ACQUE REFLUE URBANE Direttiva CEE o Vergogna Italiana
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- 29 dicembre 2016 Agricoltura e Ambiente Area Malpensa
ACQUE REFLUE URBANE
Direttiva CEE o Vergogna Italiana Sarà anche vero che l’Europa è cattiva, inadeguata, che si occupa di regolamentare particolari irrilevanti, ma è anche vero che al Parlamento Europeo i cittadini della Comunità ci hanno mandato quel che avanzava nel mondo della politica nazionale e quindi proprio poca roba, che in generale riesce a fatica a capire (le lingue straniere: questo universo sconosciuto) di cosa si stia legiferando e vota per se...
ACQUE REFLUE URBANE
Direttiva CEE o Vergogna Italiana Sarà anche vero che l’Europa è cattiva, inadeguata, che si occupa di regolamentare particolari irrilevanti, ma è anche vero che al Parlamento Europeo i cittadini della Comunità ci hanno mandato quel che avanzava nel mondo della politica nazionale e quindi proprio poca roba, che in generale riesce a fatica a capire (le lingue straniere: questo universo sconosciuto) di cosa si stia legiferando e vota per sentito dire e poi si pente di quel che ha votato. Nel 2017 sono in arrivo nuove condanne della Corte di Giustizia Europea per i ritardi sull’adeguamento alla direttiva europea 91/271 del 1991 sulle acque reflue urbane (normativa che impone ai paesi membri di “restituire all’ambiente acqua pulita”). Dal nord al sud del paese sono rimasti quasi mille i siti inquinanti, dalle località turistiche alle grandi città, da Cefalù a Courmayeur, da Rapallo a Trieste, da Napoli a Roma, da Ancona a Pisa, i collettori di scarico provocano gravi danni all’ambiente e alla salute dei cittadini. I due terzi degli impianti non a norma si trovano in Sicilia, Calabria, Campania e
Lombardia, l’unica regione a norma è il Molise, ma solo perché scarica le acque reflue nelle regioni confinanti. La prima procedura d'infrazione risale è la 2004/2034 e riguardava 159 località e si è conclusa nel luglio del 2012 con una sentenza di condanna emessa dalla Corte Ue e lo scorso 8 dicembre la Commissione ha deferito nuovamente l'Italia alla Corte accusandola di non aver rispettato la sentenza del 2012 e chiedendo che venisse applicata una doppia sanzione: una multa forfettaria di 62,6 milioni di euro più una penalità di 347 mila euro al giorno. CondLa normativa, che impone ai Paesi membri di restituire all'ambiente l'acqua pulita, ha segnato di fatto l'inizio del braccio di ferro tra Roma e Bruxelles su questa questione. Una problematica sostanzialmente poco considerata dall'Italia per nove anni, fino all'emanazione di una nuova direttiva, nel 2000, con la quale veniva imposto, sotto la pressione di multe per 482 milioni di euro, il raggiungimento del buono stato delle acque entro il 2015. I successivi inadempimenti hanno portato a una prima procedura d'infrazione, nel 2004, riguardante 80 località, conclusasi nel luglio del 2012 con una sentenza di condanna emessa dalla Corte Ue. Lo scorso 8 dicembre la Commissione ha deferito nuovamente l'Italia alla Corte accusandola di non aver rispettato la sentenza del 2012 e chiedendo che venisse applicata una doppia sanzione: una multa forfettaria di 62,6 milioni di euro più una penalità di 347mila euro al giorno. La seconda procedura di infrazione è la 2009/2034 e riguarda 143 località e ha portato, nel 2014, a una sentenza di condanna della Corte che, ora, potrebbe comminare un secondo deferimento con multa. Infine si è registrata una terza procedura d'infrazione su ben 852 agglomerati urbani (di cui 175 in Sicilia, 130 in Calabria e 110 in Campania) e risale al marzo 2015 con l'ultimatum lanciato al governo di Roma per mettersi in regola. Intanto si fanno sempre più concrete le previsioni di alcune fonti di Bruxelles che intravedono l'ennesimo deferimento, nel 2017, alla Corte di giustizia. La comunità Europea di cui noi siamo membri con diritto di voto con i nostri rappresentanti eletti che appartengono ai gruppi di maggioranza e minoranza e che partecipano alla formazione e all’approvazioni delle norme questa volta non ha determinato sulla misura del pescato o sulla curvatura delle banane. Questa è una direttiva di buon senso e andrebbe rispettata indipendentemente dall’Europa, nel solo interesse della nostra gente. Invece di immaginare opere improbabili (ponte sullo stretto) o salvataggi di amici banchieri (o truffatori?) bisognerebbe investire quattro soldi per liberarci dalla “merda” scaricata nell’ambiente senza vergogna e senza pudore. L’Europa non sarà un gran che, ma la casta che ci governa è composta anche da moltissimi miserabili. Gallarate 28 dicembre 2016 Fabrizio Sbardella