Carlo Alberto dalla Chiesa ricordato anche dagli ipocriti che lo sacrificarono

« Mi mandano in una realtà come Palermo con gli stessi poteri del prefetto di Forlì, se è vero che esiste un potere, questo potere è solo quello dello Stato, delle sue istituzioni e delle sue leggi, non possiamo delegare questo potere né ai prevaricatori, né ai prepotenti, né ai disonesti. » Le parole di un uomo vero che, diciamo la verità, lo Stato in cui lui credeva e per cui lui si è battuto fino alla morte, non lo ha difeso fino in fondo. Un personaggio semplice ma deciso: alle ore 21:15 ...

« Mi mandano in una realtà come Palermo con gli stessi poteri del prefetto di Forlì, se è vero che esiste un potere, questo potere è solo quello dello Stato, delle sue istituzioni e delle sue leggi, non possiamo delegare questo potere né ai prevaricatori, né ai prepotenti, né ai disonesti. » Le parole di un uomo vero che, diciamo la verità, lo Stato in cui lui credeva e per cui lui si è battuto fino alla morte, non lo ha difeso fino in fondo. Un personaggio semplice ma deciso: alle ore 21:15 del 3 settembre 1982 la A112 sulla quale viaggiava il Prefetto, guidata dalla moglie Emanuela Setti Carraro, fu affiancata in via Isidoro Carini a Palermo da una BMW, dalla quale partirono alcune raffiche di Kalashnikov AK-47, che uccisero il Prefetto e la moglie. Colpito a morte morì l'unico uomo della scorta, Domenico Russo [caption id="attachment_48495" align="alignright" width="150"] Domenico Russo[/caption] Nella foto a destra per onorarne il ricordo. Stride il ricordo di quest'uomo su una a112 e un uomo solo di scorta, mentre oggi assistiamo a lunghe file di scorta quando si muove ad es. il Presidente della Repubblica o altre cariche istituzionali, segno di quanto siano cambiati i tempi e di quanto fossero soli gli eroi che ricordiamo. Lasciati soli dalle istituzioni, in un miscuglio di potere il più delle volte poco trasparente se non proprio connivente con i poteri economico-mafioso-politici del "sistema". Un "sistema" che ti ricorda dopo morte, come si capisce benissimo dalla sentenza di condanna per la sua uccisione: " Si può senz'altro convenire con chi sostiene che persistano ampie zone d'ombra, concernenti sia le modalità con le quali il generale è stato mandato in Sicilia a fronteggiare il fenomeno mafioso, sia la coesistenza di specifici interessi, all'interno delle stesse istituzioni, all'eliminazione del pericolo costituito dalla determinazione e dalla capacità del generale. Figlio di  Romano Dalla Chiesa, generale dei  carabinieri che aveva combattuto col famoso Generale Mori contro Cosa Nostra, entrò prima nell'esercito e poi passò ai Carabinieri. Partecipò alla Resistenza ed ebbe onorificenze pure per questo. Prese due lauree in Scienze Politiche ed ebbe come prof.Aldo Moro. Nel 1949 fu inviato in Sicilia a combattere il banditismo e le sue bande come Salvatore Giuliano. Comandò il Gruppo Squadriglie di  Corleone e svolse ruoli importanti e di grande delicatezza come quello di Capo di stato maggiore, meritando peraltro una  medaglia d'argento al valor militare. Dalla Sicilia, a Firenze, Roma, Milano e poi ancora in Sicilia col grado di Colonnello. Lo rimandavano in Sicilia quando la Mafia rialzava la testa e il suo intervento era decisivo. [caption id="attachment_48498" align="alignright" width="200"] Pietro Scaglione[/caption] [caption id="attachment_48497" align="alignleft" width="200"] Mauro De Mauro[/caption] Svolse le indagini più importanti, l'uccisione del giornalista Mauro De Mauro, sparito e mai più ritrovato. Collaborò con Boris Giuliano, indagò sull'omicidio del procuratore Pietro Scaglione Pretese che i boss fossero inviati alle isole di  LinosaAsinara e  Lampedusa non più nelle città del nord. Nel  1973 fu promosso al grado di  generale di brigata e nel  1974 divenne Comandante della Regione Militare di Nord-Ovest e indagò sulle Brigate Rosse, sul rapimento del  giudice genovese  Mario Sossi, e fece catturare  Renato Curcio e  Alberto Franceschini, esponenti di spicco e fondatori delle  Brigate Rosse. Ma i suoi metodi gli attirarono le critiche a sinistra e nel  1976 il Nucleo Antiterrorismo venne sciolto,  per le infiltrazione degli agenti tra i brigatisti e sulla tempistica dell'arresto di Curcio e Franceschini. ( questo dovrebbe fare riflettere). Nel 1978 Coordinatore delle Forze di Polizia e degli Agenti Informativi per la lotta contro il  terrorismo, con poteri speciali sempre criticato dall'estrema sinistra per l'"atto di repressione". Dopo l'uccisione di Aldo Moro ritrovò il suo famoso memoriale. Il 16 dicembre  1981 Dalla Chiesa venne promosso  Vice Comandante Generale dell'Arma, diventando quindi generale di corpo d'armata e fu rimandato a Palermo contro Cosa Nostra, lamentandosi:" Mi mandano in una realtà come Palermo, con gli stessi poteri del prefetto di Forlì", arrivando a due passi dal vero sodalizio economico-politico: « Oggi mi colpisce il policentrismo della Mafia, anche in  Sicilia, e questa è davvero una svolta storica. È finita la Mafia geograficamente definita della Sicilia occidentale. Oggi la Mafia è forte anche a  Catania, anzi da Catania viene alla conquista di Palermo. Con il consenso della Mafia palermitana, le  quattro maggiori imprese edili catanesi oggi lavorano a Palermo. Lei crede che potrebbero farlo se dietro non ci fosse una nuova mappa del potere mafioso? Le risposte del potere locale ci furono da parte dei   Cavalieri del Lavoro catanesi  Carmelo CostanzoMario RendoGaetano Graci e  Francesco Finocchiaro (i proprietari delle quattro maggiori imprese edili catanesi), che come fossero stati nominati Cavalieri del Lavoro è uno dei tanti misteri di cui non si discute. Fu ucciso barbaramente e Il 4 aprile 2017  Il Fatto Quotidiano riporta la rivelazione del collaboratore di giustizia Gioacchino Pennino secondo cui  Francesco Cosentino, vicino all'onorevole  Giulio Andreotti, sarebbe il mandante dell'omicidio del prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa. Tale notizia risale all'audizione in commissione antimafia del Procuratore Generale di Palermo  Roberto Scarpinato. Oggi ne onoriamo la memoria ma giustizia non è stata fatta nè ora nè mai lo sarà, nel suo come negli altri casi da Falcone a Borsellino, ecc. I servitori dello stato muoiono e il medesimo è colpevole e connivente, triste e amara realtà, al di là dei festeggiamenti ipocriti di facciata. Giuseppe Criseo Varese Press