Il ministro del lavoro e il suo piano d’azione contro razzismo, xenofobia e intolleranza

Il ministro del lavoro e il suo piano d’azione contro razzismo, xenofobia e intolleranza Ecco che troviamo nei documenti del Ministero del Lavoro le paroline magiche: razzismo, xenofobia e intolleranza. Parole assolutamente condivisibili sul piano generale e del loro senso autentico: in questo la storia dell’europa post-bellica insegna come costruire 60 anni di pace e rispetto per la dignità dell’uomo. Ma oggi purtroppo la cultura gender, come fece inizialmente il femminismo degli anni sett...

Il ministro del lavoro e il suo piano d’azione contro razzismo, xenofobia e intolleranza Ecco che troviamo nei documenti del Ministero del Lavoro le paroline magiche: razzismo, xenofobia e intolleranza. Parole assolutamente condivisibili sul piano generale e del loro senso autentico: in questo la storia dell’europa post-bellica insegna come costruire 60 anni di pace e rispetto per la dignità dell’uomo. Ma oggi purtroppo la cultura gender, come fece inizialmente il femminismo degli anni settanta, vuole utilizzare contenuti popolari e assorbiti dal senso comune della gente per attecchire la propria ideologia. Il Ministro del Lavoro Poletti si è preso la briga di illustrare al Consiglio dei Ministri il ‘Piano nazionale d’azione contro il razzismo, la xenofobia e l’intolleranza’. Ma quale finalità ha questo piano e da dove nasce? Leggiamo la nota del Ministero: ‘Il piano è il frutto di un percorso in cui sono stati coinvolti, oltre all’apposito Gruppo Nazionale del Lavoro di cui fanno parte 85 associazioni, i ministeri competenti in materia, le Regioni, gli enti locali e le parti sociali’: bene, grande ressemblement istituzionale ma per fare cosa? ‘Il piano rappresenta il primo esempio, a livello nazionale, di programma pluriennale interdisciplinare di interventi che coinvolgono le competenze di varie Amministrazioni e della società civile, per rendere effettivo il principio di parità di trattamento e non discriminazione fra le persone’. E fino a qui mi direte: cosa c’è di strano? E io vi risponderei con un’altra domanda: ma perché fare l’ennesima carta dove si ribadiscono impegni che già da anni i ministeri a vario titolo stanno perseguendo in stretta sinergia con il ministero delle pari opportunità? Forse ora potrete comprendere meglio: ‘L’obiettivo principale del piano consiste nell’individuazione delle aree prioritarie su cui focalizzare l’attenzione per promuovere, nel prossimo triennio, azioni specifiche per prevenire e/o rimuovere le discriminazioni. Avvalendosi in primo luogo dell’UNAR (ufficio nazionale antidiscriminazioni) si vuole offrire un supporto alle politiche nazionali e locali…’. Ed ecco svelato l’arcano: il Ministero del Lavoro, in sostanza, appalta all’UNAR (che sappiamo benissimo cosa fa e che idee porta avanti) un piano di lotta alle discrimazioni. Vi potete quindi immaginare su che profilo di discriminazioni sarà sicuramente attivo: se posso lanciare una scommessa vedrete come, in brevissimo tempo, entreranno nel dibattito pubblico le cosiddette ‘quote gender’. Ma entriamo nel dettaglio degli scopi specifichi e ve ne evidenzio uno in particolare: ‘incentivare l’adozione di politiche di ‘diversity management’ e di contrasto alle discriminazioni da parte delle aziende pubbliche e private’. Ma cosa vuol dire ‘diversity management’? Mi suona molto strano, mi ricorda vagamente termini come ‘step child adoption’, usati per non dire la verità e mascherarla dietro neologismi anglosassoni molto glamour e patinati. Così recita la nota riferendosi al ‘diversity management’: ‘Diversity management lab è presente da oltre dieci anni nel campo della ricerca sulla gestione delle diversità. Questo campo abbraccia alcuni rami ormai diventati cruciali per le organizzazioni, quali età e le generazioni, il genere, l’identità e l’orientamento sessuale….’. Et voilà, la luce svela le ombre del ‘burocratese’ ministeriale: alla fine tutta la trafila del ‘Piano nazionale contro il razzismo, la xenofobia e l’intolleranza’ trova la sua ragion d’essere più profonda nell’asterisco di richiamo a fondo pagina di una parola inserita nel testo ma sconosciuta ai più, ovvero ‘diversity management’. Questo conferma quanto sottile e velata sia la campagna che stanno realizzando le lobby lgbt in ogni ambito per scardinare gli istituti giuridici nati con l’affermazione della centralità della famiglia naturale. Sapete cosa vorrebbe dire inserire le ‘quote gender’ nel lavoro? Porterebbe a uno squilibrio tale per cui i soldi passerebbero rapidamente dagli sgravi a i figli a privilegi nell’inserimento lavorativo per chi rientra nei parametri delle quote gender. Ci va bene un mondo così? A me no e per questo ogni giorno andiamo a scovare i punti più oscuri di dove si annida la trama di questa pericolosa ideologia.