La condanna al renzismo e la scomparsa del centrodestra.
La condanna al renzismo e la scomparsa del centrodestra. Quel che rimane del centrodestra italiano è allo sbando: in mancanza di un leader riconosciuto e di una struttura partitica con un briciolo di tradizione che sappia contenere o disciplinare tutti si assiste ad un rapido processo dii sgretolamento. Un processo che deve essere bloccato il prima possibile trovando una alternativa ed una strategia che sia credibile per l'elettore del centrodestra e che sia in grado di essere, maga...
La condanna al renzismo e la scomparsa del centrodestra.
Quel che rimane del centrodestra italiano è allo sbando: in mancanza di un leader riconosciuto e di una struttura partitica con un briciolo di tradizione che sappia contenere o disciplinare tutti si assiste ad un rapido processo dii sgretolamento. Un processo che deve essere bloccato il prima possibile trovando una alternativa ed una strategia che sia credibile per l'elettore del centrodestra e che sia in grado di essere, magari non subito, una proposta alternativa a Renzi. Invece ora vediamo pezzi di centrodestra che tentano di lusingare Salvini (che logicamente si guarda bene dall'impegnarsi). Altri tentano di confluire col cappello in mano nella grande famiglia renziana sostenendo il "siamo di centrodestra, stiamo col centrosinistra". In tutto questo senza dimenticare il pericolo che la riforma elettorale del Governo rappresenta. Una riforma da contestare sotto ogni aspetto: logico, giuridico e politico. Dal punto di vista logico la presunta motivazione alla base di questa riforma venduta come "necessaria" sarebbe la razionalizzazione dei costi della politica che si otterrà, ad esempio con la riduzione dei parlamentari. Un tema caro alla retorica populista più trita alla quale ogni tanto anche il centrosinistra indulge ogni tanto. Purtroppo non è così facile: i costi della politica non sono i costi della politica, ma i costi degli errori della classe politica. La sola svendita delle partecipare statale promossa dal Governo o certe scelte in politica bancaria ci costeranno sicuramente più di trenta anni di parlamentarismo. Dal punto di vista giuridico è almeno dubbio che un governo tecnico, non eletto, si assuma la responsabilità di riformare le regole che normano l'elezione del governo stesso. Dal punto di vista politico infine è da chiedersi se distruggere la tradizionale forma multipartitica italiana in cui comunque l'elettorato italiano si riconosce ( e la prova è la costante affluenza alle urne nazionale) sia una soluzione. Probabilmente invece di una riforma elettorale sarebbe il caso di concentrarsi sulla convenienza di mantenere il parlamentarismo quando tra i paesi avanzati è un modello assolutamente abbandonato a favore di modelli più centrati sull'esecutivo. Purtroppo al di la della lotta con ogni mezzo a questa riforma, il centrodestra non pare avere un'altra prospettiva. Il pericolo è un risultato che sbricioli il consenso alternativo alla sinistra dividendolo tra Salvini, il Movimento 5 Stelle e quel che resta del centrodestra. Uno scenario drammatico perché, se il centrodestra non saprà diventare una alternativa credibile all'elettorato, si tratterebbe di condannare l'Italia a vent'anni di Renzismo. Antonio Russo