Fiaccolata a Legnano per l’anniversario dell’esecuzione di Carlo Borsani

Il 29 aprile 1945, nel pomeriggio insieme a don Tullio Calcagno, direttore della rivista Crociata Italica, Carlo Borsani venne condotto nelle Scuole di Viale Romagna a Milano e da lì in Piazzale Susa dove fu ucciso da un gruppo partigiano comunista con un colpo alla nuca.

Il suo cadavere fu gettato su un carretto della spazzatura fatto poi girare per le vie dell’Ortica, Monluè e città studi.
Era nato a Legnano nel 1917 e rimase orfano giovanissimo per la morte in un incidente di lavoro del padre operaio della Franco Tosi.
Frequentò il liceo al Collegio Vescovile di Lodi e poi si iscrisse alla facoltà di Lettere dell'Università Statale di Milano.
Uscì con il grado di sottotenente dal Corso Allievi Ufficiali di Complemento a Salerno nel 1939 e mentre compiva il servizio di prima nomina l’Italia entrò in guerra.
Fu inviato in Grecia e nel marzo del 1941 fu colpito alle gambe da un proiettile di mitragliatrice e, mentre lo stavano trasportando verso le retrovie su una barella, una granata cadde vicino uccidendo tre barellieri e ferendo Carlo gravemente alla testa.
Anche lui fu creduto morto, ma mentre lo stavano seppellendo qualcuno si accorse che muoveva una mano e fu portato in un ospedale da campi dove fu operato.
Gli salvarono la vita, ma rimase completamente cieco.

In seguito a questo fatto fu decorato dapprima con la medaglia d’argento, successivamente trasformata in medaglia d’oro e dichiarato mutilato e grande invalido di guerra.
Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 aderì alla Repubblica Sociale Italiana,  ricoprendo l'incarico di presidente dell'Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra.
Nel gennaio del 1944 assunse il posto di direttore del quotidiano La Repubblica Fascista, una direzione affidatagli direttamente da Benito Mussolini.
Il 27 aprile del 1945 in seguito ad una soffiata fu rinchiuso nei sotterranei del
Palazzo di Giustizia fino alla sua uccisione.