L’Italia resterà un paese per vecchi, senza una grande svolta.

L’Italia resterà un paese per vecchi, senza una svolta radicale che metta al primo posto i giovani a scapito dei privilegi della gerontocrazia imperante Il calo demografico è inarrestabile e le differenze di ricchezza tra giovani e vecchi stanno diventando incolmabili. Senza una svolta radicale, di cui non si vede nessun segno, e nonostante il maldestro tentativo del governo di mettere i giovani al centro della prossima legge di bilancio, il paese invecchia inesorabilmente fa...

L’Italia resterà un paese per vecchi, senza una svolta radicale che metta al primo posto i giovani a scapito dei privilegi della gerontocrazia imperante

Il calo demografico è inarrestabile e le differenze di ricchezza tra giovani e vecchi stanno diventando incolmabili. Senza una svolta radicale, di cui non si vede nessun segno, e nonostante il maldestro tentativo del governo di mettere i giovani al centro della prossima legge di bilancio, il paese invecchia inesorabilmente facendo saltare gli equilibri del sistema pensionistico. La politica italiana tratta dei giovani come fossero una razza in via di estinzione e i tentativi del governo nella prossima legge finanziaria sono quasi irrilevanti. All’origine del problema probabilmente c’è l’imperante gerontocrazia che domina tutte le scelte e tende a difendere i propri interessi più che ha creare le premesse per consentire ai giovani un futuro almeno dignitoso. I giovani diventano sempre più una minoranza contrattualmente irrilevante rispetto ad una crescente maggioranza di vecchi dotati di eccessive risorse e di un potere al quale non sono assolutamente disposti a rinunciare. Nel corso dell’ultimo rovinoso quarto di secolo i nuovi gerontocrati, con la collaborazione dei sindacati e dei partiti hanno lavorato quasi esclusivamente per difendere i propri privilegi, aumentandoli a totale scapito delle generazioni a venire. Nell’ultimo quarto di secolo (lascio a voi capire chi ha governato nel frattempo) l’unico vero aumento delle diseguaglianze è stato quello tra giovani e vecchi, non tra ricchi e poveri. Come evidenziato da ricerche sui bilanci delle famiglie effettuata dalla Banca D’Italia la differenza nella distribuzione dei redditi tra nuclei famigliari più o meno abbienti è rimasta pressoché invariata tra il 1995 e il 2014, mentre i vecchi hanno visto salire il loro reddito di quasi il 20% nello stesso periodo. La fascia di età tra i19 e i 34 anni ha avuto un calo di redditi oltre il 10%. Nonostante tutto questo il nostro paese destina il 13% del Prodotto Interno Lordo in spesa sociale per i vecchi e solamente l’1,4% alle famiglie, consentendo che molte famiglie giovani peggiorino la loro posizione nella scala della povertà. Somma Lombardo 05 settembre 2017 Fabrizio Sbardella