La surreale vicenda giudiziaria delle cince in gabbia (ce la faremo a farcela?)

La surreale vicenda giudiziaria delle cince in gabbia durata sette anni e, probabilmente, chiusa con un saggio rinvio dell'udienza a dopo la prescrizione. La vicenda processuale comincia ben sette anni fa quando le guardie forestali, che evidentemente non avevano nulla di meglio da fare, effettuano un controllo a nella proprietà di un uomo, oggi settantenne. I solerti controllori scoprono che l’anziano, che alleva uccellini, detiene due cince dal ciuffo (che, strano, ma vero,...

La surreale vicenda giudiziaria delle cince in gabbia durata sette anni e, probabilmente, chiusa con un saggio rinvio dell'udienza a dopo la prescrizione.

La vicenda processuale comincia ben sette anni fa quando le guardie forestali, che evidentemente non avevano nulla di meglio da fare, effettuano un controllo a nella proprietà di un uomo, oggi settantenne. I solerti controllori scoprono che l’anziano, che alleva uccellini, detiene due cince dal ciuffo (che, strano, ma vero, sono protette dalla legge) sulla base di un certificato (??) con una firma fotocopiata. L’uomo aveva comprato i due uccellini nel 2007 a in una fiera a Reggio Emilia e aveva anche ottenuto il relativo certificato che ne attestava la nascita in cattività. Le cincie dal ciuffo infatti non possono essere catturate e detenute, a meno che non siano nate da animali in cattività nel quale caso ai neonati uccellini si applica un anellino a una zampetta il quale con la crescita dell’arto non può più essere tolto. Durante il controllo le guardie forestali si insospettiscono guardando gli anellini sulle zampette e verificando il certificato si accorgono della firma fotocopiata del venditore. Le due cince vengono quindi sequestrate e successivamente liberate in una riserva naturale (dove probabilmente saranno morte come normalmente accade agli animali liberati dalla cattività). L’anziano allevatore ha ricevuto un’ammenda di 1.000 euro (per illecita detenzione) e finisce nei guai anche il venditore degli uccellini, un allevatore di Bolzano, titolare della firma fotocopiata. Quest’ultimo riconosce la firma come sua, ma sostiene di non aver mai visto il certificato e di non avere effettuato la vendita. Per l’anziano allevatore di Grantola parte quindi anche l’accusa di calunnia per avere esibito alle guardie un certificato falso coinvolgendo l’altro allevatore. Questa vicenda occupa quindi le aule del tribunale, coinvolgendo un avvocato difensore, nella persona di Andrea Prestinoni e un giudice monocratico in persona di Valentina Maderna. Nel corso dell’udienza celebrata qualche giorno fa, sono stati anche interrogati diversi testimoni presente anche un pubblico ministero nella persona di Antonia Rombolà e poi il giudice ha saggiamente rinviato l’udienza al 16 luglio consentendo così la maturazione della prescrizione per il reato di calunnia. Purtroppo, questo non è un racconto comico di uno scrittore fantasioso, ma è la cronaca di una vicenda giudiziaria costosissima per lo stato e per gli accusati come tante altre che impegnano quotidianamente la magistratura che poi non trova il tempo per combattere la criminalità. Grantola 12 marzo 2018 Fabrizio Sbardella