Piccole storie di ordinaria follia italiana
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- 12 febbraio 2017 Altri Comuni Area Malpensa
Piccole storie di ordinaria follia italiana
Il Documento di valutazione dei rischi ("DVR") rappresenta la mappatura dei rischi presenti in un'azienda. Deve contenere tutte le procedure necessarie per l'attuazione di misure di prevenzione e protezione da realizzare e i ruoli di chi deve realizzarle. Rappresenta un requisito cartaceo o elettronico ed un ulteriore compito assegnato direttamente al datore di lavoro, in quanto da egli non delegabile. Deve inoltre essere redatto con...
Piccole storie di ordinaria follia italiana
Il Documento di valutazione dei rischi ("DVR") rappresenta la mappatura dei rischi presenti in un'azienda. Deve contenere tutte le procedure necessarie per l'attuazione di misure di prevenzione e protezione da realizzare e i ruoli di chi deve realizzarle. Rappresenta un requisito cartaceo o elettronico ed un ulteriore compito assegnato direttamente al datore di lavoro, in quanto da egli non delegabile. Deve inoltre essere redatto con data certa. E' uno dei documenti cardine del ove viene trattato agli articoli 17 e 28 Questa è la dimostrazione più chiara del livello di follia raggiunto dal sistema burocratico italiano. Un pezzo di carta inutile e oppressivo che mette in ginocchio i contribuenti e fa perdere un sacco di tempo ai Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro, costretti a vessare i cittadini già oberati da una miriade di inutili incombenze, inventate dagli azzeccagarbugli che si sono incistati nel sistema burocratico che sta soffocando il paese. [caption id="attachment_37734" align="alignleft" width="300"] Farra d'Alpago[/caption] La titolare della impresa agricola La Capra di Farra D’Alpago, azienda con un solo dipendente, aveva ricevuto la visita dei carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro alla fin del 2014 nella sua microazienda. I militari avevano rilevato che il DVR era stato tenuto regolarmente fino al 2012 poi no perché la titolare avrebbe dovuto frequentare un corso. L’imprenditrice si mette in regola, adempie alle prescrizioni dei carabinieri, ma Il risultato è che comunque viene rilevato il reato e viene sanzionata con una multa di millesettecento trenta euro. Il pagamento avrebbe estinto il reato, ma i soldi non c’erano, aveva richiesto la rateizzazione, ma non era stata concessa così si innescato l’iter processuale. Il dieci febbraio l’imprenditrice, sessantenne, si è presentata alla sbarra al processo nel Tribunale di Belluno recando con sé una voluminosa borsa e, arrivato il suo turno, ha preso la borsa, si è avvicinata al giudice Elisabetta Scolozzi e ha mostrato il contenuto: una valanga di raccomandate verdi o di Equitalia con tasse e conti da pagare “non avevo i soldi, per questo non ho pagato”. La poveretta che con grandi fatiche cercava di vivere con i frutti della terra aveva accumulato tra penali, sanzioni, ammende e così via debiti per duecentomila euro e grazie alla crisi la micro-azienda era in perdita. Pressata dalle difficolta ha preferito pagare lo stipendio e i contributi della dipendente che la multa. Alla fine del dibattimento il Pubblico Ministero chiede la condanna, ma il Giudice, pur confermando che c'è stato un reato, ha scagionato l'imprenditrice per tenuità del reato stesso. Questa vicenda è accaduta in un paesetto dell’Alpago nel bellunese, ed è finita bene grazie alla saggezza di un giudice di buon senso, ma la storia potrebbe essere replicata in migliaia di altri luoghi, con protagoniste altre aziende ma con le stesse difficoltà e la stessa assurda burocrazia che tenta ogni giorno di strangolare piccole imprese Fare impresa è diventato molto difficile in Italia perché nonostante i nostri imprenditori abbiano la grinta e la forza di combattere contro i mercati, contro la crisi, contro la sorte, nulla possono fare contro il mostro cieco e insensibile che li avvolge con i sui tentacoli e che si chiama burocrazia. Le norme vengono pensate solo per creare difficoltà e fare cassa per mantenere la bestia. Alpago 12 febbraio 2017 Fabrizio Sbardella.