I poliziotti, carabinieri e polizia penitenziaria accusati di corruzione, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione se la cavano con la prescrizione del reato, mentre sono stati condannati i quattro gestori dei locali, un quinto è stato assolto.
I fatti risalgono al periodo che va dal 2003
al 2005 e come al solito la giustizia italiana è velocissima, la procedura dura
13 anni e la prescrizione per qualcuno arriva.
Le indagini portarono a ricostruire un giro di
sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione nel quale risultavano
coinvolte circa settanta donne provenienti prevalentemente da paesi dell’est
Europa e il
processo di
primo grado è iniziato nel 2011 (dal 2005 al 2111 sei anni per cominciare?) per
arrivare a conclusione dopo soltanto 13 anni.
Il sistema
scoperto dalle indagini varesine era quello standard, notoriamente in uso in
quasi tutti i locali italiani da quando hanno preso il posto delle case chiuse
legali dichiarate fuori legge dalla Senatrice Merlin.
L’attività
era esercitata prevalentemente da donne tra i venti e i quarant’anni, gestite
da impresari specializzati con il sistema della “quindicina” (regola
fondamentale dei vecchi bordelli: giro tra i locali con rotazione ogni 15
giorni per evitare la nascita di relazioni extraprofessionali con i clienti).
A fine
inchiesta furono una quindicina gli imputati tra i quali gli esponenti
delle forze dell’ordine, per i quali era stata ipotizzata
anche l’accusa di corruzione, ovviamente caduta in prescrizione dato il
protrarsi della procedura.
A pagare il conto alla
fine sono rimasti solo i gestori, imputati per favoreggiamento e sfruttamento
della prostituzione, per i quali la prescrizione non è scattata e sono stati
condannati a pene dai 3 anni ai 3 anni e 6 mesi (#coseitaliane).