Il paradosso dell’antirenzismo di Marino e la destra spettatrice
La lettera. Il paradosso dell’antirenzismo di Marino e la destra spettatrice
Roberto Fasano Con un anticipo di 4 giorni rispetto al termine ultimo, Marino ha ritirato le proprie dimissioni da sindaco di Roma rilanciando la palla nella discussione interna all’Assemblea capitolina. Subito ci si è interessati delle reazioni in casa PD, evidenziando l’imbarazzo del partito romano, che subito si è attivato per organizzare dimissioni in massa, e addirittura “l’ira di Renzi” (...
La lettera. Il paradosso dell’antirenzismo di Marino e la destra spettatrice
Roberto Fasano Con un anticipo di 4 giorni rispetto al termine ultimo, Marino ha ritirato le proprie dimissioni da sindaco di Roma rilanciando la palla nella discussione interna all’Assemblea capitolina. Subito ci si è interessati delle reazioni in casa PD, evidenziando l’imbarazzo del partito romano, che subito si è attivato per organizzare dimissioni in massa, e addirittura “l’ira di Renzi” (ANSA). Nonostante non abbia stima dell’operato del sindaco Marino, troppo attento ad interventi eclatanti ma inutili stile campagna elettorale (es. pedonalizzazione dei fori e registro delle unioni civili), sono sinceramente entusiasta del ritiro delle sue dimissioni. In questo modo infatti, Marino si sta mettendo di traverso rispetto al consolidamento di un’abitudine renziana: non importa da chi o come sei stato eletto, durerai in carica fin quando godi del favore delle segretario PD. Sono passati ormai meno di 2 anni da quando il governo Letta, un governo legittimo seppur diverso da quello prospettato durante la campagna elettorale e che godeva dei numeri per governare in entrambe le ali del parlamento, è stato liquidato da una decisione interna alla Direzione Nazionale del Partito Democratico: nel giro di 2 giorni gli Italiani si sono ritrovati nel bel mezzo di una crisi di governo senza neppure una modesta motivazione politica che non fossero le semplici ed evidenti mire espansionistiche di Renzi. Nella Capitale la situazione è anche più scomoda: infatti in questo caso abbiamo un’istituzione, il Sindaco, direttamente eletta dai cittadini, che dovrebbe farsi da parte solo sulla base di un “consiglio” sfumato del suo partito ma godendo ancora formalmente di una solida maggioranza nel Consiglio comunale. Fin quando si sostiene il valore del voto democratico, un sindaco direttamente eletto dei cittadini può essere mandato a casa solo riscontrando la sfiducia dell’organo che rappresenta la sovranità popolare, cioè il Consiglio comunale: ergo il PD abbia il coraggio di trasferirsi ufficialmente all’opposizione rispetto al proprio sindaco. Volendo fare una similitudine storica, il PD abbia il coraggio davanti ai propri elettori di far cadere il proprio sindaco nell’aula Giulio Cesare e non nella stanza di una segreteria politica con una manovra simile all’uccisione del generale romano.Se effettivamente il Sindaco riscontrerà formalmente di non avere più una maggioranza nel Consiglio comunale non sarò certo tra quelli che se ne dispiaceranno, ma fin quando la condotta di Marino sarà di ostacolo a scorrette condotte dirigistiche e coerente al voto romano: forza Marino! Se invece il PD vuole continuare a far dimettere Sindaci e Presidenti del Consiglio attraverso manovre più o meno nascoste, abbia almeno la decenza di inserire un emendamento alla riforma costituzionale per modificare il secondo comma dell’art.1 della Costituzione: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione e con il beneplacito del segretario PD”. P.S.: inutile segnalare che anche nel caso Marino nessun ruolo hanno avuto le opposizioni, lasciando al PD la posizione di sostenitore e oppositore: un altro segnale, ammesso che servisse, dello situazione comatosa del Centro-Destra italiano.