La vittoria di Trump analizzata da Lucio Bergamaschi su Affari Italiani
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- 19 novembre 2016 Area Malpensa Direttore-Fausto Bossi
Vi "postiamo" l'intervento del ns. direttore Lucio Bergamaschi pubblicato su Hillary Clinton, l'usato sicuro non funziona neanche negli Usa Il comunicatore Lucio Bergamaschi analizza la sconfitta elettorale di Hillary Clinton e la vittoria di Trump Facebook Twitter Google+ LinkedIn Flipboard
Di Milo Goj «L'usato sicuro non ha funzionato nemmeno nelle elezioni presidenziali americane, anche se Hillary forse non aveva altra scelta».
Lucio Bergama...
Vi "postiamo" l'intervento del ns. direttore Lucio Bergamaschi pubblicato su Hillary Clinton, l'usato sicuro non funziona neanche negli Usa Il comunicatore Lucio Bergamaschi analizza la sconfitta elettorale di Hillary Clinton e la vittoria di Trump
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Di Milo Goj «L'usato sicuro non ha funzionato nemmeno nelle elezioni presidenziali americane, anche se Hillary forse non aveva altra scelta».
Lucio Bergamaschi, uno dei più noti comunicatori italiani, si è appena gettato in una nuova sfida: la fondazione, lo scorso 7 novembre, a Milano, di Sema, Comunicazione crossmediale e relazioni pubbliche. Suoi compagni di avventura, quattro professionisti che, come lui, hanno fatto un piccolo pezzo di storia nelle pierre, nelle lobby, nelle ricerche: Giacomo Biraghi, Antonio Buozzi, Renato Mannheimer ed Edoardo Meazza. La logica è quella della boutique, del lavoro artigianale, su misura. Uno dei punti di forza di Sema è proprio la
comunicazione politica. In carriera Bergamaschi ha lavorato lungamente per Piero Bassetti e ha gestito numerose campagne elettorali da La Russa a Volontè a Cattaneo mentre Mannheimer è tutt’ora uno dei più noti sondaggisti italiani. A bocce ferme, con gli animi raffreddati, cerchiamo di capire con Bergamaschi come leggere, dal punto di vista “tecnico” della comunicazione, i risultati delle presidenziali Usa.
Dottor Bergamaschi, nessuno aveva avvisato Rodham Clinton che l'usato sicuro in politica non funziona più da anni? Eppure Pierluigi Bersani su questo posizionamento aveva avuto grosse delusioni già alcuni anni fa. «Probabilmente il suo staff pensava che l'affidabilità, l'esperienza fossero elementi in grado di rassicurare l'elettore e di conquistarne il voto. Il che si è rivelato uno sbaglio. Occorre però ricordare che Hillary, con la sua lunga storia alle spalle, con la sua storica vicinanza ai centri di potere, non poteva certo presentarsi come “il nuovo”. Per certi versi si è trattato di una scelta obbligata».
Da sinistra: Lucio Bergamaschi, Antonio Buozzi, Edoardo Meazza, Giacomo Biraghi e Renato Mannheimer ( foto di Giuseppe Criseo)
Stupisce che oltre a Hillary, anche i media non avevano capito in che direzione andasse il vento e davano per scontata la sua vittoria. «In effetti, 250 giornali si erano schierati apertamente per Hillary. Solo sei hanno appoggiato Trump e, oltretutto, era testate outsider, non certo colossi consolidati dell'informazione. Probabilmente si è assistito a un fenomeno di autoreferenzialità. Oltretutto, come è accaduto per la Brexit, si è tenuto conto soprattutto degli umori delle grandi metropoli,. Insomma, i grandi giornali parlavano al loro pubblico, che effettivamente, ha votato in prevalenza per Hillary. Ma esiste anche un'altra America. Non si può poi nascondere come i giornali non vivano soltanto di vendite. L'establishment in qualche modo li ha condizionati a parteggiare per la Clinton. Testate autorevoli come il New York Times sono inserite indissolubilmente nel mondo di Wall Street, di cui respirano gli umori».
Forse i media non hanno capito che la tradizionale distinzione destra/sinistra ha perso senso. Hillary, che aveva votato le guerre di Bush ed era stata l'anima degli interventi militari di Obama, non poteva certo essere definita più pacifista di Trump che non ha mai dichiarato guerra a nessuno. Inoltre veniva vissuta come la candidata delle banche, dei veri padroni. Mentre Trump si è dimostrato più attento alle classi lavoratrici. «Non so se la distinzione destra/sinistra abbia effettivamente perso senso. Così come è difficile affermare che i ruoli si siano invertiti, con Hillary a rappresentare il tradizionale blocco sociale della destra e Trump quello della sinistra. Di certo la Clinton, forse condizionata dal suo appartenere e interagirsi con l'establishment ha trascurato il disagio delle classi medie e della working class, Nei confronti della quale Trump ha mostrato maggiore sensibilità».
Oltre a godere dell'appoggio dei media, Hillary ha potuto contare anche su ingenti investimenti pubblicitari. Che non hanno funzionato. «E' vero, si parla di un 1 miliardo di dollari di budget, che non sono stati sufficienti a convincere gli elettori. Probabilmente è mancata l'anima. Si è data troppo attenzione alla quantità e non ai contenuti e al modo con cui presentarli, Un punto che ci sta caro. Con Sema il nostro approccio è proprio quello di creare una comunicazione di qualità. A Hillary, invece, per restare nell'advertising, è mancato un Jacques Séguéla capace di inventarsi “La force tranquille”, l'indimenticabile slogan che ha contribuito non poco alla vittoria di Mitterand alle elezioni francesi del 1981».
Trump invece pare abbia puntato sulla meno costosa comunicazione via Internet. «Devo premettere che non è esatto dire che comunicare per Internet costi poco. Dipende dall'arco temporale in cui si vuole costruire la comunicazione e dagli altri obiettivi. Anche se, in effetti, costa meno dei media classici. Ma al di là dei costi, la comunicazione via internet va costruita su misura. E' un errore pensare di applicare gli stessi principi e metodi utilizzati nei media classici. E anche questa è un'area in cui la nostro struttura si è specializzata».