COSTITUZIONALISMO ED ECONOMIA di Tommaso Edoardo Frosini

COSTITUZIONALISMO ED ECONOMIA di Tommaso Edoardo Frosini Società libera online COSTITUZIONALISMO ED ECONOMIA di Tommaso Edoardo Frosini * Mutuando un famoso brocardo – ubi societas ibi ius – si può dire, oggi più di ieri, che “dove c’è economia c’è diritto e dove c’è diritto c’è economia”. I due settori portanti dell’organizzazione di una società si sono venuti sempre più a intrecciare l’uno nell’altro. Salvo che, a seconda dei periodi storici, può essere il diritto a regolare l’economia ovve...

COSTITUZIONALISMO ED ECONOMIA di Tommaso Edoardo Frosini Società libera online COSTITUZIONALISMO ED ECONOMIA di Tommaso Edoardo Frosini * Mutuando un famoso brocardo – ubi societas ibi ius – si può dire, oggi più di ieri, che “dove c’è economia c’è diritto e dove c’è diritto c’è economia”. I due settori portanti dell’organizzazione di una società si sono venuti sempre più a intrecciare l’uno nell’altro. Salvo che, a seconda dei periodi storici, può essere il diritto a regolare l’economia ovvero l’economia a imporre le scelte giuridiche. E’ questo il tema dell’ordine giuridico del mercato, che dovrebbe corrispondere all’ordine economico: pertanto il mercato, come incontro di scelte, non dovrebbe essere concepibile senza il diritto, come incontro di pretese. Sullo sfondo vi è il non risolto interrogativo: il mercato, ovvero l’economia “materiale”, è governata da principi discrezionalmente imposti dal legislatore, oppure è quest’ultimo che deve finire con l’agire entro limiti derivanti dai principi posti dall’economia? Intorno a questa domanda si possono però sviluppare ragionamenti diversificati a seconda delle fonti. E quindi, la possibile tensione fra economia e diritto si può venire a manifestare attraverso i provvedimenti di natura legislativa che Parlamento e Governo pongono in essere. Attraverso i quali il legislatore anticipa scelte di indirizzo economico, ovvero si limita a recepire e normare quanto già prodotto dal mercato economico. Ci si deve elevare alla fonte della Costituzione per individuare gli spazi entro i quali la tensione fra legislazione ed economia può dilatarsi ovvero ridursi. E’ nella Costituzione, quindi, che vanno individuati i principi che regolano le scelte economiche di una comunità. E’ nella Costituzione, infatti, che si radica la forma di Stato attraverso la quale si determinano i rapporti tra individuo e autorità e si modella un sistema di interventismo più o meno ficcante dello Stato in economia. E’ nella Costituzione, ancora, che si sviluppano quell’insieme di principi fondamentali sui quali si basano, in un ordinamento giuridico, i particolari istituti giuridici che reggono i processi di produzione e distribuzione della ricchezza. E l’insieme di questi principi fondamentali si raccolgono intorno al nucleo della cd. “costituzione economica”. Certo, concetto non facilmente afferrabile quello di costituzione economica: dovrebbe esplicitarsi entro il perimetro delle norme costituzionali riservate ai rapporti economici, ma questi non sono affatto comprimibili perché si manifestano in più parti della normazione costituzionale. E oggi, come più avanti diremo, si declinano attraverso la normativa europea, a cominciare dai Trattati, al punto da ritenere superata la stessa regolamentazione costituzionale nazionale, ovvero modificata in punto di effettività. Dalle norme sulla costituzione economica ne discende, con un approccio interpretativo ampio, una significativa impronta della forma di Stato. E quindi lo Stato sociale-assistenziale si qualifica per un intervento statale di gestione dell’economia e di una spesa pubblica a favore dell’assistenzialismo e dei servizi sociali della cittadinanza. Lo stato liberale, viceversa, si manifesta per un tendenziale laissez faire nelle scelte di natura economica e per una limitazione dell’attività statale in favore dell’attività privata e dell’individualismo. Il principio costituzionale della sussidiarietà può significativamente orientare un certo sviluppo della forma di Stato, valorizzando l’intervento del privato nell’ambito dei servizi sociali e riducendo la presenza dello Stato nell’economia. Si tratta di un principio che funge da “grimaldello” per aprire ai privati laddove prima era del pubblico, con riferimento alla gestione di una serie di servizi sociali e attività economiche. Intesa nel senso di “orizzontale”, la sussidiarietà viene riferita al rapporto fra lo Stato e i cittadini, sia come singoli sia nelle formazioni sociali ove si svolge la personalità dell’uomo, con l’esplicito intento di lasciare più spazio possibile all’autonomia privata riducendo così all’essenziale l’intervento pubblico. La sussidiarietà nel diritto costituzionale riguarda la forma di Stato, quindi i rapporti fra individuo e autorità, ovvero fra governati e governanti, regolati vuoi nell’ambito della disciplina economica, con il riconoscimento di un maggiore margine di manovra all’iniziativa privata e, di conseguenza, con una riduzione di quella pubblica; vuoi nell’ambito della produzione degli atti normativi, non più segnati da una logica gerarchica, ma piuttosto da una struttura diversificata su base assiologica e valutativa; vuoi nel contesto dell’organizzazione “verticale” dello Stato, che viene a essere distribuito secondo maggiori forme di decentramento amministrativo a favore della periferia. Altra questione riguarda l’erompere dell’autorità amministrative indipendenti, quali regolatori di strategici settori del mercato, che ha finito per sottrarre all’indirizzo politico statale la gestione di rilevanti funzioni di impatto e ricaduta economica, quali la concorrenza, la comunicazione, la borsa, l’energia. Si pensi, soprattutto, alla concorrenza quale principio intorno al quale fare funzionare il mercato, ovvero garantire una sufficiente pressione competitiva che sia tale da assicurare alla collettività il massimo benessere perseguibile: per favorire quel processo dinamico di rivalità tra le imprese che sta alla base dell’efficace funzionamento dei mercati. Proveniente dagli Stati Uniti d’America, con lo Sherman Act del 1890, e affermatosi nel diritto comunitario, oggi la disciplina antitrust a tutela della concorrenza è presente in tutti i maggiori paesi industriali, e si è dovuta collocare negli interstizi della normativa costituzionale valorizzando oltremodo la formula della “libera iniziativa economica privata”. E comunque producendo una torsione a tendenza liberale nell’interpretazione della forma di Stato, ponendo il principio della concorrenza quale requisito indefettibile dell’ordine giuridico del mercato. * Presidente Comitato Scientifico Società Libera tratto da www.societalibera.org