti della Guardia di finanza - peraltro giustificata - fu tale da suggerire addirittura l’emanazione di un decreto del duce contenente “Norme per la cessazione dal servizio degli ufficiali della Guardia di finanza resisi inadempienti dei doveri del grado nel particolare momento”,un provvedimento “personalizzato” con il quale venivano abrogate,per i soli appartenenti al Corpo,le disposizioni sullo stato giuridico degli ufficiali. In agosto,mentre il ministro Pellegrini si rivolgeva inutilmente a Mussolini perché l’ordine di allontanamento dal confine fosse revocato,ed inviava ai suoi uomini appelli alla coesione ed alla disciplina, la stampa svizzera dava per imminente lo scioglimento del Corpo e la deportazione dei suoi componenti. Negli stessi giorni il comandante della legione di Milano,in vista di tale eventualità,prendeva accordi per il trasferimento dei finanzieri nell’Ossola,dove avrebbero costituito una formazione partigiana autonoma. Il progetto non ebbe seguito per le evidenti difficoltà di attuazione,ma segnò il definitivo passaggio dell’organizzazione della Guardia di finanza nel campo della Resistenza,anche perché l’esempio milanese fu imitato in tutti i principali centri dell’Italia settentrionale,da Genova a Torino,da Venezia a Trieste. A partire dalla fine dell’estate 1944,quindi,la collaborazione con le formazioni partigiane e con la rete clandestina dei Comitati di Liberazione Nazionale si fece sempre più stretta,fino a sfociare,negli ultimi mesi,in atti di aperta insubordinazione e poi nella partecipazione diretta di comandi e di reparti organici all’insurrezione. L’assunzione del comando generale del Corpo Volontari della Libertà da parte del generale Raffaele Cadorna,giunto a metà agosto da Roma accompagnato dal tenente de Laurentiis ( il quale fungerà da ufficiale di collegamento con il comando della Guardia di finanza), conferì al rapporto un crisma di legalità indubbiamente rilevante per le scelte dei vertici del Corpo. Una valutazione storica della vicenda pare non possa prescindere da qualche considerazione preliminare. Sembra innanzitutto fuori luogo parlare di un atteggiamento “antifascista” della Guardia di finanza,che presupporrebbe una consapevolezza politica difficilmente attribuibile alla massa degli appartenenti al Corpo. Ma d’altra parte il comportamento dei finanzieri non può essere inquadrato nella categoria della “zona grigia”,costituita da coloro che cercarono di sopravvivere,né in quella dei tecnici e dei politici che aderirono alla RSI nella convinzione di adempiere un dovere,in nome della continuità dello stato e della riduzione dei danni dell’occupazione tedesca. Si trattava in realtà di persone soggette alla disciplina ed alla legge penale militare,armate ed in uniforme,inquadrate in un’organizzazione che faceva capo ad una linea di comando responsabile,alle quali,una volta evitato il coinvolgimento nella repressione della guerriglia,la paralisi del sistema fiscale offriva la strada dell’atteggiamento passivo,ed invece scelsero,almeno dall’estate 1944, quella della collaborazione con la Resistenza. L’aspetto peculiare della vicenda consiste nel fatto che non si trattò di scelte individuali – che certamente non mancarono in altri organismi militari e di polizia – ma di una scelta istituzionale della quale furono partecipi sia la catena di comando che i gregari. Una peculiarità che,anni dopo,Riccardo Lombardi (al quale,durante la clandestinità, il comando della legione di Milano aveva fornito un’identità di sottufficiale del Corpo) descriverà in questi termini: “Certamente la Resistenza fu costellata di adesioni numerosissime di militari dell’esercito,dei carabinieri e anche della pubblica sicurezza,ma la partecipazione collettiva di un Corpo militare compatto,partecipazione non occasionata dalle vicende della ritirata,come avvenne per le truppe rifluite dalla Francia…..ma di una volontaria determinazione,fu un episodio unico e,ad accrescerne il significato,fu il fatto straordinario che le decisioni di intervento assunsero via via e sempre più il carattere di una consultazione democratica fatta quasi alla luce del sole,malgrado le esigenze della cospirazione.” Il mantenimento di un atteggiamento uniforme,da parte di diverse migliaia di uomini, per molti mesi e malgrado rischi di portata capitale,può costituire motivo di legittimo compiacimento per gli appartenenti all’organizzazione; se l’autoconservazione fu probabilmente la molla principale, un altissimo livello di disciplina e di spirito di corpo furono di certo i fattori determinanti. Ma sembra lecito chiedersi come una vicenda del genere sia stata possibile,in piena guerra,quando la posizione della Guardia di finanza negli ambienti della RSI era non solo nota ,ma ripetutamente denunciata . E’ possibile che tale atteggiamento sia stato tollerato,perché la Guardia di finanza accentuando la propria connotazione tecnica,riuscì a ricavarsi uno spazio di sopravvivenza in una realtà fortemente disomogenea,come era quella sia dell’apparato di occupazione germanico che del sistema di sicurezza repubblicano. Gli studi di Collotti e di Klinkhammer hanno sottolineato il carattere “policratico” del primo, nel quale erano in competizione almeno cinque centri di potere,ciascuno con i propri referenti in Germania: il comando delle truppe operanti del maresciallo Kesselring,la rappresentanza diplomatica dell’ambasciatore Rahn, l’amministrazione militare diretta,fino a luglio ’44, dal generale Toussaint, il ministero della produzione bellica di Albert Speer,rappresentato dal generale Leyers,il comando delle SS e delle forze di polizia dell’Obergruppenfuhrer Wolff. Leyers riuscì,com’è noto, a far prevalere le esigenze della partecipazione dell’industria italiana al programma di produzione bellica tedesco,superando le direttive che imponevano la deportazione della forza lavoro e lo smantellamento degli impianti. Perché tale politica avesse successo,era importante che la RSI si desse un sistema di controllo dei prezzi,degli ammassi e della distribuzione tale da contenere l’inflazione, anche mediante l’istituzione di una “Polizia Economica”, e che gli altri organi dell’apparato tedesco evitassero di interferire in tale settore riservato (per le questioni che non interessavano direttamente l’economia di guerra – come nel caso della presenza al confine - le SS facevano prevalere il loro punto di vista). Quanto al sistema di sicurezza repubblicano, la situazione di crisi in cui versò fin dall’inizio,e che si andò progressivamente accentuando,non consentì evidentemente di procedere allo scioglimento del Corpo ed alla deportazione in massa dei finanzieri (che probabilmente avrebbero incontrato anche la resistenza tedesca,per i motivi già detti). Una ipotesi di lavoro,certamente,che andrebbe verificata con un adeguato approfondimento di ricerca,anche se non pare possa esser posta in dubbio la constatazione della bassa efficienza dell’apparato della RSI. Dal punto di vista della Guardia di finanza,si trattò comunque di un gioco condotto con abilità e determinazione,reso possibile da un livello elevato di disciplina e di coesione., e mediante il quale un pezzo del “vecchio stato” diede una prova apprezzabile di “tenuta”,nella tragedia dell’occupazione e della guerra civile
fonte: GDF
OGGI È STATO INTITOLATO AL GEN. ALFREDO MALGERI – MEDAGLIA D’ORO AL VALORE DELLA GUARDIA DI FINANZA IL GIARDINO DI VIA M. GIOIA ANGOLO VIALE MONTE GRAPPA, SITUATO A POCHI METRI DI DISTANZA DALLA STORICA CASERMA “CINQUE GIORNATE”, OGGI SEDE DEL COMANDO REGIONALE LOMBARDIA DELLA GUARDIA DI FINANZA. ALLA CERIMONIA SONO INTERVENUTI L’ASSESSORE ALLA CULTURA – FILIPPO DEL CORNO, IL COMANDANTE IN SECONDA DELLA GUARDIA DI FINANZA – GEN. C.A. FILIPPO RITONDALE, IL COMANDANTE INTERREGIONALE DELL’ITALIA NORD OCCIDENTALE – GEN. C.A. GIUSEPPE VICANOLO, IL COMANDANTE REGIONALE LOMBARDIA – GEN. D. PIERO BURLA, LE MASSIME AUTORITÀ CIVILI E MILITARI, UNA RAPPRESENTATIVA DELLA GUARDIA DI FINANZA E DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE FINANZIERI D’ITALIA DI MILANO E MONZA NONCHÉ UNA SCOLARESCA DELL’ISTITUTO COMPRENSIVO STATALE “MILANO SPIGA”. ALL’EVENTO, HANNO PRESO PARTE, ALTRESÌ, IL GEN. C.A., IN CONGEDO ASSOLUTO, VINCENZO MALGERI, FIGLIO DI ALFREDO, CHE NELLA SUA LUNGA E BRILLANTE CARRIERA HA COMANDATO, TRA GLI ALTRI, DUE DEI PIÙ IMPORTANTI REPARTI DELLA GUARDIA DI FINANZA DI MILANO, DAPPRIMA IL NUCLEO REGIONALE DI POLIZIA TRIBUTARIA E POI L’ISPETTORATO PER L’ITALIA NORD OCCIDENTALE, E I FAMILIARI. ERA LA NOTTE TRA IL 25 E IL 26 APRILE 1945, QUANDO IL COLONNELLO MALGERI, RICEVUTO L’ORDINE DI INTERVENIRE DAL COMITATO DI LIBERAZIONE NAZIONALE PER L’ALTA ITALIA E DAL COMANDO DI PIAZZA CLANDESTINO, CON A DISPOSIZIONE SOLO 430 FINANZIERI, PARTÌ DALLA CASERMA “CINQUE GIORNATE”, ALLA VOLTA DEL PALAZZO DEL GOVERNO. RAGGIUNTA PIAZZA TRICOLORE, SI DISPOSE PER L’ATTACCO DELLA PREFETTURA CHE, ALL’INTIMAZIONE DEL TENENTE DE LAURENTIS, SI ARRESE. IL COLONNELLO MALGERI DOPO AVER MESSO L’EDIFICIO IN STATO DI DIFESA CONTRO EVENTUALI RITORNI OFFENSIVI DELLE FORZE NEMICHE, ORDINÒ, ALLA RESTANTE PARTE DEL REGGIMENTO DI OCCUPARE, NELL’ORDINE, IL PALAZZO DELLA PROVINCIA, IL MUNICIPIO, IL COMANDO MILITARE REGIONALE REPUBBLICANO E LA STAZIONE DELL’E.I.A.R. QUEST’ULTIMA, DAL 1983, È LA SEDE DEL COMANDO INTERREGIONALE DELL’ITALIA NORD OCCIDENTALE DELLA GUARDIA DI FINANZA. PER LE GESTA COMPIUTE, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, CON DETERMINAZIONE DEL 31 OTTOBRE 2007, HA CONFERITO AL GEN. ALFREDO MALGERI LA MEDAGLIA D’ORO AL VALORE DELLA GUARDIA DI FINANZA.