Melegatti verso la chiusura? Deserta l’asta per rilevare l'azienda veronese
Dopo 124 anni potrebbe non esserci per Natale lo storico dolce brevettato a Verona.
Grande incertezza sul futuro dell'azienda veronese Melegatti, conosciuta nel mondo per avere inventato il Pandoro 124 anni fa, dopo che ai due curatori fallimentari, Bruno Piazzola e Lorenzo Miollo, non è arrivata alcuna offerta per rilevare l’azienda, dichiarata fallita dal Tribunale di Verona il 29 maggio scorso.
Nonostante le numerose manifestazioni di interesse arrivate nelle ultime settimane, i possibili pretendenti si sono via via sfilati, nonostante il prestigio del marchio e una produzione che anche nei mesi della crisi ha dimostrato di avere ancora un buon mercato, cosa che potrebbe facilitarne il rilancio.
La base era fissata in 18 milioni di euro, ma con offerte accettate già a partire dai 13,5, con rialzi di 20 mila euro.
Sembrano essere due i possibili scenari. Il primo svolgere una nuova asta se il Tribunale darà il suo consenso con una soglia ribassata, oppure la seconda via sarebbe quella di avviare la procedura fallimentare, con la verifica dello stato passivo, il programma di liquidazione e la vendita, con i conseguenti tempi lunghi e il blocco della produzione, con il rischio di intaccare il mercato e l’efficienza delle macchine, a cui in questi mesi hanno lavorato 11 dei 50 dipendenti fissi proprio per mantenere gli impianti pronti per il riavvio della produzione.
Sulle spalle dell’azienda pesa un passivo di dimensioni ben maggiori (50 milioni di euro) a quelli ipotizzati inizialmente, tant’è che il piano di salvataggio e rilancio ideato dal gruppo Hausbrandt con una dotazione di 15 milioni di euro è finito nel nulla.
All'orizzonte anche la possibilità di creare una cooperativa da parre dei dipendenti Melegatti, che rilevi l’azienda mediante un contratto d’affitto da parte della curatela fallimentare e riattivare subito la produzione per generare liquidità che il marchio anche nel periodo peggiore ha dimostrato di essere in grado di generare, con cui ripianare progressivamente i debiti, senza incidere sui posti di lavoro.