Un NO ragionato di Lucio Bergamaschi

Un NO ragionato di Lucio Bergamaschi Mancano 10 giorni al referendum confermativo delle proposte di revisione costituzionale approvate dal Parlamento. Si tratta di un passaggio importante previsto dall’art 138 della stessa carta costituzionale qualora le modifiche non siano state approvate con la maggioranza qualificata dei due terzi. Il precedente tentativo di modifica sottoposto a referendum nel 2006 fallì e i sondaggi sono unanimi a preconizzare un analogo esito negativo per la riforma Ren...

Un NO ragionato di Lucio Bergamaschi Mancano 10 giorni al referendum confermativo delle proposte di revisione costituzionale approvate dal Parlamento. Si tratta di un passaggio importante previsto dall’art 138 della stessa carta costituzionale qualora le modifiche non siano state approvate con la maggioranza qualificata dei due terzi. Il precedente tentativo di modifica sottoposto a referendum nel 2006 fallì e i sondaggi sono unanimi a preconizzare un analogo esito negativo per la riforma Renzi-Boschi. La valutazione di merito che diamo a questa proposta è negativa. Dal punto di vista liberale non ci piace l’intonazione neo-statatalista e centralista dei correttivi introdotti nel Titolo V anche se non possiamo certo negare la cattiva prova che complessivamente le regioni hanno dato in questi anni. Sotto il profilo popolare invece non si può condividere la riduzione degli spazi di partecipazione democratica con la nascita del cosiddetto senato delle regioni che non verrebbe eletto col suffragio popolare diretto ma i cui membri sarebbero consiglieri regionali e sindaci che opererebbero per così dire “a scavalco” essendo eletti a livello locale per fare tutt’altro. Avremmo sicuramente votato a favore dell’abolizione del CNEL e per rendere obbligatoria la discussione dei disegni di legge di iniziativa popolare ma incomprensibilmente non si è voluto “spacchettare” il quesito consentendo ai cittadini di esprimere giudizi diversificati su materie del tutto eterogenee. C’è infine una motivazione politica ma non meno strategica: la vittoria del NO è l’unica garanzia per rimettere mano alla legge elettorale – in cosiddetto Italicum – che appare fortemente squilibrato in favore della governabilità comprimendo gli spazi di tribuna delle opposizioni specie nella nuova configurazione del parlamento in cui il 90% delle leggi sarebbero approvate dalla sola camera bassa. Una legge quella dell’Italicum su cui pende un possibile giudizio di illegittimità della Corte Costituzionale e che pare non piacere più a nessuno, neppure a coloro che l’avevano votata poco meno di due anni fa. Che accadrà dopo il 4 dicembre? Ovviamente una vittoria del SI rafforzerebbe il governo che nella vicenda ha buttato tutto il suo peso in un modo che molti considerano improprio e inopportuno mentre se prevalesse il NO bisognerebbe ricominciare da capo. Il timore che non se ne faccia nulla è fondato, come fugarlo? Come procedere ad una riforma costituzionale che tutti reputano necessaria senza spaccare verticalmente un Paese già diviso su tutto? La proposta di Stefano Parisi è quella di votare a suffragio universale una Costituente, una proposta già fatta negli anni ’90 da Mario Segni e mai perseguita. Tiepide le accoglienze alla proposta finora. Eppure la Costituente avrebbe molti vantaggi: risultato certo, sottrazione del dibattito sulle regole alla contingenza politica e non necessità di ricorrere al referendum confermativo. Perché non si vuol fare?  “Forse perché non si vuole davvero cambiare il sistema politico italiano?