Operazione Pathology: 5 arresti per una truffa ai danni dell’Inps
- /
- 06 dicembre 2017
- /
- Views 87 Altri Comuni
Operazione Pathology: 5 arresti per una truffa ai danni dell’Inps scaturito da una complessa ’indagine dei Carabinieri della Compagnia di Patti I militari del Comando Provinciale Carabinieri di Messina hanno eseguito ordinanze di misura cautelare, emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di (ME) su richiesta di quella Procura della Repubblica, nei confronti di 33 soggetti (2 dei quali sono stati incarcerati, 5 posti agli arresti domiciliari, 10 sottoposti ...
Operazione Pathology: 5 arresti per una truffa ai danni dell’Inps scaturito da una complessa ’indagine dei Carabinieri della Compagnia di Patti
I militari del Comando Provinciale Carabinieri di Messina hanno eseguito ordinanze di misura cautelare, emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di (ME) su richiesta di quella Procura della Repubblica, nei confronti di 33 soggetti (2 dei quali sono stati incarcerati, 5 posti agli arresti domiciliari, 10 sottoposti agli obblighi di dimora e 16 a misura interdittiva dall’esercizio delle funzioni). Sono stati ritenuti responsabili – a vario titolo – di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, truffa aggravata ai danni ai danni dell’INPS, falsa perizia, falso in atto pubblico e altro. Contestualmente sono stati notificati 69 avvisi di garanzia nei confronti di altrettanti indagati.[youtube https://www.youtube.com/watch?v=ujEwkVkK94o] Il provvedimento è scaturito da una complessa e prolungata attività d’indagine, sviluppata sin dal 2015 dai Carabinieri della Compagnia di Patti, i cui esiti hanno consentito di documentare l’esistenza e l’operatività, nell’area tirrenica della provincia peloritana dell’hinterland pattese, di un’associazione per delinquere, comprendente un primo sodalizio criminale, complesso e ben strutturato, operante nella Giurisdizione del Tribunale di Patti e di un secondo di più lieve entità – costituiti da liberi professionisti operanti nel settore legale e in quello medico, nonché da funzionari pubblici e responsabili di diversi Enti di patronato – i quali, mediante la redazione di false perizie e mendaci certificazioni mediche, riuscivano a condizionare l’esito dei ricorsi giurisdizionali, promossi da privati cittadini dinanzi il Tribunale del Lavoro di Patti, avverso il mancato riconoscimento da parte dell’I.N.P.S. di una serie di benefici assistenziali ( pensioni di invalidità civile, riconoscimento dello stato di portatore di handicap con diritto all’accompagnamento, etc.), ottenendo rimborsi che sono andati dagli 8 mila euro per le cause di minore entità ai 43 mila euro per quella più rilevante con un danno, per la Pubblica Amministrazione, stimabile in oltre un milione di euro. Nell’inchiesta, in cui sono state indagate 102 persone di cui 33 destinatarie di misura cautelare e 69 di avviso di garanzia ( per concorso in truffa aggravata ai danni dell’INPS e falso in atto pubblico), figurano –tra l’altro – 2 avvocati e 2 collaboratori di studio, 27 medici specialisti tra CTU e liberi professionisti, 4 funzionari dell’INPS, 11 collaboratori di vari patronati, i quali si spartivano ingenti somme di denaro – direttamente proporzionali agli importi delle indennità ottenute indebitamente – e altre utilità. I militari dell’Arma hanno disarticolato una struttura organizzativa forte, ben congeniata e profondamente compenetrata nel mondo dell’assistenza previdenziale, con particolare riferimento alla parte giudiziaria, oggetto d’indagine. Una consorteria ad anelli saldamente concatenati, formata quindi da professionisti di alta caratura operanti in vari settori – legale, sanitario, giudiziario, pubblico ed assistenziale. In particolare, l’avvocato R.A. (custodia cautelare in carcere) e il dottor P.F. (custodia cautelare in carcere) erano certamente le figure verticistiche della principale delle due associazioni perseguite ed erano materialmente e moralmente supportati da P.V. (arresti domiciliari), D.I. (arresti domiciliari), L.R. (arresti domiciliari), quali ulteriori promotori ed organizzatori del sodalizio in qualità di gestori di patronati o studi di assistenza fiscale, che assicuravano ulteriori adesioni al gruppo indirizzando la privata clientela verso i patrocinatori prescelti, così massimizzando i profitti dell’associazione. Inoltre potevano contare sui favori di medici sia impiegati presso “strutture pubbliche” che liberi professionisti che svolgevano il ruolo di CTU per i giudici per ottenere i falsi certificati e su alcuni dipendenti della locale sede dell’INPS. Il “modus operandi” del sodalizio prevedeva che la R. ed il P. attraverso l’intermediazione di taluni degli associati e talvolta direttamente degli interessati, corrompessero i sanitari di strutture pubbliche, con elargizioni di denaro o altre utilità (somme dell’ordine di alcune centinaia di euro) al fine di redigere false certificazioni attestanti malattie per le quali si poteva poi ottenere la certificazione di invalidità. Le indagini hanno documentato 15 di questi episodi. In altri casi invece, quando si era avviato il contenzioso giurisdizionale, R. nell’ambito della propria attività di avvocato patrocinava le cause e attraverso la corruzione di P., che in talune di questi procedimenti era nominato CTU o di altri consulenti tecnici nominati, se diversi da P., riusciva a corromperli anche con l’aiuto dello stesso P. e di altri sodali e faceva redigere delle false perizie in favore delle persone da lei assistite, al fine di giungere ad un esito favorevole nelle cause con ciò inducendo in errore il giudice e truffando l’INPS e causando un danno ingiusto, allo stato, stimato in oltre un milione di euro sul quale sono ancora in corso accertamenti e verifiche. Di tali vicende, le indagini hanno permesso di ricostruire pienamente ben 20 episodi. Per uno di questi episodi è stata documentata dalle intercettazioni video ambientali la dazione di denaro di 2.500 euro da parte del cittadino che “artatamente “aveva conseguito il giudizio favorevole in favore all’avvocato R. e del dottore P. che in quel procedimento era stato consulente tecnico del giudice. (vedi video) I funzionari I.N.P.S., coinvolti, abusando della loro funzione pubblica garantivano ai correi la rapida liquidazione delle somme di denaro, omettendo di sollevare irregolarità che avrebbero potuto danneggiare i compartecipanti dell’associazione stessa. La complessa struttura associativa ricomprendeva poi ben quattordici figure professionali di medici, sia di strutture sanitarie pubbliche che liberi professionisti incaricati di svolgere il ruolo di CTU, ossia periti del Giudice. I primi redigevano, anche dietro compenso, false certificazioni su malattie e disabilità, assicurando ai sodali la pronta disponibilità di documentazione sanitaria a favore dei loro clienti e garantendo loro corsie preferenziali, in spregio alle liste di attesa per effettuare le visite e, talvolta anche senza il pagamento del “ticket sanitario” per la prestazione. I professionisti incaricati di svolgere il ruolo di consulenti del Giudice, sempre in cambio di compensi, redigevano false perizie tecniche favorevoli ai clienti/pazienti del sodalizio. Altro organigramma criminale, richiamato in prologo e portato alla luce dalle indagini è certamente quello che vede come figure apicali l’avvocato N. (arresti domiciliari) e l’assistente di studio D. M. (arresti domiciliari). Anche questo secondo gruppo operava con metodi analoghi, attraverso sempre la medesima struttura organizzata in cui aveva un ruolo centrale il dottor P. In questo ambito le indagini hanno permesso di accertare 5 ulteriori episodi in cui, attraverso la redazione di false perizie, si otteneva indebitamente il giudizio favorevole nel contenzioso giurisdizionale. A titolo esemplificativo, nel corso dell’attività investigativa, tra i tanti, sono emersi due episodi particolarmente emblematici delle condotte illecite. Segnatamente, un primo caso in cui l’Avvocato Ricciardi comunica alla propria cliente che il CTU che giurerà è un’amica del “Dottore” (inteso F.P.), invitandola a consegnarle subito i soldi in contanti in vista della loro consegna ad altre persone per agevolare il sistema evitando intoppi. E ancora, un episodio in cui il Dottor P., rivolgendosi al proprio cliente, gli riferisce che quando si sceglie un avvocato, bisogna “scegliersi quello giusto che si sa muovere”, promettendo nel contempo che, se la causa viene patrocinata da loro (intesi P. e R.), al 99,9% è assicurata la vittoria in giudizio, anche ottenendo il 100% di invalidità. Nel contesto dello stesso colloquio si parla chiaramente di spartizione di denaro all’esito della causa con una percentuale del 40% dedicata agli stessi patrocinatori. È dunque chiaro come le finalità della materia previdenziale, ossia l’assistenza dello Stato a cittadini bisognosi di sussidio in ragione delle loro condizioni di salute, siano state asservite ad un disegno criminoso che trasformava preziose risorse economiche in occasioni di illecito guadagno a scapito della collettività. Gli indagati hanno infatti intravisto terreno fertile, pronto per essere sfruttato a convenienza, proprio nella particolare natura del settore di specie, caratterizzato da ampia facoltà di interpretazione dei tratti patologici di un periziando ed estrema soggettività e libertà nella redazione delle certificazioni mediche (sia per i referti – medici specialisti - che per le perizie – medici CTU), di fatto inconfutabili, che costituiscono il fulcro e il cardine della macchinazione delittuosa. In tale ambito, si ritiene intervenisse l’accordo finale, tra patronati, avvocati e medici, culminante nella redazione delle predette certificazioni sanitarie (per i liberi professionisti) e delle perizie ad hoc (per i CTU), che determinavano l’illecito profitto dell’interessato, in caso di vittoria in giudizio. Si evidenzia che in molte circostanze, l’INPS, doveva corrispondere all’istante, non solo l’indennità conseguenti al riconoscimento della malattia e del grado invalidante, bensì tutti gli arretrati che gli competevano a decorrere dal momento in cui egli aveva proposto la prima domanda di invalidità. Si parla di molte migliaia di euro, parte dei quali, in misura proporzionale e talvolta sino alla metà del valore percepito, costituivano il profitto illecito degli associati e patrimonio criminale, quindi, dell’associazione stessa. L’articolata attività investigativa svolta, coordinata dal Procura della Repubblica di Patti e riepilogata nell’ordinanza applicativa delle odierne misure cautelari eseguite, ha certamente sferrato un duro colpo al fenomeno delle truffe in danno dell’INPS che nel circondario di Patti ha costituito una consistente fonte di indebito guadagno per molti professionisti e cittadini. Patti 5 dicembre 2017 La Redazione