Cassazione: é violenza privata parcheggiare l'auto dinanzi ad un fabbricato bloccandone l'accesso

Con la sentenza numero 40482/2018, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti circa il reato di violenza privata nel caso in cui ci si imbatta in un’ auto parcheggiata davanti al proprio cancello di casa.

Nel caso di specie, un uomo, riconosciuto colpevole del reato di violenza privata, aveva impedito per giorni la chiusura del cancello posto sul limitare della proprietà della persona offesa e il transito attraverso tale apertura. L’ auto di sua proprietà era stata infatti parcheggiata proprio in prossimità dei battenti.

La Corte di Cassazione, Sez. V, con sentenza pubblicata il 12 settembre 2018, ha confermato la sussistenza del reato di violenza privata evidenziato come, per giurisprudenza unanime, il requisito della violenza «si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione, potendo consistere anche in una violenza "impropria", che si attua attraverso l'uso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui, impedendone la libera determinazione».

A partire da tale principio, si sono fatte discendere le massime di orientamento che ben si attagliano al caso scrutinato — nel quale si è registrata una forza intinnidatrice correlata ad un'azione ostruzionistica messa in atto dall'imputato, priva dei connotati della violenza o della minaccia stricto sensu — secondo le quali integra il delitto di violenza privata «la condotta di colui che occupa il parcheggio riservato ad una specifica persona invalida in ragione del suo "status", impedendone l'accesso, e, quindi, privandola della libertà di determinazione e di azione» o «che parcheggi la propria autovettura dinanzi ad un fabbricato in modo tale da bloccare il passaggio impedendo l'accesso alla parte lesa"; come anche la condotta di colui che «nell'ambito di manifestazioni di protesta per l'esecuzione di un'opera pubblica, impedisce agli operai incaricati di svolgere i lavori previsti, frapponendosi all'accesso ai macchinari con comportamenti tali da bloccarne l'utilizzo da parte loro».

Ad avviso della Suprema Corte il tratto qualificante e comune delle condotte enumerate è, infatti, quello di esercitare una coazione sulla persona offesa, la quale per effetto di tale incisione della sua libertà di autodeterminazione, qualunque sia il mezzo con la quale questa è arrecata purché idoneo allo scopo, è posta nelle condizioni di subire una situazione non corrispondente al proprio volere.