Carlo Alberto dalla Chiesa ricordato anche dagli ipocriti che lo sacrificarono
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- 03 settembre 2017 Editore-Criseo Italia
« Mi mandano in una realtà come Palermo con gli stessi poteri del prefetto di Forlì, se è vero che esiste un potere, questo potere è solo quello dello Stato, delle sue istituzioni e delle sue leggi, non possiamo delegare questo potere né ai prevaricatori, né ai prepotenti, né ai disonesti. » Le parole di un uomo vero che, diciamo la verità, lo Stato in cui lui credeva e per cui lui si è battuto fino alla morte, non lo ha difeso fino in fondo. Un personaggio semplice ma deciso: alle ore 21:15 ...
« Mi mandano in una realtà come Palermo con gli stessi poteri del prefetto di Forlì, se è vero che esiste un potere, questo potere è solo quello dello Stato, delle sue istituzioni e delle sue leggi, non possiamo delegare questo potere né ai prevaricatori, né ai prepotenti, né ai disonesti. » Le parole di un uomo vero che, diciamo la verità, lo Stato in cui lui credeva e per cui lui si è battuto fino alla morte, non lo ha difeso fino in fondo. Un personaggio semplice ma deciso: alle ore 21:15 del 3 settembre 1982 la A112
sulla quale viaggiava il Prefetto, guidata dalla moglie Emanuela Setti Carraro, fu affiancata in via Isidoro Carini a Palermo da una BMW, dalla quale partirono alcune raffiche di Kalashnikov AK-47, che uccisero il Prefetto e la moglie. Colpito a morte morì l'unico uomo della scorta, Domenico Russo [caption id="attachment_48495" align="alignright" width="150"]
Domenico Russo[/caption] Nella foto a destra per onorarne il ricordo. Stride il ricordo di quest'uomo su una a112 e un uomo solo di scorta, mentre oggi assistiamo a lunghe file di scorta quando si muove ad es. il Presidente della Repubblica o altre cariche istituzionali, segno di quanto siano cambiati i tempi e di quanto fossero soli gli eroi che ricordiamo. Lasciati soli dalle istituzioni, in un miscuglio di potere il più delle volte poco trasparente se non proprio connivente con i poteri economico-mafioso-politici del "sistema". Un "sistema" che ti ricorda dopo morte, come si capisce benissimo dalla sentenza di condanna per la sua uccisione: "
Si può senz'altro convenire con chi sostiene che persistano ampie zone d'ombra, concernenti sia le modalità con le quali il generale è stato mandato in Sicilia a fronteggiare il fenomeno mafioso, sia la coesistenza di specifici interessi, all'interno delle stesse istituzioni, all'eliminazione del pericolo costituito dalla determinazione e dalla capacità del generale. Figlio di
Romano Dalla Chiesa, generale dei
carabinieri che aveva combattuto col famoso Generale Mori contro Cosa Nostra, entrò prima nell'esercito e poi passò ai Carabinieri. Partecipò alla Resistenza ed ebbe onorificenze pure per questo. Prese due lauree in Scienze Politiche ed ebbe come prof.Aldo Moro. Nel 1949 fu inviato in Sicilia a combattere il banditismo e le sue bande come Salvatore Giuliano. Comandò il Gruppo Squadriglie di
Corleone e svolse ruoli importanti e di grande delicatezza come quello di Capo di stato maggiore, meritando peraltro una
medaglia d'argento al valor militare. Dalla Sicilia, a Firenze, Roma, Milano e poi ancora in Sicilia col grado di Colonnello. Lo rimandavano in Sicilia quando la Mafia rialzava la testa e il suo intervento era decisivo. [caption id="attachment_48498" align="alignright" width="200"]
Pietro Scaglione[/caption] [caption id="attachment_48497" align="alignleft" width="200"]
Mauro De Mauro[/caption] Svolse le indagini più importanti, l'uccisione del giornalista Mauro De Mauro, sparito e mai più ritrovato. Collaborò con
Boris Giuliano, indagò sull'omicidio del procuratore Pietro Scaglione Pretese che i boss fossero inviati alle isole di
Linosa,
Asinara e
Lampedusa non più nelle città del nord. Nel
1973 fu promosso al grado di
generale di brigata e nel
1974 divenne Comandante della Regione Militare di Nord-Ovest e indagò sulle Brigate Rosse, sul rapimento del giudice genovese
Mario Sossi, e fece catturare
Renato Curcio e
Alberto Franceschini, esponenti di spicco e fondatori delle
Brigate Rosse. Ma i suoi metodi gli attirarono le critiche a sinistra e nel
1976 il Nucleo Antiterrorismo venne sciolto, per le infiltrazione degli agenti tra i brigatisti e sulla tempistica dell'arresto di Curcio e Franceschini. ( questo dovrebbe fare riflettere). Nel 1978 Coordinatore delle Forze di Polizia e degli Agenti Informativi per la lotta contro il
terrorismo, con poteri speciali sempre criticato dall'estrema sinistra per l'"atto di repressione". Dopo l'uccisione di Aldo Moro ritrovò il suo famoso memoriale. Il 16 dicembre
1981 Dalla Chiesa venne promosso
Vice Comandante Generale dell'Arma, diventando quindi generale di corpo d'armata e fu rimandato a Palermo contro Cosa Nostra, lamentandosi:"
Mi mandano in una realtà come Palermo, con gli stessi poteri del prefetto di Forlì", arrivando a due passi dal vero sodalizio economico-politico: « Oggi mi colpisce il policentrismo della Mafia, anche in
Sicilia, e questa è davvero una svolta storica. È finita la Mafia geograficamente definita della Sicilia occidentale. Oggi la Mafia è forte anche a
Catania, anzi da Catania viene alla conquista di Palermo. Con il consenso della Mafia palermitana, le
quattro maggiori imprese edili catanesi oggi lavorano a Palermo. Lei crede che potrebbero farlo se dietro non ci fosse una nuova mappa del potere mafioso? Le risposte del potere locale ci furono da parte dei
Cavalieri del Lavoro catanesi
Carmelo Costanzo,
Mario Rendo,
Gaetano Graci e
Francesco Finocchiaro (i proprietari delle quattro maggiori imprese edili catanesi), che come fossero stati nominati Cavalieri del Lavoro è uno dei tanti misteri di cui non si discute. Fu ucciso barbaramente e Il 4 aprile 2017
Il Fatto Quotidiano riporta la rivelazione del collaboratore di giustizia Gioacchino Pennino secondo cui
Francesco Cosentino, vicino all'onorevole
Giulio Andreotti, sarebbe il mandante dell'omicidio del prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa. Tale notizia risale all'audizione in commissione antimafia del Procuratore Generale di Palermo
Roberto Scarpinato. Oggi ne onoriamo la memoria ma giustizia non è stata fatta nè ora nè mai lo sarà, nel suo come negli altri casi da Falcone a Borsellino, ecc. I servitori dello stato muoiono e il medesimo è colpevole e connivente, triste e amara realtà, al di là dei festeggiamenti ipocriti di facciata. Giuseppe Criseo Varese Press