Il processo alla moglie di Antonino Faraci ucciso la sera del 12 aprile 2014 nella villetta di via Briante e ai due tunisini latitanti e alla moglie prosegue con l’audizione dei testimoni.
Il pensionato era stato ucciso mentre se ne stava steso sul divano di
casa colpito a morte con una statuetta a forma di elefante e con un coltello.
Era stato poi lasciato a terra agonizzante e poi colpito ancora sul collo
dopo che era morto.
Era subito sembrato che non si trattasse di una rapina finita male
proprio per l’eccesso di violenza messo in atto.
La vicenda è stata ricostruita attraverso le testimonianze dei carabinieri
che erano intervenuti nelle prime fasi dopo l’omicidio che avevano portato in
giudizio la moglie Melina Aita e due tunisini Bechir Baghouli e Slaheddine Ben
H’Mida che erano subito fuggiti e che sono ancora latitanti.
Quando i carabinieri sono arrivati sul luogo del delitto, chiamati da un
vicino e dal nipote della vittima, hanno trovato hanno trovato la moglie seduta
al fianco del pensionato morto e sdraiato a terra supino.
c’era sangue dappertutto, sul divano, sulla coperta, sulle pareti e anche
la vittima aveva il volto coperto di sangue e aveva le mani chiuse a pugno.
Le indagini
della scientifica hanno collegato alcune tracce di DNA isolate
sulla scena del delitto a Bechir
Baghouli grazie alla comparazione con quelle prelevate da una
giacca trovata nell’ultima residenza in cui ha vissuto il tunisino prima di
scappare.
Durante l’attività di indagine sono state anche
ricostruite le telefonate tra
la moglie Melina
Aita e Bechir Baghouli effettuate nel corso di quella fatidica
giornata e che la donna aveva cancellato dal suo telefono.
L’esame dei dati delle celle agganciate dalle utenze
nei diversi orari della giornata e i passaggi sotto le telecamere comunali e
private delle due auto hanno dimostrato, con un’elevata probabilità, che
Baghouli (insieme a Slaheddine Ben H’Mida che avrebbe messo a disposizione la
sua auto) e la stessa Melina erano
tutti a Somma Lombardo, nei pressi di via Briante nell’orario dell’omicidio.
Tra la
moglie della vittima e Bechir Baghouli sembra
fossero intercorse almeno 260 telefonate tra gennaio e aprile di quell’anno.