Un grande Piano nazionale di protezione civile
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- 24 luglio 2017 Diritti civili
Un grande Piano nazionale di protezione civile.“Paese di inaugurazioni e non di manutenzioni”, così Leo Longanesi scriveva dell’Italia e, mai come oggi, quella sua triste connotazione del nostro Paese risulta così appropriata. Incendi boschivi dolosi ( perché non esistono in realtà fenomeni di autocombustione) che , secondo la stima di Legambiente “
solo in questo primo scorcio di estate 2017, da metà giugno ad oggi, sono andati in fumo ben 26.024 ettari di super...
Un grande Piano nazionale di protezione civile.“Paese di inaugurazioni e non di manutenzioni”, così Leo Longanesi scriveva dell’Italia e, mai come oggi, quella sua triste connotazione del nostro Paese risulta così appropriata. Incendi boschivi dolosi ( perché non esistono in realtà fenomeni di autocombustione) che , secondo la stima di Legambiente “
solo in questo primo scorcio di estate 2017, da metà giugno ad oggi, sono andati in fumo ben 26.024 ettari di superfici boschive, pari al 93,8% del totale della superficie bruciata in tutto il 2016”; carenza idrica causata dalla siccità e dalla vetustà di una rete idrica che secondo le stime del Censis è soggetta a una perdita d’acqua di almeno il 32%; frequenti succedersi di disastrose alluvioni, frane e la drammatica realtà di un dissesto idrogeologico che è la condizione prevalente in vaste aree del nostro territorio nazionale. Se a questi eventi, le cui cause sono ampiamente riconducibili alla responsabilità di noi cittadini, massime quelle di chi è titolare di funzioni politico istituzionali, aggiungiamo i frequenti terremoti che sconvolgono intere comunità locali, l’Italia mostra sempre più l’immagine di un Paese totalmente alla deriva. Con un patrimonio edilizio storico e artistico culturale tra i più importanti nel mondo, mai analizzato nella sua reale capacità di resilienza e strutture abitative accumulate nei secoli, comprese le ultime, poche, costruite secondo regole antisismiche solo di recente obbligatorietà normativa, siamo obbligati a redigere “la carta di identità degli edifici” e a sviluppare un piano di interventi a medio lungo periodo per la preventiva sistemazione strutturale del nostro immenso e assai fragile patrimonio edilizio. Contro la furia sin qui imprevedibile dei terremoti poco o nulla possiamo fare, ma contro l’imprudenza e l’ignavia degli uomini, compresa quella dei responsabili istituzionali di scarsa visione strategica, abbiamo il dovere di reagire e assumerci tutti insieme le nostre responsabilità. Ho avuto la fortuna di conoscere da vicino la realtà del sistema forestale italiano, avendo diretto per quindici anni l’Azienda regionale delle foreste della mia Regione, il Veneto, e, successivamente quella della protezione civile di una delle regioni leader, la Lombardia, nella quale ho svolto la funzione di direttore generale dell’assessorato regionale delle opere pubbliche, politiche per la casa e protezione civile. Sul sistema forestale la mia lunga battaglia condotta con il compianto gen. Alfonso Alessandrini, capo del CFS da lui difeso strenuamente sino alla sua scomparsa, per superare l’assurda dicotomia esistente tra le vecchie competenze e funzioni del Corpo Forestale dello Stato e dell’Azienda di Stato per le foreste demaniali con quelle affidate dalla Costituzione alle Regioni, è miseramente finita con il semplice assorbimento del fu CFS nell’arma dei carabinieri, senza dare soluzione efficiente ed efficace alla frammentazione delle politiche regionali forestali prive di un reale coordinamento strategico. Unica lodevole eccezione, il permanere di quel ancorché debole strumento di scambio di informazioni tecnico specialistiche rappresentato dall’ANARF ( Associazione Nazionale delle Attività Regionali Forestali) che abbi l’onore di avviare con l’amico scomparso Sergio Torsani, presidente dell’Azienda regionale delle foreste di Regione Lombardia. Le esperienze da me maturate a contatto delle realtà forestale italiana e la diretta funzione di guida amministrativa della protezione civile in una realtà tra le più avanzate del Paese, mi hanno permesso di formulare a suo tempo un vero e proprio Piano per la difesa della montagna e della nostra sicurezza idraulica, che denominai PRO.MO.S. ( Progetto Montagna Sicura). Un Piano che non si è mai potuto realizzare perché si sa “ gli alberi non votano” e i tempi per la difesa del territorio sono troppo lunghi rispetto a quello di interesse dei politici dal corto respiro. Gli obiettivi del progetto PRO.MO.S. erano quelli di definire linee strategiche per la sicurezza in montagna e di promuovere interventi coordinati nell’ambito di una pianificazione a scala di bacino idrografico. Nel campo della protezione del territorio, in particolare dai rischi di tipo idrogeologico, tutte le iniziative dovrebbero essere orientate alla sostituzione dell’attuale approccio “reattivo”, basato prevalentemente sulla gestione dell’emergenza, con un approccio di tipo “proattivo”, basato sulla prevenzione, cioè sulla pianificazione e realizzazione di attività atte a ridurre il rischio di accadimento di eventi calamitosi e comunque di limitarne gli effetti dannosi. In questa ottica si possono identificare alcune specifiche tematiche di studio e di intervento:
- Monitoraggio di parametri idrologici e geologici
- Analisi e mappatura dei rischi naturali
- Definizione di piani di gestione delle emergenze in caso di disastri naturali
- Definizione di linee guida di intervento mirati alla riduzione dei rischi