DUE PAROLE SUL PICCOLO CHARLIE

DUE PAROLE SUL PICCOLO CHARLIE:la discussione che si sta sviluppando sui media sta prendendo una piega erronea, e oltre che erronea tendenziosa.     Mentre la vicenda di Charlie sembra volgere tristemente al suo termine, si può tranquillamente affermare che la discussione che si sta sviluppando sui media sta prendendo una piega erronea, e oltre che erronea tendenziosa. Si legge cioè che, poiché l’atteggiamento dilatorio delle istituzioni inglesi (magi...

DUE PAROLE SUL PICCOLO CHARLIE:la discussione che si sta sviluppando sui media sta prendendo una piega erronea, e oltre che erronea tendenziosa.     Mentre la vicenda di Charlie sembra volgere tristemente al suo termine, si può tranquillamente affermare che la discussione che si sta sviluppando sui media sta prendendo una piega erronea, e oltre che erronea tendenziosa. Si legge cioè che, poiché l’atteggiamento dilatorio delle istituzioni inglesi (magistratura e ospedale) ha provocato un grave ritardo sul protocollo di cura sperimentale che sarebbe stato applicato negli Stati Uniti, quest’ultimo ora non potrebbe più avere efficacia. Avrebbe potuto averne, ma ora non più. Il successivo passaggio logico di questo ragionamento viziato nelle premesse è che, considerata l’impossibilità di intervenire efficacemente, tanto vale sospendere le cure. Manca però l’ultimo passaggio, che è quello decisivo: tra le cure da sospendere è compresa anche la nutrizione, cioè, per parlare in concreto, il cibo che sfama e l’acqua che disseta. Si tratta di un ragionamento che depista la verità e confonde le idee, e che merita di conseguenza alcune precisazioni. Il cuore del problema non è mai stato – ed è dolorosissimo ammetterlo – quello della guarigione di Charlie. Questa era, ed è, da tutti auspicata, per efficacia della terapia o per miracolo divino. Ma la vera questione è se lo stato – attraverso il sistema sanitario o la magistratura o altri organi e istituzioni – abbia il diritto di decidere quando porre termine alla vita di un cittadino, e per meglio dire di un essere umano, giudicandola inutile oppure eccessivamente onerosa, oppure inutile ed eccessivamente onerosa allo stesso tempo. E, nel caso di un soggetto malato come il piccolo Charlie, se abbia il diritto di porre termine alla sua vita in modo attivo e diretto, cioè non semplicemente sospendendo delle cure delle quali si è constatata l’inefficacia, ma sospendendo la stessa nutrizione, la quale non costituisce una cura, ma un’azione di naturale sostentamento dell’organismo, sano o malato che esso sia. Nelle scorse settimane abbiamo registrato commenti molto discutibili sul caso del piccolo Charlie. Commenti assai cauti, fin troppo cauti, pieni di distinguo e permeati della preoccupazione di non andare contro lo “spirito del tempo”, che è spirito di confronto e di mediazione. Spesso si è trattato di capolavori di bizantinismo, letti i quali neppure si comprendeva quale fosse l’intendimento degli autori. Commenti espressi anche da soggetti i quali – per l’alto ufficio che ricoprono – avrebbero dovuto mostrare maggior rispetto per il requisito della chiarezza (“Sia il vostro parlare sì sì, no no: tutto il resto viene dal maligno”). Ora, questa nuova strategia vuole mettere a posto tutto. Non è che siamo cattivi, essa ci dice, non è che siamo gli eredi della rupe Tarpea, non è che siamo assassini in camice o in toga, non è che vogliamo decidere noi chi ha diritto di vivere e chi no: se ci fosse stato il tempo, credete, il bambino lo avremmo curato. Ma, ahinoi, il tempo è mancato ...   Alfonso Indelicato   Consigliere comunale eletto a Saronno