Operazione NEMESI: i Carabinieri Forestali contro il traffico di rifiuti

Operazione NEMESI: i contro il traffico di rifiuti eseguono misure cautelari e sequestri preventivi per traffico di rifiuti. Dalle prime ore di ieri (10/12/2017) il Gruppo Carabinieri Forestale di Rovigo sta dando esecuzione ad una Ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Venezia che prevede misure cautelari e sequestri preventivi nei confronti di soggetti coinvolti in attività organizzate di traffico di rifiuti. Le richieste sono state formulate dal...

Operazione NEMESI: i contro il traffico di rifiuti eseguono misure cautelari e sequestri preventivi per traffico di rifiuti.

Dalle prime ore di ieri (10/12/2017) il Gruppo Carabinieri Forestale di Rovigo sta dando esecuzione ad una Ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Venezia che prevede misure cautelari e sequestri preventivi nei confronti di soggetti coinvolti in attività organizzate di traffico di rifiuti. Le richieste sono state formulate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Venezia che ha coordinato le indagini. Destinatari della misura cautelare in carcere sono il padovano Gianni Pagnin, già rappresentante legale della ditta CO.IM.PO. Srl di Adria (RO), ed il polesano Mauro Luise amministratore di fatto della stessa società che da anni opera nel settore della gestione dei rifiuti e più specificatamente nei processi di recupero dei fanghi di depurazione in agricoltura. L'ordinanza ha disposto anche gli arresti domiciliari per altre quattro persone: Glenda Luise e Alessia Pagnin entrambe amministratrici di CO.IM.PO. Srl. figlie dei predetti, di Rossano Stocco rappresentante legale della ditta Agri.bio.fert. correttivi Srl, società costituita nel 2007 per la produzione di fertilizzanti all'interno del medesimo sito produttivo sede degli impianti di CO.IM.PO. srl, nonché di Mario Crepaldi dipendente della CO.IM.PO. Srl, di fatto il direttore/ factotum dell'impianto. Il GIP di Venezia ha, altresì, disposto il sequestro preventivo dello stabilimento CO.IM.PO. ubicato in loc. Ca’ Emo nel comune di Adria (RO) nonché di 280 ettari di terreni agricoli ubicati nei comuni di Adria e Pettorazza Grimani in provincia di Rovigo che venivano utilizzati per lo smaltimento di enormi quantità di questi fanghi che solo sulla carta avevano subito il processo di trattamento ai fini di un loro corretto recupero; disposto anche il sequestro di 9 mezzi di trasporto di proprietà della stessa CO.IM.PO. srl e di altri 57 mezzi agricoli di proprietà di undici imprese diverse ma tutti utilizzati per il trasporto illegale di questi rifiuti. Il valore dei beni sottoposti a sequestro viene stimato in circa 20 milioni di euro. La principale fattispecie delittuosa contestata è quella prevista dall’art. 260 del D.L.vo n. 152/2006, c.d. Testo Unico Ambientale ovvero la predisposizione di un’attività organizzata dedita al traffico illecito di rifiuti. L’indagine ha avuto inizio a seguito dell’incidente mortale occorso il 22 settembre 2014 nello stabilimento in cui, come detto, operavano sia COIMPO srl che Agri.Bio.Fert. Correttivi srl nel quale persero la vita tre dipendenti della stessa CO.IM.PO. Srl nonchè l'autista del mezzo di proprietà di una ditta esterna a causa delle esalazioni tossiche sprigionatesi durante le operazioni di scarico di acido solforico dall'automezzo alla vasca contenente i fanghi di depurazione. Subito dopo l'incidente, infatti, la Procura della Repubblica di Rovigo affidava le indagini al Comando Compagnia Carabinieri di Adria nonché, per gli aspetti relativi alla gestione dei rifiuti, al Comando Stazione del Corpo Forestale dello Stato di Adria. L’esame della copiosa documentazione che con massimo scrupolo era stata sottoposta a verifica dai Reparti di Adria e Rovigo dell’allora Corpo Forestale dello Stato – dal 1° gennaio di quest’anno assorbito nell’Arma dei Carabinieri in seguito alla riforma “Madia” – consentiva di evidenziare, con assoluta certezza, molti episodi di gestione illecita dei rifiuti che in quell'impianto venivano fatti pervenire. Emergeva, così, fra le tante irregolarità, la circostanza che nei quattro anni dal 2010 al 2014 si erano “volatilizzate” oltre 150.000 tonnellate di fanghi (pari a circa seimila camion di rifiuti); dalla documentazione esaminata era possibile appurare, infatti, senza possibilità di errore, che l'impiego in agricoltura di questi fanghi rappresentava solamente il 23% dei rifiuti che in precedenza erano stati accettati nell'impianto. L’analisi delle registrazioni effettuate dall'impianto di videosorveglianza della ditta e riferite ai ventotto giorni precedenti la data dell'incidente consentiva di accertare che il recupero dei rifiuti per la produzione del fertilizzante (meglio definito come correttivo calcico o gesso di defecazione) da parte della Agri.Bio.Fert. Correttivi Srl o nella stabilizzazione dei fanghi da destinare alla distribuzione su suoli agricoli da parte della CO.IM.PO. Srl, avveniva in totale dispregio delle procedure autorizzate. I rifiuti che giungevano in impianto, infatti, non venivano scaricati nelle preposte aree di stoccaggio per poi essere avviati alle lavorazioni bensì venivano riversati direttamente all’interno delle vasche destinate a contenere i fanghi già lavorati; da qui i fanghi venivano subito prelevati ed avviati allo spandimento sui terreni agricoli. In buona sostanza i rifiuti che entravano nell'impianto uscivano tal quali senza aver subito le operazioni di trattamento previste dalle norme di settore e dalle autorizzazioni emanate dalla Provincia di Rovigo. Sulla scorta di questi elementi il fascicolo, per quanto riguardava l'ipotesi di attività organizzata di traffico di rifiuti, veniva trasmesso, per competenza, alla Direzione Distrettuale Antimafia di Venezia che delegava l’allora Comando Provinciale del CFS di Rovigo allo svolgimento delle conseguenti indagini e approfondimenti il cui esito consentiva di confermare e meglio definire le condotte criminose poste in essere dal sodalizio che governava le vicende delle ditte COIMPO srl e Agri.Bio.Fert correttivi srl. La motivazione dei comportamenti illeciti si individua nell’ingiusto profitto (circa un milione di euro all’anno) che i proprietari delle due aziende ottenevano risparmiando sulle lavorazioni interne e riducendo al massimo i costi legati al trasporto dei fanghi fuori dall’impianto e quelli connessi alle lavorazioni dei terreni utilizzati per gli smaltimenti. Per ottenere il massimo vantaggio i fanghi venivano distribuiti sempre sugli stessi terreni limitrofi all’impianto e in quantità nettamente superiori al consentito; queste modalità irregolari venivano occultate grazie all’adozione di vari stratagemmi quali l’indicazione nei documenti di trasporto di pesi irrisori o l’utilizzo di un singolo documento per più viaggi. La distribuzione dei fanghi veniva spacciata, avvalendosi delle possibilità offerte dalle norme che regolamentano l’impiego dei fanghi in agricoltura e la produzione ed utilizzo di fertilizzanti, come apporto di sostanze nutritive e/o correttive di caratteristiche sfavorevoli (mai documentate) del terreno. Tra le molteplici condotte irregolari riscontrate le indagini hanno ricostruito anche lo smaltimento illecito di circa 1.200 tonnellate di rifiuti, spacciati per fertilizzante gesso di defecazione, sulla scorta di un responso analitico artefatto. Questo miscuglio di rifiuti, infatti, ad esito delle prime analisi ufficiali, denotava valori di mercurio superiori ai limiti fissati dalla specifica norma in materia di fertilizzanti al punto da non essere conforme e quindi non utilizzabile in agricoltura; solo dopo plurimi tentativi il sodalizio riusciva nell'operazione di predisporre un campione che, all'analisi, risultasse conforme ai parametri richiesti. I capi e promotori dell’attività organizzata sono risultati essere Pagnin Gianni e Luise Mauro il quale, pur essendo da alcuni anni residente in Romania e proprietario di un’azienda agricola di circa 500 ettari, era il soggetto che di volta in volta, coinvolto e sollecitato dal Pagnin Gianni o dal Crepaldi Mario e attraverso la partecipazione fattiva e consapevole della figlia Glenda, individuava e suggeriva le possibili soluzioni ai diversi problemi che nascevano nella gestione dell'impianto soprattutto dopo il mortale incidente. A conoscenza di tutte le trame vi era, comunque, anche la figlia di Gianni Pagnin, Alessia, amministratrice con specifiche deleghe, insieme a Glenda Luise, della COIMPO srl. Partecipe al sodalizio anche il legale rappresentante della ditta Agri.Bio.Fert. Correttivi Srl Stocco Rossano che si prestava a gestire l’azienda in funzione delle necessità della CO.IM.PO. Srl. in quanto lo scopo ultimo dell'impresa creata dal duo Pagnin-Luise e rappresentata dallo Stocco era, infatti, quello di contribuire ad eliminare sui terreni agricoli, come avvenuto con il Fondo Venelago e il Fondo Valnova, mascherati da fertilizzante, gli elevati quantitativi di fanghi/rifiuti introitati da CO.IM.PO. Srl. Ciò evidentemente avveniva in quanto il recupero dei rifiuti risulta ben più remunerativo rispetto alle coltivazioni agricole; la distribuzione dei fanghi sui suoli risultava, pertanto, prioritaria rispetto alle esigenze agronomiche e dunque venivano smaltite al suolo quantità eccessive di fanghi senza che vi fosse una effettiva necessità o possibilità di utilizzo delle sostanze nutritive da parte delle piante. I nutrienti azotati contenuti su tale tipologia di rifiuto erano infatti apportati in quantità nettamente superiori ai limiti fissati dal Codice di buona pratica agricola e dalle norme comunitarie, nazionali e regionali in tema di tutela delle acque dai nitrati di origine agricola. L’eccessiva distribuzione di tali sostanze reiterata nel tempo rappresenta probabilmente anche la causa della presenza nei terreni di sostante contaminanti, quali gli idrocarburi pesanti, i PCB e lo zinco. I terreni sottoposti a sequestro, ma non solo questi, sono stati oggetto di analisi nel corso dell’indagine ed il responso, in considerazione dell’elevato tenore di alcuni parametri indicati dal D.L.vo 152/2006, ne richiede l’ulteriore caratterizzazione e l'analisi del rischio. I trasportatori, perlopiù aziende agricole dedite al trasporto conto terzi, oltre che operare consapevolmente in difformità alle norme e alle regole della buona pratica agricola non risultavano iscritti all’Albo Nazionale Gestori Ambientali, obbligatoria per chi effettua il trasporto di rifiuti. La loro complicità nelle condotte illecite derivava dal fatto che gli stessi si prestavano ad effettuare i viaggi in assenza del prescritto formulario ovvero con carichi di molto superiori a quanto riportato nei documenti o anche, in taluni casi, a predisporre fatture riportanti prezzi e diciture di lavorazione non veritieri al fine di non far trasparire quella che era l’effettiva consistenza dei lavori prestati e le spropositate quantità di fanghi che venivano distribuite sui terreni. Rovigo 11 dicembre 2017 La Redazione