UNIONE EUROPEA: CONSENSO ITALIANI AI MINIMI STORICI (27%) RENZI FA BENE AD ALZARE LA VOCE CON BRUXELLES PER IL 65% MA LA FIDUCIA NEI CONFRONTI E DEL GOVERNO RESTA BASSA (28-30%)
UNIONE EUROPEA: CONSENSO ITALIANI AI MINIMI STORICI (27%) RENZI FA BENE AD ALZARE LA VOCE CON BRUXELLES PER IL 65% MA LA FIDUCIA NEI CONFRONTI E DEL GOVERNO RESTA BASSA (28-30%). Gli italiani sono sempre meno europeisti. Lo conferma l’ultimo sondaggio realizzato dal prof. Renato Mannheimer per EumetraMonterosa. Si è scesi da un consenso del 70% nel 1994 al 64% rilevato nel 2005, 60% nel 2008, 57% nel 2010 e 51% nel 2011. Il dato è poi calato ancora, sino a giungere attorno al 39% nel 2013 e a...
UNIONE EUROPEA: CONSENSO ITALIANI AI MINIMI STORICI (27%) RENZI FA BENE AD ALZARE LA VOCE CON BRUXELLES PER IL 65% MA LA FIDUCIA NEI CONFRONTI E DEL GOVERNO RESTA BASSA (28-30%). Gli italiani sono sempre meno europeisti. Lo conferma l’ultimo sondaggio realizzato dal prof. Renato Mannheimer per EumetraMonterosa. Si è scesi da un consenso del 70% nel 1994 al 64% rilevato nel 2005, 60% nel 2008, 57% nel 2010 e 51% nel 2011. Il dato è poi calato ancora, sino a giungere attorno al 39% nel 2013 e a crollare poi al 27% registrato oggi. Insomma, in relativamente poco tempo, si è verificato un abbassamento drastico dei giudizi positivi espressi. “I motivi di questo trend sono molteplici – questa è l’analisi di Mennheimer - ma possono essere ricapitolati sinteticamente. All’inizio, quando l’UE fu costituita, essa era vista dagli italiani come il concretizzarsi di un ideale e, al tempo stesso, una fonte di benefici anche sul piano economico-finanziario. Poi, con il passare del tempo, Bruxelles, oltre a fornirci fondi e incentivi, specie al Sud, ha cominciato a chiedere al nostro Paese degli adempimenti e delle politiche di rigore. Ciò non è stato apprezzato, sia perché alcuni vantaggi si sono trasformati in costi, sia, specialmente, perché molti dissentono dal tipo di rigore che l’Europa ha voluto imporre. Su questo punto, si sa, la discussione è molto ampia e i governi che si sono succeduti alla guida del Paese hanno assunto posizioni assai differenti tra di loro. Al tempo stesso, il dibattito si è allargato nel Paese, con una netta spaccatura di atteggiamenti rispetto all’Europa, la quale è diventata un argomento di discussione e di confronto anziché un’istituzione comunque apprezzata da tutti, come era agli inizi. E la fragilità mostrata dall’UE in certe sue decisioni – o, talvolta, non decisioni – ha accentuato le perplessità nel nostro Paese. Oggi, risultano più favorevoli alla UE specialmente le persone con un titolo di studio più elevato, forse perché hanno a disposizione maggiori strumenti di informazione. Ma anche tra costoro, la netta maggioranza esprime una valutazione negativa dell’Unione Europea. Gli imprenditori, i professionisti e i lavoratori autonomi esprimono un maggior consenso, anche qui però minoritario (37%). Gli operai, le casalinghe e i pensionati – vale a dire ceti meno centrali socialmente – manifestano valutazioni nettamente inferiori. Sono perplessi in misura decisamente maggiore i più anziani. Le valutazioni più negative si trovano, come era prevedibile, tra i votanti per la Lega e per il M5S, ma anche nel PD l’atteggiamento critico è assai diffuso e coinvolge la metà dell’elettorato di questo partito. Questo crescente orientamento critico verso la UE, così diffuso, spiega perché i “toni duri” assunti dal Presidente del Consiglio in questi ultimi mesi siano stati ben accolti dai nostri concittadini. Tanto che il 65% ritiene giusto l’atteggiamento del Presidente del Consiglio. Se però l’obiettivo di Renzi era quello di recuperare fiducia nei confronti suoi e del suo esecutivo si può dire che esso non sia stato raggiunto: l’indice di fiducia verso il premier è inferiore oggi 30% mentre quello verso il Governo nel suo complesso è ancora più basso attorno al 28%. Area degli allegati Visualizza anteprima allegato Grafico_Europa below.pptx PowerPoint Grafico_Europa below.pptx