Confermata la condanna a 10 anni per l’uomo sieropositivo che contagiò la moglie.

L’uomo che aveva tenuta nascosta alla moglie la sua sieropositività, l’avrebbe contagiata e la Terza Corte d’Appello di Milano conferma la condanna a 10 anni inflitta in primo grado dal Tribunale di Varese.

Mercoledì scorso il 47 enne F.C. ha reso le sue dichiarazioni spontanee davanti alla Corte d’Appello di Milano confermando la sua tesi difensiva in base alla quale la donna che era andata a vivere con lui a Malnate una decina di anni fa potrebbe essere stata contagiata da altri uomini.
L’uomo, pregiudicato e attualmente in carcere per altra causa, con un passato da tossicodipendente, una volta presa la parola, ne ha approfittato per ribadire la tesi difensiva che però è stata rigettata senza esitazioni dal collegio presieduto dal giudice Oscar Magi che ha deciso di confermare la sentenza di condanna emessa in primo grado dal Tribunale di Varese: 10 anni di reclusione.
Alla donna, che aveva sposato nel 2006, fu diagnosticata la sieropositività nel febbraio 2007, ma solo cinque anni più tardi scoprì tra le carte del coniuge due certificati medici risalenti al 2002 e 2005 che attestavano la patologia dell’Hiv del marito che non le aveva mai detto nulla.
Il giorno della scoperta, dopo una lite furibonda nel corso della quale lo rimproverò di non averla messa a conoscenza della malattia, di non aver adottato precauzioni e di averla tradita con altre donne, la donna troncò la relazione e denunciò il marito.
Lo scopo della donna, al momento della denuncia, era quello di dimostrare che dietro a quel reato non ci fosse altro che una condotta dolosa e volontaria dell’uomo.
La Corte d’Appello non ha avuto dubbi sulla sua responsabilità a titolo di dolo eventuale in ordine al reato di lesioni personali gravissime, aggravato dall’aver commesso il fatto contro il coniuge e, come aveva stabilito il Tribunale di Varese “per quanto pienamente consapevole di essere sieropositivo, non ebbe nessuna remora nel fare sesso non protetto con la moglie, senza avvertirla del pericolo e finendo così per trasmetterla la malattia”.
Alla donna è stato riconosciuto un anticipo sul risarcimento di 250mila euro.