Scatta sempre "l'ora del Campari"

Scatta sempre "l'ora del Campari". Apologia del Campari, il bitter lombardo che ha portato i cocktails italiani sul tetto del mondo. I suoi  “Americano”, “Negroni”, “Sbagliato” e “Campari Spritz” continuano ad allietare i palati di migliaia di giovani e adulti durante l’aperitivo. E Il prestigioso secondo posto al “Negroni” nell’olimpo dei cocktails, ottenuto esattamente un anno fa, non può che confermare una tradizione imprenditoriale vincente e nobilitare una bevanda a...

Scatta sempre "l'ora del Campari". Apologia del Campari, il bitter lombardo che ha portato i cocktails italiani sul tetto del mondo. I suoi  “Americano”, “Negroni”, “Sbagliato” e “Campari Spritz” continuano ad allietare i palati di migliaia di giovani e adulti durante l’aperitivo. E Il prestigioso secondo posto al “Negroni” nell’olimpo dei cocktails, ottenuto esattamente un anno fa, non può che confermare una tradizione imprenditoriale vincente e nobilitare una bevanda alcolica dal gusto unico. Può un liquore essere considerato arte?  Se definiamo l’arte come “Qualsiasi forma di attività dell’uomo come riprova o esaltazione del suo talento inventivo e della sua capacità di espressione” non ci sembra inverosimile che anche la bevanda dal colore vermiglio intenso e dall’energico profumo di erbe aromatiche, frutto del sapiente ingegno di Gaspare Campari, possa rientrare in tale definizione. Probabilmente alcuni di quelli che ci stanno leggendo, staranno pensando: “che eresia è mai questa?” o altre espressioni meno “francesi”. Eppure crediamo che anche questi signori si siano inconsciamente passati la lingua sulle labbra. Il Campari bitter, nelle sue espressioni da cocktails, è piacere visivo allo stato puro. Il sapore corposo, al primo impatto, non sempre sembra gradevole. Ma c’è una ragione: come ogni altra forma d’arte, anche il Campari necessità di un’attenta educazione al gusto. Per questo motivo, il drink è stato spesso definito esclusivo e aristocratico.  Eppure la sua storia è imprenditoria, è innovazione, è intuito dinamico: in una parola, è borghese. Borghese è colui che viene dal borgo alla grande città, che non ha grandi blasoni disposti sopra al caminetto del casino di caccia e, se ha conquistato i salotti dell’elitè cittadina, lo ha fatto grazie al sudore della propria fronte e legando indissolubilmente le proprie fortune al suo intelletto creativo. Questa è esattamente la situazione di partenza in cui si trovò il signor Gaspare Campari. Giunto a Milano dopo non esaltanti vicende economiche, inaugurò, presso il lato destro di piazza Duomo, il “Caffè Campari”. Di giorno sbarcava il lunario con le classiche attività da bar, di sera invece, nel suo piccolo laboratorio, egli perfezionava il proprio cordiale. Alla morte del pater familias, l’azienda passò prima dalle mani della moglie Letizia, per poi arrivare in quelle del figlio Davide: sua l’apertura del caffè “Camparino”. Correva l’anno 1915. Nel 1919 Davide decise di cedere i due caffè e dedicare il suo tempo alla sola produzione di Campari e Cordial. Una scelta dettata dal mercato, che garantì la sopravvivenza dell’impresa familiare e il successivo decollo a livello mondiale. Davide Campari – Milano S.p.A  è infatti una società quotata in borsa, capace di fatturare quasi un miliardo e mezzo di euro e con 850 dipendenti solo in Italia. I successi in campo economico a livello internazionale sono stati raggiunti, se non superati, dal prestigio dei “suoi” lounge drink. Il Negroni (1/3 Campari, 1/3 gin, 1/3 vermut rosso e una fetta d’arancia o di limone) è stato riconosciuto da “Drinks International” ( “la bibbia” dei cultori della miscelazione), come il secondo miglior cocktail del mondo. Una favola lombarda che è quindi diventa realtà mondiale perché oggi, “l’ora del Campari” scocca anche a Londra e a New York.     Giulio Maria Grisotto