Quando il lavoro rende schiavi

Quando il lavoro rende schiavi
di Gian Giacomo William Faillace Milano 28 Novembre – Questa storia riguarda un gruppo di lavoratori, padri di famiglia,  che fino al 2013 lavoravano per una nota multinazionale operante nel campo dell’autonoleggio nelle sedi operative di Malpensa e di Linate: Avis-Budget Group. In quell’anno alcuni dirigenti decisero, con la complicità di manager locali con mentalità più da capo che da leader, di esternalizzare alcuni rami produttiv...

Quando il lavoro rende schiavi di Gian Giacomo William Faillace Milano 28 Novembre – Questa storia riguarda un gruppo di lavoratori, padri di famiglia,  che fino al 2013 lavoravano per una nota multinazionale operante nel campo dell’autonoleggio nelle sedi operative di Malpensa e di Linate: Avis-Budget Group. In quell’anno alcuni dirigenti decisero, con la complicità di manager locali con mentalità più da capo che da leader, di esternalizzare alcuni rami produttivi appaltandoli ad aziende che, stando ai verbali da essi stessi firmati, avrebbero garantito continuità lavorativa, solidità economica nonché serietà professionale. Dal primo Novembre 2013, subentra una prima società appaltatrice, una s.r.l. romana molto discussa che l’unica puntualità a cui era abituata era il regolare ritardo dei pagamenti degli stipendi. Dopo un anno e mezzo, il titolare, o presunto tale, di questa società a responsabilità limitata ma ad irresponsabilità infinita, si ritira dall’appalto, dimenticandosi, di versare contributi e trattamento di fine rapporto ai suoi collaboratori. Il giorno successivo, ossia il primo Maggio 2014, subentra un’altra azienda, ancora una volta si tratta di una s.r.l., bergamasca però, guidata da un grande imprenditore, serio, con mentalità da leader, una testa pensante insomma, uno di quegli imprenditori che riesce a coinvolgere i suoi collaboratori e a tirar fuori il meglio da ognuno di loro.  Ma sarà davvero così? O si tratta di un imprenditore che mette a disposizione della multinazionale la sua struttura per fare il lavoro che farebbe la Blackwater per la C.I.A? La domanda sorge spontanea alla luce degli ultimi avvenimenti che da qui in avanti illustrerò. Dopo che il sindacato (CoBas) è riuscito a far risarcire, come da accordi, i lavoratori, facendo modo che venissero pagati tfr e contributi da parte di ABG, la vita dei lavoratori è letteralmente cambiata in peggio: mobbing, nessun riconoscimento dei premi stabiliti né in sede di prima che di seconda contrattazione e non ultimo, pare sia stato introdotto un clima degno del regime di Pyongyang. In pratica presso la società di navettamento vetture, che opera a Malpensa e Linate per le società Avis e Maggiore, da alcuni mesi, infatti, è stato infiltrato un “agente segreto”: di origine albanese, da poco cittadino italiano, poliziotto durante la guerra civile a Valona, questa persona è stata assunta come semplice lavoratore addetto al navettamento vetture senza alcuna comunicazione del suo ruolo di “guardia” in violazione di quanto previsto dallo Statuto dei Lavoratori che impone la preventiva identificazione, di fronte ai lavoratori, di chi svolge simile mansione. L’agente “coperto” è stato scoperto perché i lavoratori, già insospettiti dai suoi continui inviti a compiere qualche trasgressione alle discipline aziendali, quando sono arrivati ben due licenziamenti, hanno capito che alla base di essi poteva esservi proprio quel “signore” e che le sue provocazioni erano proprio dirette a creare situazioni per dimostrare la sua bravura. Già il fatto che si tratti di un ex poliziotto di Valona la dice lunga: durante le due “guerre civili” albanesi i poliziotti non erano tanto diversi dai malfattori, i loro obbiettivi preferiti erano bambini, persone indifese e potrei chiamare a testimoniare tutti gli uomini del contingente Pellicano (di cui feci parte anche io) che operò nel Paese delle aquile dal 1991 al 1993 e successivamente i militari dell’operazione Alba. Quindi un poliziotto definito eroico in quel contesto e pluridecorato, in un paese occidentale, sarebbe stato incriminato per abuso d’ufficio, maltrattamenti e solo D.O sa cos’altro. E’ stata, dunque, posta in atto una nuova strategia per “normalizzare” una delle situazioni più combattive di Malpensa, che ha visto in questi anni, prima, la lotta contro la terziarizzazione da parte di Avis verso società fittizie con il solo scopo di pagare di meno i propri dipendenti e, poi, continue iniziative per ottenere le retribuzioni dovute, culminate proprio  in queste settimane con il recupero del tfr e delle spettanze per tutti e 70 lavoratori occupati a Malpensa e Linate. Ovviamente le ritorsioni del “regime” non si sono fatte attendere ed il giorno dopo aver scoperto lo 007 e fatta proposta di denuncia alla Questura competente, è stato negato illegittimamente di tenere l’assemblea dei lavoratori prevista dallo Statuto; i lavoratori dell’azienda appaltatrice, per poter accedere al loro posto di lavoro hanno dovuto esibire documenti personali ad alcuni personaggi di origine albanese appartenenti ad una sedicente agenzia investigativa; dopo solo alcune ore, un delegato sindacale è stato sospeso dal lavoro cautelativamente (anticamera del licenziamento?), con l’accusa che durante un giorno di malattia si sarebbe recato al supermercato per fare spese, secondo quanto sarebbe stato accertato da “indagini investigative” private come da lettera che per ovvie ragioni non può essere pubblicata. Anche per i secondo dipendente sospeso sine die, dalla lettera di contestazione, si evince una palese violazione della sua vita privata: manca il nome della ragazza con cui è andato a letto per completare l’opera di totale intromissione di questi personaggi nella vita privata dei loro dipendenti S.r.l. gestita da un grande imprenditore, dicevamo poc’anzi, ma io ricordo, tra i grandi imprenditori, Leopoldo Pirelli, Bernardo Caprotti, Carlo Vichi: imprenditori che sono stati grandi per il lavoro svolto con garbo e sobrietà perché sapevano che non basta avere in garage una Bentley per essere “grandi imprenditori”.