Popolo della Famiglia, De Carli difende i veri valori dei cattolici

Mirko De Carli, uno dei leader del nuovo partito assieme a Mario Adinolfi e Gianfranco Amato. De Carli nell'intervista sopra che invitiamo a sentire nella sua interezza, dimostra grande fermezza, oratoria e convinzione nella difesa dei valori cattolici, senza sè nè ma, a differenza di altri "moderati". Si discute del referendum ma anche delle polemiche locali sulle benedizioni nelle scuole. Fa piacere sentire che ci sono ancora giovani impegnati e preparati che non hanno remore nell'esporre (...

Mirko De Carli, uno dei leader del nuovo partito assieme a Mario Adinolfi e Gianfranco Amato. De Carli nell'intervista sopra che invitiamo a sentire nella sua interezza, dimostra grande fermezza, oratoria e convinzione nella difesa dei valori cattolici, senza sè nè ma, a differenza di altri "moderati". Si discute del referendum ma anche delle polemiche locali sulle benedizioni nelle scuole. Fa piacere sentire che ci sono ancora giovani impegnati e preparati che non hanno remore nell'esporre ( in maniera colta non come certi rappresentanti che non si sa da dove arrivano) le loro idee. Giuseppe Criseo Varese Press p.s. per chi volesse approfondire segue un articolo prelevato dal sito del loro partito http://popolodellafamiglia.altervista.org/ Otto impegni per un autunno caldo Scritto il settembre 1, 2016 by popolodellafamiglia di Mario Adinolfi, da La Croce del 1 settembre 2016 L’offensiva conclusasi il 5 giugno 2016 con l’entrata in vigore della legge sulle unioni civili omosessuali da qualcuno è stata vissuta con sollievo perché ha ritenuto che venisse a chiudersi così una pagina spinosa di conflitto che metteva in imbarazzo la Chiesa e i cattolici impegnati. In realtà non si è chiuso alcunché, si è invece aperta una stagione molto complessa dove quella piccola vittoria ha reso immaginabile ad un fronte solitamente ridimensionabile l’idea di poterne centrare altre. Immediatamente infatti è stata posta alla Camera la questione della droga libera, la Lega propone di liberalizzare anche la prostituzione e trova ascolto nel centrosinistra, nelle commissioni si discute di eutanasia, dal divorzio breve c’è chi vagheggia di passare al divorzio lampo visto che proprio le unioni civili gay si dissolvono con un battito di ciglia e non comportano neanche obblighi di fedeltà, attraverso Nichi Vendola si è introdotta l’epica e l’etica dell’utero in affitto e l’assalto politico-mediatico su quelli che insistiamo a definire principi non negoziabili non era mai stato così intenso e comprende anche i nostri bambini, visto che la prima frontiera su cui sta per abbattersi la violenza del genderismo è quella che riguarderà le nostre scuole con i corsi “anti-bullismo e anti-discriminazione” che vengono affidati ad associazioni e docenti affiliati alla lobby Lgbt. Di questo quadro quanti sono consapevoli? L’autunno che si apre sarà caldo, molto caldo. Alcuni ritengono che la frontiera da presidiare sia quella istituzionale e hanno deciso di mettere tutte le energie affiancandosi a D’Alema e Rodotà nel no al referendum costituzionale con la finalità di “mandare a casa Renzi”. Certamente al referendum bisogna votare no per ragioni già indicate, ma il territorio della battaglia autunnale prevede almeno otto fronti che devono diventare otto impegni operativi per chi è schierato a sostegno della famiglia naturale, della vita, dei diritti dei più deboli a partire dai bambini. Elenco sinteticamente. 1. DEMOGRAFIA E DIRITTO ALLA VITA. I dati demografici del 2015 sono noti, meno di mezzo milione di nati, 660mila morti. Tra i nati meno di quattrocentomila sono italiani, quasi centomila stranieri. Gli immigrati rappresentano il 7% della popolazione ma fanno più del 20% dei neonati. Il tasso di natalità di 1.3 figli per donna è drammaticamente insufficiente e senza gli stranieri sarebbe ancora più basso. In compenso anche nel 2015 non sono mancati 105mila bambini abortiti. Siamo andati a scandagliare le possibili anticipazioni dell’Istat sulla natalità nel 2016: ebbene, avremo un record ancora più negativo rispetto al 2015, con almeno tredicimila neonati in meno e i morti sempre a ridosso di quota 600mila. Stabili i centomila e più aborti. Questi numeri sono terrificanti e poiché la demografia è una scienza esatta con questi numeri la società italiana per come la immaginiamo, i suoi livelli di welfare, le cose che diamo per garantite (un pronto soccorso dove gratuitamente ci curano, sussidi di disoccupazione e casse integrazione guadagni, la scuola pubblica gratis per i figli, la pensione quando saremo vecchi) nel rapidissimo giro di due decenni spariranno, saranno economicamente insostenibili. Sei milioni di aborti in meno di quarant’anni hanno devastato l’Italia, mancano le braccia che avrebbero tenuto dritta la baracca. Il paese europeo con il tasso di natalità più alto è quello in cui l’aborto è fortemente limitato, l’Irlanda. Chi passeggia per le vie di Dublino incontra una società giovane. L’Italia è un paese demograficamente moribondo e sotto attacco. 2. L’INVASIONE ISLAMICA. Il fenomeno migratorio è un dato globale e l’Italia sa mettere in campo ben poco per regolarlo decentemente. Il frutto avvelenato di questa insipienza è nell’ingresso di numeri massicci di fedeli musulmani, ormai vicini ai due milioni, provenienti prevalentemente da sei paesi: Pakistan, Marocco, Bagladesh, Tunisia, Egitto, Nigeria. Nessuno di questi paesi è in guerra e dunque nessun musulmano proveniente da questi paesi sarebbe qualificabile come richiedente asilo. Ma sono quasi due milioni di persone. L’Islam è già adesso ampiamente la religione più praticata in Italia dopo il cattolicesimo. Poiché peraltro l’Islam non rinuncia al proselitismo, ottantamila italiani si sono convertiti e sono diventati musulmani. I flussi migratori in aumento parlano di centinaia di migliaia di arrivi anche quest’anno, di persone prevalentemente di religione islamica. Sommiamo i dati demografici citati al punto uno. Aggiungiamo l’accrescersi immaginabile del proselitismo e la scelta dei cattolici di arretrare da quel terreno, ecco lo scenario probabile: anche qui in due decenni l’Italia diventerà un paese a maggioranza musulmana, almeno tra i praticanti delle varie religioni. Non tocco la questione terrorismo perché è un’emergenza diversa: la stragrande maggioranza dei musulmani vuole vivere in pace. Certamente però più grandi saranno i numeri più ampia sarà la fascia di potenziali aderenti all’Islam radicale e al Jihad, quando non di veri e propri militanti dell’Isis. 3. LA DROGA LIBERA. Il 15 settembre appena ripresi i lavori a Montecitorio si vuole portare nella fase operativa l’analisi del ddl sulla regolamentazione delle droghe leggere. Non proprio una priorità del paese, ma si sa che questa classe dirigente davanti ad un economia che stagna, a tassi di disoccupazione terrificanti, a un debito pubblico che ogni anno segna un nuovo record, ritiene che le priorità siano il divorzio breve, il paramatrimonio omosessuale e la possibilità di coltivarsi in casa le piantine di marijuana o di acquistare le dosi preconfezionate dal tabaccaio. Quando si dice, il conflitto d’interessi. La legge sulla cannabis sarà violentemente sostenuta dal punto di vista mediatico e poiché anche nel mondo giornalistico il consumo di sostanze stupefacenti è pratica che riguarda percentuali bulgare, sarà inutile tentare di arginare questa ondata di cretineria cannarola con i dati scientifici sui danni neurologici irreversibili che le droghe cosiddette leggere sanno infliggere sui cervelli degli under 21. I numeri in Parlamento però consentono una decente resistenza e Renzi forse sarà stanco di dare sempre ragione all’ala dei suoi pasdaran che lo sta portando al disastro, capitanata da quel Roberto Giachetti le cui capacità di costruire consenso il premier ha forse misurato vedendolo perdere di quaranta punti al ballottaggio con Virginia Raggi. Anche su questo occorrerà lavorare per fermare questa delirante legge. 4. IL RITORNO ALLE CASE CHIUSE. L’idea circola pericolosamente nella Lega che voleva addirittura proporre un referendum in materia, Matteo Salvini si è fatto irretire da un trans che vantava passioni leghiate come Efe Bal, salvo poi doverlo allontanare perché oggettivamente era fonte di imbarazzo. Ma, insomma, l’offensiva sulla regolamentazione della prostituzione è il lato “di destra” dell’idea di Stato spacciatore che hanno i promotori della legge sulla canna libera. Di qui si punta allo Stato pappone. Ovviamente l’idea leghista ha i suoi appassionati anche nell’area del centrosinistra e in questi giorni a Bolzano il sindaco appunto proveniente da quest’area è tornato a proporre il tema, contrastato vigorosamente solo dal rappresentante del Popolo della Famiglia, la nostra coraggiosa Giovanna Arminio. Le donne schiave del racket della prostituzione vanno liberate, i clienti vanno fragorosamente ancorché amministrativamente puniti, la lezione che vale è quella di don Oreste Benzi e della comunità Giovanni XXIII, che liberavano le donne dalle mani orrende dei dodici, quindici maschi al giorno che volevano possederle a pagamento. La sola idea che su questo orrore che devasta la dignità della donna lo Stato voglia far cassa, qualifica chi la propone. 5. L’IDEOLOGIA DELL’UNIONE GAY. Nonostante l’entrata in vigore a giugno della legge sulle unioni civili omosessuali siamo arrivati a settembre e sono state celebrate meno di venti unioni gay nei comuni italiani. Evidentemente questa grande urgenza di popolo non esisteva, era un’urgenza di una lobby che comunque con i suoi potenti addentellati nei media non ha mancato di farci gustare praticamente ogni cerimonia come fosse un unicum. Si mettesse un millesimo della stessa dovizia di particolari per sostenere un banale matrimonio tra uomo e donna, non ci ritroveremmo all’ultimo posto in Europa anche per questa particolare classifica. L’obiettivo è stato dichiarato d’altronde con chiarezza da Piergiorgio Paterlini, uno degli ideologi del movimento Lgbt, in una intervista a Repubblica: la finalità è dimostrare l’insensatezza dell’istituto matrimoniale, devastarlo. L’unione gay con la sua infedeltà presa come assunto, con lo scioglimento immediato, con il diritto alla pensione di reversibilità del compagno non giustificata da alcun dovere verso lo stesso (la pensione di reversibilità è un istituto pensato per le vedove che avevano dedicato la vita alla famiglia e alla crescita dei figli, non per l’architetto che sopravvive al giornalista), punta a far saltare l’idea stessa di famiglia laicamente sacralizzata persino dalla Costituzione repubblicana: “Società naturale fondata sul matrimonio”. Per i teorici dell’unione gay la famiglia non è una società naturale ma un prodotto sociale, il matrimonio è un istituto obsoleto che va devastato mettendolo insieme all’aggettivo “egualitario”, i figli sono un diritto dell’adulto in condizioni economiche adatte ad acquistarli. Al fondo di questa ideologia dell’unione gay è cancellato il diritto del bambino ad avere una mamma e un papà, perché può avere al loro posto due papà o due mamme o comunque persone che gli vogliono bene perché “basta l’amore”. Di chi, è irrilevante. Decidono loro, gli adulti. I bambini si fottano e si lascino acquistare partoriti da ventri di donne in stato di bisogno. 6. L’UTERO IN AFFITTO. L’estate delle foto del sessantenne Nichi Vendola in mare con in mano il povero Tobia in copertina sul settimanale berlusconiano patinato Chi è anche l’estate di due pagine di Francesco Merlo su Repubblica che ci spiegano come siamo bigotti e violenti e medievali noi che non accettiamo che un bambino sia acquistato come fosse un prodotto con centocinquantamila euro che gli abbiamo pagato noi per le sue funzioni pubbliche da uno che si diceva persino comunista. E lo sfruttamento del corpo della donna? Me ne frego, dice il comunista Nichi. E il diritto del bambino ad avere una madre? Me ne frego. E la Carta di Parigi firmata dal femminismo internazionale contro la pratica abominevole dell’utero in affitto? Me ne frego. Tanto la legittimazione arriva dal combinato disposto di Chi e di Repubblica, oltre che dalle sentenze della magistratura che già hanno deliberato varie stepchild adoption in sfregio alla decisione del Parlamento di stralciare questo istituto surrettizio dalla legge sulle unioni civili gay. Poi basta invitare come ospiti d’onore al festival di Sanremo, sempre con i soldi pubblici delle famiglie italiane, sia Elton John che Nicole Kidman, tutt’e due appassionati fruitori dei meccanismi di utero in affitto ed ecco che non ci si sorprende se Monica Ricci Sargentini, voce isolata nel Corriere della Sera, in un’inchiesta racconta della società americana che viene a cercare clienti per le pratiche di utero in affitto in Italia, ben sapendo che da noi la legge vieta con sanzioni pesanti (due anni di carcere, un milione di euro di multa) non solo chi pratica, ma anche chi pubblicizza tali meccanismi. Citano proprio Nichi Vendola i venditori di figli al miglior offerente, per spiegare i loro servizi. Nessuno ha approfondito sui giornali se Vendola si sia servito o no di quella società. Chissà, prima o poi qualcuno glielo chiederà. Intanto una pratica abominevole vogliono spacciarcela per diritto civile. Il livello della nostra vigilanza è basso. 7. L’OFFENSIVA GENDER TRA I BIMBI. In Nord America ormai da anni si usano i bambini per fare propaganda al gender, l’ultimo testimonial di un gay pride in Canada aveva dieci anni. L’indottrinamento dei piccoli arriva anche da noi e l’anno scolastico 2016-2017, il primo dopo l’approvazione della legge Cirinnà, sarà il primo in cui l’offensiva gender delle associazioni Lgbt sarà massiccia e generalizzata nelle classi anche della scuola dell’infanzia, con pubblicazioni ad hoc e montagne di soldi messe a disposizione a vari livelli, con la copertura di un MIUR sempre più ostaggio delle logiche omosessualiste. Sarà determinante eleggere nostri rappresentanti sia a livelli di classi che di organi collegiali, così come un surplus di fatica dovrà essere richiesta agli insegnanti che hanno a cuore la serenità dei bambini. 8. SCUOLA-FAMIGLIA, IL PATTO E’ ROTTO. Le vicende legate all’offensiva gender e non solo hanno ormai frantumato il patto che pure per decenni aveva retto tra famiglia e scuola pubblica statale. Ormai è arrivato il tempo di una battaglia per la libertà scolastica, affinché la famiglia recuperi pienamente il diritto a scegliere da chi far formare i propri figli, partendo dall’assunto che un servizio pubblico può essere erogato dal soggetto statale ma anche da soggetti non statali, basta rispettare gli standard qualitativi. Tale diritto, da attuare attraverso lo strumento più immediato del buono scuola, va riconsegnato alle mamme e ai papà di questo paese, perché è la famiglia a dover ritornare centrale nella visione d’insieme dello Stato, in particolare quando le decisioni assunte riguardano i bambini. Otto impegni dunque dovranno animare il nostro caldissimo autunno, sono emergenze che come sempre ci schierano al fianco dei più deboli anche remando controcorrente. Bisognerebbe parlare di lavoro, di aliquote fiscali a sostegno della famiglia numerosa, di “quoziente familiare”, ma qui si è convinti che solo se la famiglia tornerà centrale su un piano complessivo se ne potrà trarre anche un beneficio sul piano più immediatamente economico. Non siamo materialisti, l’economia viene dopo la politica. E oggi la politica ha scelto di dare l’assalto alla famiglia esponendola a rischi mortali che sono rischi mortali però per l’intero paese. Se affonda la famiglia, affonda l’Italia. Non se ne rendono conto e continuano a far imbarcare acqua da coloro che vogliono che affondi. Noi del Popolo della Famiglia resistiamo e come urgenza abbiamo quella di svegliare il popolo intero. Qualcuno si sta riavendo dal sonno. Serve essere in tanti, però. Tanti e vigili. Quotidianamente vigili.