Carceri, SAPPE smentisce Antigone: “Netto aumento di tentati suicidi, colluttazioni e ferimenti tra le sbarre. Numero stranieri in carcere sempre molto alto, regime penitenziario aperto e vigilanza dinamica concausa di questo picco di violenze. Omessi dati su permessi premio e area penale esterna”
Aumentano gli
episodi violenti all’interno delle carceri italiane: e con il regime
penitenziario ‘aperto’ e la vigilanza dinamica, ossia con controlli ridotti
della Polizia Penitenziaria, la situazione si è ulteriormente aggravata. E
questo è un dato oggettivo, nonostante le false rassicurazioni di Antigone (che
ha presentato oggi a Roma il suo rapporto sulle condizioni di detenzione nella
prima metà dell'anno).
La denuncia è
del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE. “La situazione si è
notevolmente aggravata rispetto agli anni precedenti, denuncia il
segretario generale SAPPE Donato Capece. “I numeri riferiti agli eventi
critici avvenuti tra le sbarre nel primo semestre del 2018 sono inquietanti:
5.157 atti di autolesionismo, 585 tentati suicidi, 3.545 colluttazioni, 571
ferimenti, 5 tentati omicidi. I decessi per cause naturali sono stati 46 ed i
suicidi 24. Le evasioni sono state 2 da istituto, 27 da permessi premio, 7 da
lavoro all’esterno, 7 da semilibertà, 17 da licenze concesse a internati. E la
cosa grave è che questi numeri si sono concretizzati proprio quando sempre più
carceri hanno introdotto la vigilanza dinamica ed il regime penitenziario
‘aperto’, ossia con i detenuti più ore al giorno liberi di girare per le
Sezioni detentive con controlli sporadici ed occasionali della Polizia
Penitenziaria”.
Per il SAPPE
“lasciare le celle aperte più di 8 ore al giorno senza far fare nulla ai
detenuti – lavorare, studiare, essere impegnati in una qualsiasi attività – è
controproducente perché lascia i detenuti nell’apatia: non riconoscerlo vuol
dire essere demagoghi ed ipocriti”. E la proposta è proprio quella di “sospendere
la vigilanza dinamica: sono infatti state smantellate le politiche di sicurezza
delle carceri preferendo una vigilanza dinamica e il regime penitenziario
aperto, con detenuti fuori dalle celle per almeno 8 ore al giorno con controlli
sporadici e occasionali, con detenuti di 25 anni che incomprensibilmente
continuano a stare ristretti in carceri minorili”.
“Non è vero
che sono stati concessi pochi permessi premio ai detenuti, come denunciaAntigone in maniera strumentale”, evidenzia ancora Capece.
“I permessi premio concessi nel 2017 sono stati 34.105, numero mai raggiunto
prima (nel 2015, per esempio, furono 29.224). E non è vero che i detenuti
stranieri sono calati: nel 2006 erano 13.152, nel 2014 erano 17.462, il 30
giugno 2018 erano 19.868, il 34% circa dei presenti. La maggior parte di loro
sono in carcere per i reati di spaccio di sostanze stupefacenti (il 38,5%), di
furto e rapina (23,2%), di lesioni personali volontarie, violenza, resistenza e
oltraggio a pubblico ufficiale. Anche sui numeri forniti da Antigone sulle
misure alternative i numeri sono altri: non i 28.621 citati ma ben 53.941 dei
dati ministeriali. Antigone infatti omette maliziosamente di citare i dati
riferiti ai beneficiari della messa alla prova (13.785), ai lavori di pubblica
utilità (7.499), alla libertà vigilata (3.843), alla libertà controllata (189)
e financo i 4 in semidetenzione”.
E il SAPPE
non perde occasione per “punzecchiare” il Rapporto di Antigone: “Ancora una
volta si trascura di citare un dato oggettivo: ossia che nelle carceri italiane
mancano Agenti di Polizia Penitenziaria, ridotti nel numero per effetto della
cervellottica riforma Madia, e se non accadono più tragedie più tragedie di
quel che già avvengono è solamente grazie agli eroici poliziotti penitenziari,
a cui va il nostro ringraziamento. Un esempio su tutti: negli ultimi 20 anni le
donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato,
nelle carceri del Paese, più di 19mila e 500 tentati suicidied
impedito che quasi 138mila atti di autolesionismopotessero avere
nefaste conseguenze. Dato, questo, ancora una volta omesso da Antigone e da chi
cura il loro Rapporto sulle carceri”.