Esecuzione di provvedimento di fermo nei confronti di 4 imprenditori reggini.
sequestro preventivo di società per 50 milioni di euro
Gli interessi
della cosca Tegano che monopolizzano ( da cui prende il nome l’operazione
MONOPOLI), le attività reggine utilizzando
imprese “mafiose”, partendo dalle dichiarazioni di tre collaboratori di
giustizia. Si parla di un boss detenuto, Giovanni Tegano di Archi.
Seguono i dettagli dell'operazione come da comunicazione ufficiale in forma integrale.
Esecuzione di provvedimento di fermo
nei confronti di 4 imprenditori reggini,
ritenuti partecipi o contigui alle
cosche della ‘ndrangheta di Reggio Calabria
Nella
giornata odierna i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno
eseguito un provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura
della Repubblica di Reggio Calabria–Direzione Distrettuale Antimafia nei
confronti degli imprenditori reggini:
1. FICARA Carmelo, cl. 56;
2. GIORDANO Andrea Francesco, cl. 51;
3. SURACE Giuseppe, cl. 84;
4. SURACE Michele, cl. 57;
FICARA Carmelo ritenuto responsabile
di concorso esterno in associazione mafiosa e concorso in estorsione aggravata
dal metodo mafioso; GIORDANO Andrea Francesco e SURACE Michele dei reati di
associazione di tipo mafioso, esercizio abusivo dell’attività finanziaria e
trasferimento fraudolento di valori aggravato poiché commesso al fine di
agevolare l’attività dell’associazione mafiosa (quest’ultimo reato contestato
anche a SURACE Giuseppe).
Il
provvedimento costituisce l’esito di un’articolata attività investigativa,
avviata nel febbraio 2017 dai militari del Nucleo Investigativo di Reggio
Calabria sotto la direzione della locale Direzione Distrettuale Antimafia, tesa
a far luce su un sistema di cointeressenze criminali, coltivate dai citati
imprenditori che, sfruttando l’appoggio delle più temibili cosche cittadine (in particolare la cosca
“TEGANO”), sono riusciti ad accumulare, in modo del tutto illecito, enormi
profitti prontamente riciclati in fiorenti e diversificate attività
commerciali.
Le indagini confortano
il dato storico, oramai pacificamente acquisito, della commistione di interessi
tra mafia ed imprenditoria, che sovente si alimentano e rafforzano
vicendevolmente, in un connubio di formidabile capacità intrusiva nel tessuto
sociale ed economico. L’indagine odierna, convenzionalmente denominata
“Monopoli”, volge in questa direzione, portando alla luce ulteriori esempi di
imprese “mafiose” che hanno imposto al territorio un monopolio di fatto,
inquinando il libero mercato ed impedendo agli imprenditori sprovvisti di
sponsor mafiosi di competere in condizioni di parità.
Michele SURACE ed Andrea GIORDANO
L’avvio delle
investigazioni è costituito dalle concordanti dichiarazioni di tre
collaboratori di giustizia riguardo agli imprenditori reggini Michele SURACE e
Andrea GIORDANO, recentemente coinvolti anche nell’operazione “MARTINGALA” in
quanto indagati in concorso per auto-riciclaggio ed emissione di fatture per
operazioni inesistenti.
Le rivelazioni
dei collaboratori hanno delineato dettagliatamente i profili dei due soggetti,
affiliati di lunga data ai “TEGANO” di Archi ed in contatto, in particolare,
con il boss Giovanni TEGANO,
attualmente detenuto.
Gli
approfondimenti investigativi svolti dai Carabinieri hanno permesso di
ripercorrere le fortune del duo imprenditoriale SURACE-GIORDANO, che hanno
preso il via dall’edilizia residenziale: verso la fine degli anni ’90 realizzano
il complesso residenziale “MARY PARK”, fabbricato che ospiterà i locali
dell’unica sala bingo cittadina e numerose villette a schiera, in cui era stata
riservata la disponibilità di un appartamento a Giuseppe TEGANO, fratello del boss Giovanni TEGANO.
Tale
“vicinanza”, nel tempo, ha garantito ai due imprenditori un eccezionale
sviluppo economico: gli accertamenti esperiti hanno permesso di documentare il
reimpiego dei proventi illeciti della cosca in diversificate iniziative
imprenditoriali affidate a SURACE e GIORDANO, divenuti nel tempo un tassello
fondamentale del sistema di riciclaggio e reinvestimento dei proventi illeciti
della “famiglia”.
La
consapevolezza del proprio ruolo negli affari illeciti dei “TEGANO” e il timore
dei provvedimenti che la Procura reggina avrebbe potuto adottare sulla base
delle indagini scaturite dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia - già
noti all’opinione pubblica - ha indotto SURACE e GIORDANO ad avviare una serie
di manovre societarie funzionali a schermare la reale titolarità delle imprese
a loro riferibili, sottraendole ad eventuali aggressioni patrimoniali.
A partire dal
2016, pertanto, le imprese edili e immobiliari dei due assumeranno l’attuale
conformazione in:
-
“Essegi
Costruzioni s.r.l.” e “G.G.
Edilizia” (fittiziamente intestate ai figli di Andrea GIORDANO, Giorgio e
Giuseppe), di fatto gestite da Andrea GIORDANO;
-
“Construction
Italy s.r.l.” e “Coedil S.r.l.”
(fittiziamente intestate a Demetrio MODAFFERI, Giuseppe SURACE, Gaetano Hermann
MURDICA, rispettivamente cognato, figlio e genero di Michele SURACE) il cui dominus è Michele SURACE,
Il monitoraggio investigativo di
Andrea GIORDANO e Michele SURACE ha definitivamente comprovato come le quattro
società operassero sotto il loro diretto e continuo controllo. Gli indagati
sono stati infatti “immortalati” mentre gestivano personalmente le maestranze
sui cantieri edili e i dipendenti degli uffici commerciali, ordinavano
materiale presso i fornitori, accompagnavano i potenziali acquirenti nelle
visite agli immobili in vendita e tenevano tutti i rapporti con il
commercialista di fiducia, tutti ruoli assolutamente incoerenti con gli assetti
societari formali.
La sala bingo di Archi
Tra le
attività economiche paradigmatiche del rapporto fra SURACE-GIORDANO e i “TEGANO”
vi è la sala bingo di Archi, la cui proprietà è da ricondurre, in parti uguali,
a Giovanni TEGANO ed al binomio SURACE–GIORDANO, con una sostanziale
spartizione di utili tra appartenenti alla stessa organizzazione criminale.
Dopo
l’apertura della sala bingo - avviata nel 2001 ed allocata in un immobile del
complesso “MARY PARK” - nel 2008 è lo stesso Michele SURACE a trasferirne la
titolarità formale al cognato Bruno MANDICA, mantenendone comunque l’effettiva
disponibilità insieme al socio GIORDANO.
Anche in
questo caso ne forniscono evidenza definitiva le attività tecniche sviluppate
dal Nucleo Investigativo, che hanno ripreso i continui trasferimenti di denaro
contante che MANDICA preleva direttamente dalle casse del bingo e consegna nelle
mani dei SURACE e di GIORDANO. Nel corso delle indagini sono stati censiti
almeno 15 episodi, fra dazioni e “prelievi”, in grado di mettere in luce come il
lucroso esercizio pubblico – capace di fatturare oltre 10 milioni di euro
all’anno – costituisca vero e proprio “sportello
bancomat” a disposizione dei due soci occulti.
Il quadro
indiziario ha rivelato, inoltre, come la sala bingo di Archi, unica nel
territorio del capoluogo, operasse evidentemente in regime di monopolio
imprenditoriale, non certo in ragione di un fisiologico equilibrio fra domanda
e offerta nel settore del gioco, bensì in virtù di accordi stipulati dalla famiglia “TEGANO”, titolare
dell’iniziativa imprenditoriale, con le altre componenti della ‘ndrangheta cittadina. In tali
condizioni, la sala bingo di Archi non poteva che prosperare indisturbata per
quasi 20 anni, evidentemente grazie alla forza di intimidazione promanante dal
prestigio criminale dei TEGANO e dall’alterazione delle regole del libero
mercato da esse derivate.
Il progetto di apertura della seconda sala bingo nel quartiere
Gebbione
Un ulteriore riscontro che consente
di attribuire la sala bingo di Archi alla sfera di signoria di Michele SURACE
si trae dalle intercettazioni che documentano il progetto di apertura -
coltivato dallo stesso SURACE insieme a Carmelo FICARA (altro indagato su cui
ci si soffermerà a breve) - di una seconda sala dello stesso tipo nel
territorio reggino.
A partire dall’aprile 2017 SURACE,
forte dell’esperienza maturata in tale contesto imprenditoriale, si è attivato
per reperire i locali necessari a realizzare una nuova sala bingo nel quartiere
Gebbione di Reggio Calabria. In particolare, l’idea di Michele SURACE e del
figlio Giuseppe era quella di acquisire una sala già aperta nel comune di
Polistena, richiedendo successivamente l’autorizzazione all’A.D.M. a
trasferirla nel territorio reggino. Il progetto imprenditoriale non andrà in
porto per difficoltà di tipo burocratico. Appare tuttavia quanto mai
significativo il dato relativo al luogo in cui i due SURACE avevano in
programma di realizzare la nuova Sala Bingo, individuato - come s’è detto - nel
quartiere Gebbione di Reggio Calabria.
Dalle dichiarazioni di uno dei
collaboratori rientrate nell’indagine, relativamente ad un episodio occorso ad
altro imprenditore della Piana di Gioia Tauro con medesime mire imprenditoriali
ed indotto a desistere, si comprende come a Reggio Calabria sia preclusa
l’apertura di nuove sale in altre zone della città, in ragione della situazione
di monopolio della struttura di Archi imposto dai TEGANO. Tuttavia, in virtù di
accordi criminali vigenti tra le principali famiglie reggine, proprio il
quartiere Gebbione, notoriamente controllato dalla cosca LABATE e svincolato
dagli accordi fra le principali cosche del
capoluogo, poteva in astratto costituire l’unica area in cui realizzare
un’ulteriore sala.
Michele SURACE aveva già tentato nel
2014 (in combutta con la famiglia
MARTINO di Milano ed unitamente a familiari di Carmelo FICARA ed Andrea
GIORDANO) di estendere i suoi interessi nel settore, aprendo una sala bingo a
Cernusco sul Naviglio. Quella esperienza terminò con l’arresto e la condanna di
Michele SURACE: come infatti accertato nell’inchiesta “Rinnovamento” della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, questi
si era reso responsabile dell’incendio della struttura ricreativa al fine di
ottenere l’ingente indennizzo previsto dalla polizza assicurativa.
Autoriciclaggio e abusivo esercizio dell’attività finanziaria
Nel corso delle investigazioni è stata documentata,
altresì, l’attività di autoriciclaggio di parte della liquidità prelevata da
Michele SURACE presso la sala Bingo di Archi. Tali somme di denaro sono state
impiegate dallo stesso SURACE nell’ambito della gestione della società “Construction Italy s.r.l.”, come detto
in precedenza fittiziamente intestata
a Demetrio MODAFFERI.
Inoltre, le dichiarazioni
dei collaboratori di giustizia e i riscontri operati dai Carabinieri hanno
indicato Michele e Giuseppe SURACE quali soggetti che, presso le rispettive attività
commerciali, erano soliti concedere prestiti agli avventori. I destinatari
della linea di credito offerta da padre e figlio erano soprattutto i clienti
della sala bingo; allorquando costoro rimanevano sprovvisti di liquidità per
continuare a giocare, si rivolgevano a Michele SURACE. Dalla lettura congiunta degli elementi acquisiti si è ricavato con
certezza che i SURACE hanno posto in essere - in un contesto professionale e in
modo continuativo e non occasionale - condotte di finanziamento rivolte ad una
schiera di svariati avventori delle rispettive attività commerciali.
Carmelo FICARA
Con
riferimento alla famiglia “DE
STEFANO” di Archi, gli approfondimenti hanno interessato un terzo imprenditore
edile, Carmelo FICARA. Rispetto a SURACE e GIORDANO, assolutamente intranei al
sodalizio criminale di riferimento, FICARA può essere considerato l’uomo
d’affari a disposizione della
ndrangheta, rispetto alla quale diviene,
progressivamente, concorrente esterno.
Gli
accertamenti volti a ricostruire la sua intera storia imprenditoriale,
unitamente agli esiti delle attività tecniche, hanno permesso di ricostruire le
numerose cointeressenze imprenditoriali tra FICARA ed il binomio
GIORDANO-SURACE, nonché uno storico rapporto di amicizia esistente in
particolare tra FICARA e SURACE.
Il quadro
indiziario raccolto ha messo in risalto il ruolo che FICARA ebbe, nel 2010,
nell’ambito dei lavori di ristrutturazione del Museo Nazionale della Magna
Graecia di Reggio Calabria; si è accertato, infatti, che, in quella circostanza
la cosca “DE STEFANO” aveva imposto, tra l’altro, all’amministratore della
“Co.Bar. S.p.a.”, ditta a cui erano stati affidati i lavori in questione,
l’affitto un magazzino di proprietà del FICARA da adibire a deposito temporaneo
dei reperti archeologici. La vicenda dei lavori al museo cittadino era stata
già oggetto, in passato, dell’indagine “Il
principe” e in quella circostanza l’attenzione degli inquirenti fu
incentrata su una serie di estorsioni consumate dalla cosca DE STEFANO e sul ruolo di primissimo livello rivestito da
Giovanni DE STEFANO, figlio del defunto Giorgio DE STEFANO, reggente della
cosca.
L’odierna inchiesta ha ricostruito doviziosamente le
tappe della storia imprenditoriale di FICARA, il cui punto di partenza emerge
dalle risultanze giudiziarie del procedimento “Alta tensione”, definito con l’accertamento di attività estorsive
consumate in danno di imprenditori edili operanti nei quartieri reggini di
Modena e Ciccarello da parte delle cosche CARIDI-BORGHETTO-ZINDATO e delle
modalità d’infiltrazione occulta della ‘ndrangheta
in quel settore
imprenditoriale.
In quel
procedimento era emerso come tra gli imprenditori
vittime di estorsione vi fosse anche FICARA. Tuttavia
le indagini avevano anche accertato come l’imprenditore avesse già significativamente
diminuito la sua attività edilizia nei quartieri Modena e Ciccarello,
spostandole in quello di Archi e nelle zone limitrofe.
Gli accertamenti esperiti dal Nucleo Investigativo nell’ambito
di questo procedimento hanno acclarato gli esatti contorni entro i quali
Carmelo FICARA e i suoi familiari decisero di denunciare i fatti di cui erano
stati vittima. Il costruttore, infatti, a seguito di quegli accadimenti, aveva richiesto
l’intervento dei DE
STEFANO per appianare i suoi burrascosi rapporti con i BORGHETTO–ZINDATO del
quartiere Modena, e da tale iniziale protezione il rapporto è successivamente evoluto, fino a
consentirgli di assumere il ruolo di imprenditore di riferimento della potente
cosca; ed infatti, a decorrere dal 2007, Carmelo FICARA concentrava nel quartiere Archi
e zone limitrofe gran parte delle sue iniziative imprenditoriali, realizzando
numerosi, rilevanti complessi residenziali grazie alla protezione offerta dal
sodalizio.
Si
comprende, pertanto, come FICARA non appartenga a quella categoria di
imprenditori subordinati, assoggettati all’organizzazione criminale con
l’intimidazione, quanto piuttosto a quella degli imprenditori “collusi” in
grado di instaurare con il sodalizio mafioso un rapporto fondato su reciproci
vantaggi.
Il sequestro
Alla luce delle complessive
risultanze investigative è stato disposto il sequestro preventivo delle
seguenti società - con relativo patrimonio ammontante a circa 50 milioni di euro - riconducibili agli
odierni indagati:
1. MICHELE SURACE E BINGO s.r.l.
UNIPERSONALE, con sede a Roma;
2. CONSTRUCTION ITALY s.r.l., con sede a
Roma;
3. COEDIL s.r.l., con sede a Reggio
Calabria;
4. ESSEGI s.r.l., con sede a Roma;
5. Impresa Individuale G.G. EDILIZIA di
GIORDANO Giorgio, con sede a Reggio Calabria;
6. CARMELO FICARA s.r.l., con sede a Milano;
7. REGHION IMMOBILIARE s.r.l., con sede a
Reggio Calabria;
8. BUY HOUSE S.r.l., con sede a Reggio
Calabria;
9. COPACABANA VILLAGE CALABRIA S.R.L., con
sede legale a Reggio;
10. Impresa individuale FICARA CARMELO con sede
a Messina;
11. SERENA S.r.l. con sede a Reggio Calabria;
12. G.I.F. S.R.L., con sede a Roma;
13. PROGETTIDEA S.r.l., con sede a Reggio
Calabria;
14. IMMOBILIARE GE.SU.FI. S.r.l., con sede a
Milano;
15. Impresa individuale DI LOLLO Orsola, con
sede a Reggio Calabria;
16. Impresa Individuale SURACE Giuseppe, con
sede a Reggio Calabria.
Inoltre, è
stato sequestrato parte del patrimonio personale di Carmelo FICARA consistente
in 120 unità immobiliari e 21 terreni.
Reggio
Calabria, 9 aprile 2018.
IL PROCURATORE DELLA REPUBBLICA VICARIO
Calogero Gaetano Paci