I saldi di fine stagione cominciano male anche a Busto

I saldi di fine stagione cominciano male anche a Busto e si cercano i motivi dell'insuccesso di una modalità che, di anno in anno, perde attrattività. Venerdì di magro per i negozianti bustocchi che venerdì hanno iniziato i “saldi di fine stagione” senza particolare successo anche se sembrano lontani i tempi in cui i commercianti rispolveravano, con la scusa dei saldi, gli avanzi di magazzino e ormai si vedono soprattutto abiti dell’ultima stagione e in varie taglie, compresi...

I saldi di fine stagione cominciano male anche a Busto e si cercano i motivi dell'insuccesso di una modalità che, di anno in anno, perde attrattività.

Venerdì di magro per i negozianti bustocchi che venerdì hanno iniziato i “saldi di fine stagione” senza particolare successo anche se sembrano lontani i tempi in cui i commercianti rispolveravano, con la scusa dei saldi, gli avanzi di magazzino e ormai si vedono soprattutto abiti dell’ultima stagione e in varie taglie, compresi quelli un po’ natalizi e da Capodanno che saranno difficili da piazzare nelle prossime settimane. Si apre così la trista gara per trovare una ragione (se c’è una ragione): sarà stato a causa del Black Friday? la tre giorni di deprezzamenti che ha caratterizzato la stagione autunnale, sarà stato colpa del tempo non particolarmente bello? sarà stato che molti sono ancora in ferie? Pentimenti e rimorsi, scuse giustificazioni: resta il fatto che i saldi non sono più quelli di una volta come anche non ci sono più le mezze stagioni e si stava meglio quando si stava peggio…. Forse però una ragione c’è, dura da digerire, ed è che le cose cambiano, i meccanismi cambiano e il commercio sta assumendo forme e ritmi diversi da quelli a cui eravamo abituati e la gente normale (non quella delle statistiche trilussiane dell’ISTAT) ha meno soldi in tasca e tante necessità (indotte) in più da soddisfare e resta pochissimo lo spazio per gli acquisti tradizionali. In un mercato aperto alle grandi catene transnazionali ed ai colossi della rete, il meccanismo del negozio tradizionale con i suoli lacci e lacciuoli, gli altissimi costi di gestione, e la mentalità obsoleta di piccole e micro realtà che vivono di ricordi e cercano aiuti è perdente senza speranze. Le amministrazioni comunali potrebbero inventarsi incentivazioni di vario tipo, con parcheggi gratuiti o eventi per attrarre pubblico o qualunque altra magia, ma le cose sono cambiate e i tempi andati non tornano più. [caption id="attachment_59498" align="alignnone" width="640"] a volte i mestieri finiscono[/caption] D’altra parte nel 1769 quando la prima autovettura con motore a scoppio si mosse sulla strada ad una velocità di circa 10 chilometri orari, un maniscalco appoggiato alla porta della sua bottega ridacchiando con l’amico della stazione di posta che era andato a trovarlo commentava: "ma dove credono di andare con questi mostri meccanici, se vogliono spostarsi non potranno mai fare a meno del cavallo e quindi delle tue diligenze e dei miei ferri fatti a mano" La storia purtroppo non insegna più nulla, perché, se è doloroso accettare la fine delle cose a cui siamo abituati, è pur vero che la loro fine è la premessa obbligatoria per le grandi rivoluzioni. Il maniscalco non avrebbe mai potuto accettare e tantomeno immaginare che la fine del suo millenario mestiere avrebbe portato, solo qualche anno dopo, allo smartphone o ai viaggi di Paolo Nespoli intorno alla terra. Facciamocene una ragione. Busto Arsizio 07 gennaio 2018 Fabrizio Sbardella