Italiani scuri, puzzolenti e ladri. Lombardi e Veneti, ignoranti ma lavoratori.
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- 26 dicembre 2017
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Italiani scuri, puzzolenti e ladri. Lombardi e Veneti, ignoranti ma lavoratori. La “relazione dell’Ispettorato dell’immigrazione Usa” tra verità, verosimiglianza e strumentalizzazione. In un paese con una forma di stato democratica, l’opinione pubblica è spesso ondivaga e contradditoria. Spesso, a seguito di eventi di una certa rilevanza, alcune fonti o documenti più o meno verificati e verificabili tornano alla luce venendo usati, da ambienti politici o parapolitici...
Italiani scuri, puzzolenti e ladri. Lombardi e Veneti, ignoranti ma lavoratori. La “relazione dell’Ispettorato dell’immigrazione Usa” tra verità, verosimiglianza e strumentalizzazione. In un paese con una forma di stato democratica, l’opinione pubblica è spesso ondivaga e contradditoria. Spesso, a seguito di eventi di una certa rilevanza, alcune fonti o documenti più o meno verificati e verificabili tornano alla luce venendo usati, da ambienti politici o parapolitici, per agitare le piazze o, nella New Media Age con cui facciamo i conti nel 2017, per scatenare odio e rancore su Facebook o Twitter. In questi giorni, in concomitanza del “tramonto” (almeno per quanto riguarda la legislatura in corso) del cosiddetto Ddl Ius Soli ,alcuni ambienti che hanno posizioni notoriamente molto libertarie in materia di immigrazione, hanno “(ri)fatto girare” sui social la trita e ritrita “relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione al Congresso Americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti”. Per alcuni, questa sarebbe databile 1919, per altri 1912. Eccone la versione che viene pubblicata nella stragrande maggioranza dei casi: “
Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura.
Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane.
Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri.
Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti.
Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci.
Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti.
Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti.
Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro.
Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti.
Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro.
I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali”.
Fonte: Relazione dell’ispettorato per l’immigrazione del Congresso degli Stati Uniti sugli immigrati italiani, ottobre 1919. Non proprio parole edificanti, in effetti. La fonte del testo dovrebbe essere il giornalista Andrea Sarubbi, che il 20 aprile 2009 aveva pubblicato un articolo con lo stesso documento. Se non fosse che il brano che Sarubbi riporta presenta un’ulteriore parte che, per coloro che vogliono propagandare l’equivalenza “ quello che noi diciamo oggi degli immigrati è lo stesso che gli americani dicevano di noi, quando erano gli italiani ad emigrare” risulterebbe parecchio sconveniente. Il testo della parte censurata e omessa da essi, recita così:
“Si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare.
Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano purché le famiglie rimangano unite e non contestano il salario.
Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia.
Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più.
La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione”. Il testo, nel suo complesso, è fortemente discriminatorio, però è indubbio che la versione integrale faccia differenze tra un’immigrazione lombardo- veneta “tollerabile” e una “da rimpatriare”, originaria del sud Italia. La citazione rispecchia abbastanza fedelmente il sentimento dell’americano medio all’epoca del bollettino. Vi è infatti un vasto campionario di titoli e pubblicazioni (raccolte nel libro L’orda di Gian Antonio Stella) da cui si evince un atteggiamento fortemente critico e razzista nei confronti degli italiani, ma anche la netta differenza di percezione fra abitanti del nord e del sud Italia. I forti dubbi sull’autenticità di questa documentazione (non sembra essere mai esistito un “immigration inspectorate” negli Stati Uniti), non hanno impedito la strumentalizzazione e la diffusione (nella sua versione censurata) della dichiarazione. La cosa che sorprende di più è che, come si desume dal testo “Some Aspects of Italian Immigration to the United States”, la scadente reputazione delle comunità italiane nelle città americane era immeritata: dalle statistiche dei reati commessi, si deduce che i crimini compiuti dagli emigrati dalla nostra penisola erano in linea con quelli provenienti dagli altri paesi europei, per quanto riguarda il numero. Gli italiani in aggiunta avevano un ranking occupazionale positivo e un tenore di vita superiore alla maggior parte degli altri stranieri. Risulta quindi paradossale come il razzismo bieco e immotivato della società americana degli anni venti sia considerato rispondente alla realtà dei fatti e anzi, decontestualizzato, sponsorizzato e diffuso proprio da coloro che si professano antirazzisti e paladini dell’uguaglianza. Giulio Maria Grisotto