Gli auguri del direttore Bergamaschi 

Difficile fare un bilancio in poche righe di un anno così intenso come il 2016. Certamente la politica e le istituzioni hanno vissuto momenti di svolta: la vittoria di Trump, la sconfitta di Cameron e la conseguente uscita della Gran Bretagna dalla UE e più in piccolo la sconfitta di Renzi al referendum con le sue dimissioni da premier dopo quasi tre anni. Segnali che vanno tutti nella direzione della rottura tra popolo ed elites, della rivolta contro l’establishment che aveva già deciso a ta...

Difficile fare un bilancio in poche righe di un anno così intenso come il 2016. Certamente la politica e le istituzioni hanno vissuto momenti di svolta: la vittoria di Trump, la sconfitta di Cameron e la conseguente uscita della Gran Bretagna dalla UE e più in piccolo la sconfitta di Renzi al referendum con le sue dimissioni da premier dopo quasi tre anni. Segnali che vanno tutti nella direzione della rottura tra popolo ed elites, della rivolta contro l’establishment che aveva già deciso a tavolino certi risultati. E’ un segnale privo di positività in sé perché non indica con chiarezza una direzione nuova: per governare non bastano annunci ideologici. Vedremo alla prova Trump sperando faccia meglio di Virginia Raggi il cui calvario amministrativo è sotto gli occhi di tutti. Probabile che il 2017 sarà l’anno delle lezioni politiche in Italia, lo sarà certamente anche in Germania e Francia. Appuntamenti che potrebbero davvero spostare equilibri e forse svegliare dal torpore la grande assente dagli scenari internazionali, l’Europa. L’assenza dell’Europa si è fatta sentire clamorosamente in Medioriente dove è dovuta intervenire la Russia di Putin per dare una svolta decisiva alla situazione in Siria. L’accordo tra Russia, Turchia e Siria che sarà negoziato ad Astana con il beneplacito unanime del Consiglio di Sicurezza Onu (notizia di stasera) rappresenta una svolta epocale: è il primo dopo settant’anni che non vede protagonista gli Stati Uniti, suggello della fallimentare politica estera di Barak Obama. Il 2017 sarà probabilmente l’anno della sconfitta sul campo dell’isis che sta per perdere dopo Aleppo anche Mosul ma non della fine del terrorismo che si alimenta di isterie ideologiche radicate e di instabilità politiche del mondo arabo profonde che ci vorrà molto tempo a riequilibrare. Nel frattempo – vediamo anche le cose positive – l’irridentismo Palestinese sembra incanalato verso sbocchi politici, il ruolo di Hamas nella regione è sempre meno incisivo, il Libano si sono svolte libere elezioni e le componenti etniche hanno trovano un accordo, in Irak tra mille contraddizioni la stabilizzazione va avanti mentre in Afghanistan siamo ancora lontani da una soluzione. Stanotte nel tracciare i nostri personali bilanci cerchiamo di guardare alle presenze positive, di pace, di costruzione come quella di Papa Francesco e più oscuramente ma non meno utilmente quello delle tante persone appartenenti alle forze dell’ordine e a vari corpi dello stato che anche stanotte veglieranno sulla nostra sicurezza, sulla nostra salute, sulla nostra serenità. Sul pessimismo e sullo scoramento – come scriveva Chomsky – non si costruisce nulla. Un futuro di pace e prosperità parte solo da una nostra personale disposizione positiva. Auguri!