LE TRADIZIONI DEGLI ALTRI nella Marca Trevigiana il “panevin”
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- 06 gennaio 2017 Area Malpensa Cultura
LE TRADIZIONI DEGLI ALTRI nella Marca Trevigiana il “panevin” Nei paesi della Marca la sera del cinque maggio si brucia la vecia”. Si preparano cataste alte fino a otto dieci metri e del diametro di tre quattro con di rami secchi sterpaglie, legna e tutto quello che un tempo veniva giudicato inutile e destinato ad essere buttato. Nella tradizione si poneva alla sommità della catasta un fantoccio con le sembianze di una vecchia signora (la Vecia) a cui si attribuivano le responsabilità di tut...
LE TRADIZIONI DEGLI ALTRI nella Marca Trevigiana il “panevin”
Nei paesi della Marca la sera del cinque maggio si brucia la vecia”. Si preparano cataste alte fino a otto dieci metri e del diametro di tre quattro con di rami secchi sterpaglie, legna e tutto quello che un tempo veniva giudicato inutile e destinato ad essere buttato. Nella tradizione si poneva alla sommità della catasta un fantoccio con le sembianze di una vecchia signora (la Vecia) a cui si attribuivano le responsabilità di tutti i malanni e della sfortuna dell’anno passato. Appena notte si dà fuoco alle cataste creando grandi falò visibili anche da lontano e ci si riunisce intorno in festa mangiando la “pinza” (un dolce caratteristico della spartana cucina contadina) e bevendo vin brulè, mentre gli anziani intonano le litanie propiziatorie. Le origini del “panevin” si perdono nella notte dei tempi, nel lontano periodo celtico (circa V secolo A.C,). Il rito nasce come tradizione pagana per evocare il ritorno del sole sula terra e quindi il rito si celebrava il giorno del solstizio d’inverno che si riteneva fosse il venticinque dicembre. Nel Medioevo, con l’evangelizzazione della campagna veneta lasciò le sue origini pagane per inserirsi nella tradizione cristiana, fu posticipato al cinque gennaio e legato all’Epifania ritenuto nella leggenda popolare uno strumento per illuminare la via ai Re Magi. Il caratteristico “panevin” è una tradizione legata cultura agricola e vuole essere un augurio per il nuovo anno che sta cominciando. Il fuoco purificatore che scaturisce dal cumulo di sterpi e legno, distrugge simbolicamente le sfortune dell’anno passato per fare posto a una nuova fortuna. Una delle principali usanze è quella di osservare la direzione che prende il fumo e trarre indicazioni per la stagione che si apre. Questo è il momento dei “pronosteghi” e seguendo i detti popolari: "falive a matina, tol su el saco e va a farina" (cioè se la direzione presa dal fumo e dalle faville è il nord o l'est, prendi il sacco e vai ad elemosinare) "se le falive le va a sera, de polenta pien caliera" (se la direzione è ovest o sud, il raccolto sarà buono...quindi la pentola sarà piena di polenta) "se le falive le va a garbin tol su el caro e va al mulin" (se la direzione è del libeccio per l'abbondanza devi andare a prendere la farina con il carro). Vittorio Veneto 5 gennaio 2017 Fabrizio Sbardella