Rischio cancro per chi mangia cibo spazzatura
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- 22 settembre 2018 Salute e Benessere
Uno studio internazionale avrebbe evidenziato che gli alimenti con le proprietà nutrizionali più scarse, come dolciumi e bibite zuccherate industriali, aumentano il rischio di cancro, in particolar modo quello al colon-retto, allo stomaco e al tratto aerodigestivo superiore in entrambi i sessi. Negli uomini gli alimenti con scarse proprietà nutrizionali catalizzano anche il rischio di cancro al polmone, mentre per le donne quello al fegato e al seno post-menopausa.
La ricerca è stata condotta dall'Istituto Nazionale Francese per la Salute e la Ricerca Medica (INSERM), unitamente alla IARC, l'agenzia per la ricerca sul cancro dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Gli studiosi sono giunti a questa conclusione dopo aver analizzato i dati di oltre 470mila cittadini europei coinvolti nello studio EPIC (European Prospective Investigation in Cancer and Nutrition) condotto tra il 1992 e il 2014. Durante il periodo di follow-up (media 15,3 anni) sono stati diagnosticati circa 50mila casi di cancro, fra i quali 12mila al seno, 6.700 alla prostata e 5.800 al colon-retto. Per determinare l'associazione tra cibo spazzatura e rischio di sviluppare il cancro, Deschasaux e colleghi si sono basati sul sistema di sistema di profilazione dei nutrienti (FSAm-NPS) ideato dall'Agenzia britannica per gli standard alimentari. In parole semplici, si tratta di un sistema di etichettatura che assegna un punteggio ai cibi sulla base di valori nutrizionali come grassi, zuccheri, fibre e via discorrendo. Maggiore è il punteggio e più bassa è la qualità dell'alimento (tra i peggiori vi sono bibite gassate, dolciumi e snack industriali).
Sulla base dei regimi alimentari riferiti dai partecipanti con appositi questionari, attraverso un'indagine statistica gli scienziati hanno trovato una significativa associazione tra maggiore rischio di cancro e dieta ricca di cibi spazzatura. Nei pazienti con FSAm-NPS alto e basso i tassi di cancro rilevati da Deschasaux e colleghi erano rispettivamente di 81,4 e 69,5 casi/10.000 anni-persona. Una differenza non abissale ma significativa sotto il profilo scientifico, sulla quale sarà doveroso condurre ulteriori accertamenti. Il fatto che i cibi sono stati comunicati dagli stessi partecipanti, infatti, rappresenta un limite dell'indagine.