‘Ndrangheta: esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 3 persone per omicidio e estorsione.
comunicato istituzionale
Nella mattinata odierna i Carabinieri del Comando Provinciale
di Reggio Calabria hanno
dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa dal
G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria, dott. Filippo Aragona, su
richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia diretta dal Procuratore della
Repubblica Giovanni Bombardieri, nei confronti di 3 persone, ritenute a vario titolo responsabili dei reati
di omicidio in concorso, estorsione, detenzione e porto illegale in luogo
pubblico di armi comuni da sparo, con l’aggravante di aver commesso i fatti con
modalità mafiose e per agevolare le attività della cosca di appartenenza.
I destinatari della misura sono:
1. FIORAMONTE Domenico, cl. ‘77 di Taurianova
(RC);
2. LAGANÀ COMANDÈ Giuseppe Domenico, cl. ‘98
di Polistena (RC);
3. SANTAITI Saverio Rocco, cl. ‘60 di
Seminara.
Il
provvedimento scaturisce dalle indagini – collegate al più ampio contesto
investigativo delineato dall’operazione “ARES” del 9 luglio scorso, che ha
evidenziato la preponderante influenza delle formazioni della ‘ndrangheta di Rosarno (RC) sulle
attività delittuose nella Piana e nei comuni pre-aspromontani – avviate dai
Carabinieri del Gruppo di Gioia Tauro e coordinate dal Procuratore Aggiunto Gaetano
Calogero Paci e dal Sostituto Procuratore Adriana Sciglio, a seguito
dell’omicidio commesso in danno di Gioffrè Fabio Giuseppe, esponente di vertice
dell’omonima cosca seminarese inquadrata nel mandamento tirrenico della ‘ndrangheta reggina.
Il 21 luglio
2018, in contrada Monte di Seminara, in un terreno di proprietà in cui svolgeva
l’attività di allevatore, il pregiudicato Gioffrè Fabio Giuseppe, detto
“Siberia” veniva ucciso a colpi d’arma da fuoco da due soggetti travisati.
Nell’agguato rimaneva ferito anche un minore bulgaro, attinto al torace ed al
braccio sinistro, e nella circostanza il capannone insistente sul fondo
agricolo veniva parzialmente danneggiato da un incendio, probabilmente
appiccato dagli stessi autori dell’omicidio.
Le indagini
immediatamente avviate – essenzialmente basate su acquisizioni di natura
tecnica e complicate dal contesto sociale e familiare della vittima,
particolarmente omertoso e ostile – hanno permesso di ricostruire la dinamica
dell’agguato e di accertare le responsabilità, quale esecutore materiale
dell’omicidio in concorso con un altro soggetto in via di compiuta
identificazione, di Fioramonte Domenico, titolare di un frantoio in Seminara, ritenuto
contiguo ai “GRASSO” di Rosarno (RC).
Le acquisizioni investigative
dei militari dell’Arma hanno consentito di inquadrare il grave episodio
delittuoso nell’ambito delle dinamiche estorsive poste in essere dai gruppi “LAGANÀ”
e “SANTAITI”, entrambi attivi nel territorio di Seminara e, a tratti, contrapposti
alla cosca “GIOFFRÈ”, di cui Gioffrè Fabio Giuseppe era un esponente di rilievo.
Nel corso degli
accertamenti svolti per l’operazione “Ares”, infatti, erano state captate una
serie di conversazioni ambientali dalle quali emergeva che nel maggio scorso i Fioramonte,
legati da vincoli di parentela con i “GRASSO”, si erano rivolti a Grasso Rosario
per cercare protezione dalle continue e pressanti pretese estorsive dei
“LAGANÀ” e dei “SANTAITI”, che stavano “strozzando” l’attività imprenditoriale
di famiglia: si tratta di due estorsioni compiutamente documentate in danno
dell’impresa familiare dei Fioramonte, reiterate in un ampio arco temporale, oggetto dell’odierno
provvedimento in relazione alle posizioni di LAGANÀ COMANDÈ Giuseppe Domenico e
SANTAITI Saverio Rocco.
In questo contesto aveva sin
da subito assunto rilievo la figura di Gioffré Fabio Giuseppe (la vittima
dell’omicidio), attivatosi autonomamente per portare davanti ai “GRASSO” (la
cui cosca non operava in Seminara ma si adoperava per i Fioramonte, considerati
vicini alla famiglia) i soggetti che avevano commesso estorsioni nei confronti
dei FIORAMONTE, ossia Laganà Comandé Giuseppe Domenico e Santaiti Saverio Rocco.
L’intervento dei “GRASSO” si rivelerà duplice, poiché consistito sia nel chiedere
a Laganà Comandé di non vessare più i Fioramonte, sia nello spronare questi
ultimi a reagire duramente nei confronti di ulteriori tentativi di estorsione,
potendo contare proprio sull’autorevole appoggio dei “GRASSO”.
Nei confronti dei “SANTAITI”,
che rifiuteranno di ridiscutere i termini dell’estorsione poiché ritenuti
frutto di accordi pregressi e ormai consolidati, i “GRASSO” valutavano di
interessare un altro gruppo criminale di spessore, i “BELLOCCO”, per convincere
i “SANTAITI” a desistere dalle pretese finora attuate.
Si tratta evidentemente
di un ambito particolarmente insidioso, in cui il Gioffré dimostrava in maniera
evidente una certa disinvoltura e una evidente credibilità, come attestato dai
colloqui con il capocosca Grasso Rosario e dall’iniziativa di portare davanti a
quest’ultimo Laganà e Santaiti. Il suo ruolo appare però molto delicato e
rischioso poiché, in labile equilibrio fra rapporti obliqui e opachi, risultavano
sin da subito concreti elementi che facevano intravedere un suo
personale interesse nella vicenda.
È risultato quindi
fisiologico che, nella famiglia Fioramonte, taluni riponessero fiducia nella
capacità di mediazione del Gioffrè, mentre altri apparivano infastiditi dall’intromissione
di quest’ultimo. Conferme nel senso delineato derivano anche da ulteriori acquisizioni,
successive all’omicidio, quali l’improvvisa interruzione dei rapporti
telefonici tra Fioramonte Domenico e il Gioffré, intensi fino all’11 luglio
precedente, e una lite fra i due avvenuta al frantoio dei FIORAMONTE la mattina
dell’omicidio.
La ricostruzione complessiva
del contesto in cui è maturato l’evento delittuoso evidenzia come l’omicidio di
Gioffrè costituisca la reazione sanguinaria della famiglia FIORAMONTE alle
reiterate richieste estorsive ricevute dai mafiosi di Seminara, perpetrata da
FIORAMONTE Domenico con l’evidente scopo di porre fine – con tale azione
eclatante, così dimostrando di possedere un’analoga capacità criminale – alle
reiterate ritorsioni subite dalla sua famiglia dai mafiosi seminaroti.
In fase
esecutiva, inoltre, i militari dell’Arma di Gioia Tauro hanno tratto in
arresto, al termine della perquisizione domiciliare, anche Fioramonte
Salvatore, cl. ’85, trovato in possesso di un revolver cal. 38 con matricola
abrasa, carico, occultato all’interno di un armadio del garage della propria
abitazione di San Ferdinando.
Reggio
Calabria, 21 settembre 2018