Martina Centomo si racconta e invita i ragazzi a credere nei loro sogni

Martina Centomo si racconta. Oggi abbiamo il piacere di intervistare Martina Centomo una ragazza solare, semplice nella sua genuinità nostrana, ma nel frattempo intraprendente e determinata. La ringraziamo anticipatamente per la disponibilità e per essersi raccontata in una maniera semplice che potrebbe essere sicuramente un piccolo esempio per gli studenti. Martina ha mosso i suoi primi passi nel mondo scolastico partendo dall’Asilo infantile scuola materna di Fagnano Olona,...

Martina Centomo si racconta. Oggi abbiamo il piacere di intervistare Martina Centomo una ragazza solare, semplice nella sua genuinità nostrana, ma nel frattempo intraprendente e determinata. La ringraziamo anticipatamente per la disponibilità e per essersi raccontata in una maniera semplice che potrebbe essere sicuramente un piccolo esempio per gli studenti. Martina ha mosso i suoi primi passi nel mondo scolastico partendo dall’Asilo infantile scuola materna di Fagnano Olona, poi la scuola elementare Salvatore Orrù e il passaggio alla scuola media Enrico Fermi. Com’è stata la tua prima scelta per continuare gli studi? Sulle orme di mia sorella e notando una certa predisposizione per le lingue, ho deciso di frequentare l’Istituto Tecnico Eugenio Montale di Tradate, che, in realtà, in seguito alla nuova riforma applicata durante il mio primo anno, le lezioni si sono concentrate particolarmente sull’economia. Oltre allo studio hai anche uno sport a dir poco “amato” dato che è stata la tua passione per tanti anni? Si io amo il ciclismo e l’ho praticato dal 2003 al 2015. Praticando all’epoca ancora ciclismo, dopo la scuola superiore avevo solo intenzione di continuare la mia carriera ciclistica, ma non sapevo che le cose sarebbero andate diversamente, perciò al quinto anno non avevo ancora pensato ad una possibile università da frequentare. Dopo l’incidente durante una gara, sono stata costretta a smettere e ho dovuto ricominciare a ricostruire una nuova identità e pormi nuovi obiettivi e sogni da raggiungere. Sei stata brava a superare un momento non certo facile.. Dopo un anno dalla fine della Scuola Superiore e avendo nel frattempo lavorato, ho deciso di iscrivermi al corso di laura in Scienze della Mediazione Interlinguistica e Interculturale presso l’Università degli Studi dell’Insubria di Como. Attualmente sono al secondo anno e sono reduce di un’esperienza all’Estero, in Svezia. Le lingue, oltre al ciclismo ti sono rimaste “dentro” e ti hanno condizionato nella scelta. L’anno scorso mi sono candidata per l’Erasmus e come prima scelta, ammetto di aver messo in realtà la Germania, perché il mio obiettivo era quello di migliorare il tedesco, essendo la mia prima lingua scelta in Università. La Svezia era la mia seconda scelta, perché ho sempre ammirato e un po’ sognato dall’esterno il modo di vivere scandinavo, il sentimento ambientalista e la cura del proprio Paese, le tradizioni, la mentalità aperta e naturalmente i paesaggi mozzafiato che vedevo sui social networks. Ovviamente è stata, a parer mio, la scelta più giusta che potessi fare: l’Università in cui ho studiato per cinque mesi, l’Högskolan Dalarna, a Falun, al centro della Svezia, era fantastica. Come ti sei trovata in questo nuovo mondo? Al di là delle lezioni molto organizzate e ben svolte, il personale dell’Università e i miei compagni, sia svedesi che non, sono stati disponibili e utili a rendere la mia esperienza all’estero davvero unica. Hai trovato qualche differenza sostanziale nel modo di studiare? Si certo, in Svezia frequentavo lezioni prettamente la mattina e durante il pomeriggio fino mediamente alle 18 studiavo, cosa che qui in Italia, avendo lezioni dal mattino alla sera non posso permettermi di fare. Potrei dedurre il motivo: in Svezia sicuramente non hanno tutte le vacanze che noi abbiamo. Per esempio, ho notato le vacanze natalizie non esistono, e quindi sono comunque ore di lezione che noi perdiamo. Ogni lezione a cui ho partecipavo durava un’ora e mezza e, al termine, vi è sempre una pausa. Inoltre i professori sono molto attenti all’apprendimento dello studente: preparano lezioni, seminari ed esami molto professionalmente e fanno di tutto affinché tu apprenda più cose possibili. Tutto un altro modo di porsi e di organizzazione scolastica quindi? I professori sono molto attenti agli studenti e i seminari, ovvero dibattiti, interrogazioni in cui ognuno risponde alle domande del docente durante una sorta di chiacchierata molto “easy”, sono molto frequenti in qualsiasi corso. Non esiste né la sessione invernale, né quella estiva e perciò si ricava dell’altro tempo che noi italiani perdiamo: gli studenti per esempio di Infermieristica, frequentando il corso di anatomia per circa un mese, al termine di questo hanno una settimana, massimo due per ripassare e successivamente sostengono l’esame. Questo perché è sottinteso che lo studente studi durante la settimana, dopo le lezioni. Da come la racconti è stata un’esperienza che ti ha arricchito molto Ho conosciuto nuove culture, dall’Asia all’America e da ognuna di queste sento di aver assorbito alcune piccole cose, e penso che questo sia meraviglioso. Se pensate che gli svedesi siano persone chiuse, diffidenti o fredde, vi sorprenderò dicendo che sono esattamente il contrario. Sono molto ospitali e disponibili per qualsiasi cosa. Le prime volte che mi perdevo per strada o in mezzo al bosco, avevo sempre qualche persona che mi accompagnava a casa, conoscendo il quartiere in cui abitavano la maggior parte degli studenti. La cosa che un italiano forse non si aspetta o che considera troppo “avanzata” o “impossibile”, è che tutti, giovani o meno che siano, sappiano l’inglese come se fosse la loro lingua madre: per loro (e non solo), è scontato che una persona lo sappia. Io ora ho comunque una base di svedese, ma parlare in inglese è completamente normale e a loro non disturba affatto. Eri a tuo agio anche a livello di rapporti interpersonali? Gli svedesi amano stare all’aria aperta e persino i bambini all’asilo, che ci sia pioggia o neve, vengono temprati per stare all’aperto; amano però stare anche in casa, soprattutto d’inverno, ed organizzare una “fika”, ossia il momento in cui ci si incontra per una merenda e ci si racconta la giornata: questo momento per loro è molto particolare e ottimo per stare in compagnia. Ad ora che sono tornata, la Svezia mi manca molto e a breve ci ritornerò. Ho già preso i biglietti e credo proprio che lo farò ancora molte altre volte. Ho ormai una seconda casa là. Non solo la ripeteresti ma è un’esperienza che consigli a tutti? Non posso che consigliare un’esperienza del genere, per chi studia o meno lingue: buttatevi e fatela! Viaggiate e siate curiosi! Ogni cultura con cui si viene a contatto ha sempre qualcosa da cui prendere spunto e sicuramente avendo nel proprio bagaglio un’esperienza all’estero aiuta a crescere, a capire più se stessi, a essere indipendenti e a schiarire le bozze di idee che si hanno riguardo al proprio futuro.   Fausto Bossi