Busto,le riflessioni del sindaco Farioli in merito ai prossimi mesi.
LE PRIMARIE DELLE IDEE Di seguito le riflessioni del sindaco Farioli in merito ai prossimi mesi. “L’inizio di ogni anno, nella inflessibile alternanza dei tempi e delle stagioni, offre l’occasione di una riflessione, spesso ricca di buoni propositi, altrettanto spesso accompagnato dall’illusione di un cambiamento che provenga dall’esterno. Mai come quest’anno, dopo i necessari ringraziamenti, ma soprattutto le riflessioni e gli stimoli di cui ci ha saputo far dono monsign...
LE PRIMARIE DELLE IDEE Di seguito le riflessioni del sindaco Farioli in merito ai prossimi mesi. “L’inizio di ogni anno, nella inflessibile alternanza dei tempi e delle stagioni, offre l’occasione di una riflessione, spesso ricca di buoni propositi, altrettanto spesso accompagnato dall’illusione di un cambiamento che provenga dall’esterno. Mai come quest’anno, dopo i necessari ringraziamenti, ma soprattutto le riflessioni e gli stimoli di cui ci ha saputo far dono monsignor Severino Pagani nella sua omelia del
Te Deum, è indispensabile che ciascuno di noi, sia come singolo, sia come soggetto in relazione con la comunità, sappia proporsi e proporre un impegno più alto. Ecco perché, come sindaco, intendo offrire l’occasione di una non superficiale disamina e proposta. E’ certamente un dovere che nasce dalla responsabilità che ho avuto come dono, grazia e affidamento in questi ultimi dieci anni e che mi spinge ad accompagnare come interlocutore e attore la prossima stagione della nostra Città con il contributo di una proposta che, senza pretesa di esaurire l’auspicabile dibattito e confronto, ne costituisca invece una premessa. Non quindi una presentazione di un bilancio di mandato, né il desiderio di offrire un resoconto (saranno altri i momenti, gli atti e le modalità con cui questo, anche ai sensi di legge, verrà predisposto e proposto), ma la consapevolezza, come si evince anche dai più profondi e vibranti auspici della meditazione sul futuro della Città, che per fare politica ci vogliono uomini liberi e per governare una città non si può prescindere da un’analisi seria del presente e da un confronto con la realtà, dal punto di vista sociale, economico, finanziario, amministrativo e di contesto. Occorre quindi, soprattutto in un periodo come questo, caratterizzato da una crisi di fiducia e di partecipazione, ma anche da una evidente scarsità di risorse con cui le comunità e gli enti sono costretti a confrontarsi,
un consapevole scatto di amore civico. Occorre saper proporre, per un’amministrazione che si ponga l’obiettivo di andare al di là dell’ordinario, un approccio che non si esaurisca nella pur dignitosa concezione di una sana amministrazione di condominio. Per questa prospettiva, in un’epoca storica in cui il senso stesso di democrazia e di libertà democratica già subisce in maniera rilevante una crisi tra l’indifferenza, lo sdegno e la sfiducia, sarebbe forse sufficiente un dignitoso commissario prefettizio, oppure, secondo un pericoloso declino, sarebbe sufficiente l’estrazione da un albo. Se libertà e democrazia hanno e devono avere ancora un senso e non apparire, come purtroppo molti lasciano trasparire, un inutile spreco di risorse, lo si può fare solo partendo da un serio, sereno e sostenibile confronto tra uomini e donne, idee chiare e progetti conseguenti e realizzabili. Occorre quindi certamente una classe dirigente,
non un uomo o una donna soli al comando. Occorrono direttori d’orchestra, ma che conoscano musica e spartiti. Occorrono nomi, volti, ma soprattutto è indispensabile uno sguardo che sappia proiettarsi con una visione d’insieme che parta dalla consapevolezza di appartenere a una comunità e a una storia e che per chiunque ami la politica (governo della polis) è indispensabile sapere che non si può prescindere da un oggi che, mai come adesso, è già domani. Occorre quindi
uno sguardo attento, capace di trarre il meglio da una storia e da una comunità, rideclinando e riorientando il fuoco dello zoom sulle sempre nuove e difficili sfide del contesto. Per questo, come Amministrazione, intendiamo lanciare, ripeto, senza alcuna pretesa di esaustività o monopolio, le
primarie delle idee. Primarie nell’ambizione, speriamo non velleitaria, di offrire occasioni di approfondimento, confronto, stimolo per l’approccio a un dibattito non sterile che vogliamo declinare in alcuni incontri seminariali che, facendo tesoro delle positività (e delle insufficienze) delle giornate già sperimentate con l’Officina delle idee, possano costituire terreno fertile per una
partecipazione consapevole e proficua su temi e dati certi a formazioni politiche, associazioni culturali, sociali, giovanili ed economiche, così come ai molti tentativi civici di cui si avverte in Città il pullulare e il desiderio di proposta. Certo, a mio e nostro parere, la necessità di un’idea di città che, continuando i non sempre riusciti sforzi di ottimizzare la qualità della vita dei nostri cittadini, non può che partire dal sottolineare quelli che, soprattutto negli ultimi anni, abbiamo voluto proporre al Consiglio, alla rete di associazioni con cui ci siamo costantemente confrontati e al più ampio panorama delle organizzazioni sociali, politiche ed istituzionali. Occorre favorire e promuovere un ecosistema che, a sua volta, nobiliti, promuova e favorisca la
libera iniziativa, la creatività di cittadini, imprese e associazioni, nella convinta e provata esperienza che sviluppo economico e coesione sociale e civile o stanno insieme o non stanno. Una città insicura e divisa non è certamente una città favorevole economicamente all’investimento e alla fiducia. Così come una città che abbia questa consapevolezza deve inserirsi con maturità in un contesto complessivo in cui persona, famiglia, cultura ed educazione, lavoro e socialità, possano essere, se non garantiti, facilitati e sostenuti. Occorre quindi che ci si interroghi oggi ancor più di ieri, in un’ottica di continuità, ma con ancor più profonda consapevolezza rispetto agli scenari molto diversi di fronte ai quali si trovava la città nel 2006 o anche solo nel più recente 2011. Molto è cambiato, socialmente, demograficamente, economicamente (solo dal 2008 ad oggi l’intero comparto degli enti locali ha dovuto governare con ben 10 miliardi di Euro in meno di trasferimenti correnti e col cappio di un patto di stabilità ulteriormente penalizzante sul fronte degli investimenti pubblici). Qual è dunque il ruolo, la visione, soprattutto il compito, che si vuole assegnare chi si proporrà alla guida della Città che porterà alla Busto del 2020? Azzerare o limitare la burocrazia, velocizzare in una trasparente gerarchia le legittime risposte a richieste, contenere o ridurre la pressione fiscale sono certamente auspici in linea con quanto si è cercato coerentemente di perseguire. Ma ancor di più, occorre saper trasformare il ruolo del pubblico e delle sue ramificate partecipazioni da strumento di esercizio del potere, da braccio operativo dell’amministrazione e di chi temporaneamente ne è chiamato alla guida e delle loro pur legittime ambizioni di riconoscimenti e ambiti protetti o garantiti, in leve di sviluppo per l’intera competitività di un territorio di area ampia e vasta. Ecco perché uno dei temi che saranno certamente oggetto di un seminario interattivo sarà proprio questo:
come costruire una Busto del 2020, attrattiva di risorse pubbliche, private ed istituzionali per uno sviluppo sostenibile? Come continuare la decisa ed importante trasformazione della galassia delle partecipazioni in perno di uno sviluppo pubblico e privato per la crescita di una città sostenibile? Come mettere in rete queste risorse per un ecosistema in cui crescita economica e sostenibilità ambientale, energetica e climatica remino nella stessa direzione? Certo, una città saldamente inserita nel contesto metropolitano, a cavallo del Sempione, dell’Altomilanese, della Valle Olona, necessiterebbe probabilmente, per razionalizzare energie, servizi, limitare burocrazie, tempi morti e sovrapposizioni, quando non incertezze di responsabilità, di un’unica autorità sovracomunale. Questo oggi appare utopico, pur avendo la nostra Città e il nostro Consiglio cercato di interrogarsi positivamente in un contesto frastagliato, contraddittorio che alla fine non solo non ha partorito la montagna, ma ha anche fatto impazzire il topolino. L’idea di creare una
free zone, facendo leva su un’area giuridicamente indipendente con peculiarità economiche e amministrative attorno all’hub di Malpensa, può certamente costituire, nel solco dell’indirizzo regionale e contestualmente al referendum regionale sull’autonomia, uno spunto di suggestione politico - ammnistrativa. Ma occorre farsi trovare pronti e con una politica strategica ed unitaria che sappia cogliere al meglio ogni opportunità. E’ in quest’ottica quindi che vanno approfondite e rideclinate le politiche di insieme e di partecipazione (?) a Centro Tessile Cotoniero, Sea, Malpensa Fiere, eccetera. E’ di questi giorni l’ennesima e ancor più contraddittoria fermata sul percorso di piano aeroportuale con la bocciatura del decreto Lupi. Quale ruolo immaginiamo in collegamento con Regione, Ministero, ma soprattutto con la
governance di Sea e il piano aeroportuale lombardo? Sono temi che non possono essere sottaciuti in uno scenario di sviluppo di tal tenore, ma certamente una città consapevole ha necessità di rideterminare le priorità di attenzione alla persona, alla famiglia, al nuovo quadro socio-demografico che ci si offre. Lavoro, scuola, cultura ed educazione non possono limitarsi ad essere titoli senza narrazione. Certo, è indispensabile partire dalla consapevolezza che il
welfare va, anche nel nuovo contesto di evoluzione del sistema regionale socio-sanitario, maggiormente intrecciato con la centralità dovuta all’aumento della fascia cosiddetta
silver, che non può che costituire il centro di orientamento degli investimenti e della riscrittura dei piani di zona. Così come il nuovo e per molti versi auspicato dalla nostra amministrazione riassetto in logica sovracomuanle di ciò che sono state fino a ieri le distinte aziende ospedaliere di Busto e Gallarate deve essere alla base di una concreta progettualità di una nuova concezione di città, con servizi, offerte e interazioni che accompagnino le felici intuizioni sul fronte del
co-housing, dell’apertura a servizi integrati per l’anziano autosufficiente, così come per l’anziano solo o, caso ancor più delicato, sempre più soggetto a fenomeni degenerativi e di disabilità crescente. Una giornata sul tema, che parta anche dalle sperimentazioni che hanno trovato fertile terreno nell’appalto-concessione della casa di via Tasso, piuttosto che nelle felici e proficue collaborazioni con l’Istituto La Provvidenza, nei servizi di assistenza domiciliare, nella sperimentazione della Casa della Salute, è certamente un altro ineludibile ancoraggio da tenere in considerazione. Così come non può essere sottovalutato l’investimento in campo educativo e formativo, nella peraltro sempre più sottaciuta necessità che anche ogni politica di sostegno all’occupazione, alla casa e al lavoro non può oggi prescindere da una attenta, rigorosa, razionale ridestinazione di risorse pubbliche e private. Che parta anche e tenga conto sempre di più dei nuovi orientamenti anche qui in sede europea. Sempre più vanno valorizzate e perseguite politiche di
welfare society con la sempre maggior consapevolezza che sviluppo, crescita, inclusione e solidarietà non sono assi paralleli dello sviluppo, ma elementi di un unico e contestuale sforzo di progettazione. La sempre più consapevole attenzione, anche nella destinazione di risorse, sulla responsabilità sociale dell’impresa non può lasciare indifferente un ente locale come il nostro che non ha voluto assistere con le mani in mano all’aumento del disagio, della marginalità rispetto al mercato del lavoro, sia di soggetti giovani, che over 50. L’esperienza del fondo famiglia – lavoro, le felici ma insufficienti risultanze, pur da dati unici nel contesto lombardo, ci invitano e invitano tutti a un ulteriore sforzo creativo e progettuale, in cui il ruolo di regia, facilitazione, selezione, indirizzo dell’Amministrazione è certamente imprescindibile. Ma se vogliamo uscire dal transitorio e dall’emergenziale, non si può che diffondere e favorire la cultura di impresa e del lavoro.
Difendere e garantire il futuro è quindi un must non solo dell’Amministrazione in corso e in scadenza, ma di chiunque voglia proporsi alla guida della Città. Ecco perché, senza velleità, ma con l’ottimismo della volontà e della determinazione, occorre diffondere e favorire la
cultura d’impresa. Esistono infatti ancora risorse imprenditoriali e capitali disponibili a giocarsi sul territorio. Se la lotta è quella di spezzare le catene della povertà e del disagio, il compito principale è certamente quello di valorizzare l’impresa. Lo sviluppo dell’attività economica locale, infatti, in una logica di rete e di filiera, aiuta tutte le nuove imprese a prosperare e un’impresa non può esistere nel nulla. Ecco perché un altro tema su cui riflettere e progettare è quello del valore ineludibile e sociale dell’impresa stessa, nella sempre maggior consapevolezza che ciò che negli anni ’50 aveva garantito, pur e soprattutto in un differente contesto internazionale ed economico, il successo dei nostri imprenditori e della nostra Città, va oggi riposizionato in condizioni che fanno della sostenibilità non più un limite allo sviluppo, ma un’occasione di innovazione. Così come fanno della rete e dell’apporto di filiera non un freno allo sviluppo, ma un elemento indispensabile di competizione con la globalità. Ogni intervento di giustizia sociale non può prescindere da una sana cultura d’impresa, essendo l’impresa stessa il principale motore di responsabilità sociale del nostro tempo. Per vivere, le imprese sono necessariamente sociali, hanno bisogno di investitori, lavoratori, clienti, fornitori, mercato. Certo, non può essere un’amministrazione comunale a esaurire tutto questo, ma può essere una comunità a creare condizioni e opportunità perché non si assista inoperosi a un declino che, per primi, ancora molti imprenditori bustocchi hanno saputo e sanno combattere nel segno dell’amore per l’impresa, per l’innovazione e per la sfida. Formazione, cultura, educazione, consapevolezza: si può, si deve tentare di più. Si può, si deve conoscere meglio. Se nessun cittadino, nessuna famiglia, nessuna associazione hanno il diritto di sentirsi soli e abbandonati, anche nessuna impresa e nessun imprenditore devono e possono sentirsi soli e magari sottovalutati proprio dalla loro comunità Gigi Farioli p.s.: come Amministrazione, sui diversi temi qui solo accennati e all’interno di una riflessione più ampia, proporremo, entro la fine del mese di gennaio, un calendario di giornate seminariali e interattive che spero contribuiscano in maniera serena al dibattito e alla crescita culturale, civile e, lasciatemelo dire, politica; che possa costituire anche un‘auspicabile chiamata alla partecipazione di quei molti che in Città mi hanno dimostrato in questi anni di avere molto da dire e da dare, che molto già danno e offrono, oltre che a sé e alla propria crescita, alla crescita del bene comune. Vorrei anche che da questa riflessione e da questi impegni in concreto si sentissero invogliati a considerare democrazia, partecipazione, impegno amministrativo non più il terreno di gioco di pochi, ma il campo per la sfida di tanti, soprattutto giovani. Per disegnare e costruire il futuro, senza velleità, ma con legittima ambizione, occorre avere un giusto mix tra esperienza ed entusiasmo, capacità di sognare e bagaglio di fiducia. Ecco perché è indispensabile favorire e includere sempre nuovi entusiasmi e soggetti. Se servisse solo a questo, si sarebbe già ottenuto un grande scopo.